Le lettrici e i lettori di Famiglia Cristiana sanno benissimo che la nostra testata non ama né i veleni né le polemiche sterili, per questo da tempo ignoriamo gli attacchi facinorosi che piovono sulla nostra rivista da giornali faziosi, che, oltre ad aver “archiviato” per sempre quella continenza alla quale ci obbliga la deontologia giornalistica anche nel riportare critiche o eventi negativi, rappresentano la realtà alterandola fino a farla aderire al proprio schema ideologico. Ma, come si dice, c’è un limite a tutto.
Sul numero di Famiglia Cristiana in edicola ci siamo occupati del vertice Italia-Africa a Roma e del cosiddetto “Piano Mattei”. Lo abbiamo fatto con professionalità, riportando le esternazioni del Presidente del Consiglio Meloni e l’analisi autorevole di Andrea Riccardi, che fra l’alto sottolinea l’importanza dell’evento che per la prima volta mette in luce non solo le problematicità del continente africano, ma anche le sue potenzialità in termini di sviluppo ed è entrato quale soggetto attivo nello scenario politico internazionale. Infine abbiamo dato spazio anche alle critiche sul Piano Mattei, espresse soprattutto dalle organizzazioni giovanili dei paesi coinvolti, che sostanzialmente esprimono il bisogno di essere maggiormente coinvolti nelle decisioni che riguardano l’avvenire della propria terra. Non abbiamo dunque “stroncato” il Piano Mattei, addirittura per conto del Papa, come riporta il sito Dagospia; né tanto meno demolito lo stesso “per far litigare il Papa e la Meloni”, secondo quanto riferisce il quotidiano Libero, in questo caso su mandato dei vescovi, che ci avrebbero usato a questo fine.
La verità è che chi sta usando il nome della nostra testata sono gli opposti estremismi, di destra e di sinistra, fra l’altro ben sapendo che la nostra testata pur essendo dichiaratamente e orgogliosamente cattolica, non dipende in alcun modo dalla Santa Sede o dalla Conferenza Episcopale. Quanto scriviamo è il frutto del nostro pensiero e del nostro lavoro, che non è manovrato da nessuno, né schierato in modo preconcetto.
Il fatto di aver dato spazio anche alle critiche è solo una garanzia di onesta professionalità che impone di dare voce a tutte le opinioni e non solo a quelle gradite. Anche questo sarebbe un obbligo deontologico per i giornalisti. Mentre le descrizioni da fanta-editoria di cui sopra hanno volutamente ignorato l’accurato editoriale di Riccardi, proprio perché non si adattava al teorema preconfezionato nella propria testa. Oramai sta diventando un cliché perché anche nel caso del nostro articolo sugli omosessuali credenti dopo le discussioni suscitate dal documento della Congregazione per la dottrina della Fede, Fiducia Supplicans, uno schieramento ci ha dipinti come eretici (non esita a rivolgere quest’accusa persino al Santo Padre), l’altro invece come presunti fautori dei matrimoni gay, omettendo che lo stesso servizio, ancora una volta nella piena correttezza professionale, aveva dato spazio a tutte le voci e a tutte le opinioni, anche a quelle dei vescovi contrari alle benedizioni delle coppie irregolari.
In ogni caso, non saranno queste e altre strumentalizzazioni a metterci il bavaglio. Noi continueremo a descrivere “i fatti mai separati dai valori”, come recita il sottotitolo della nostra testata, per una informazione libera e vera. Sul serio però.