Al processo sulla compravendita-truffa di un palazzo al centro di Londra con fondi della Segreteria di Stato, il tribunale vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone ha accolto le richieste delle difese – accedere ad atti non ancora messi a disposizione dalla pubblica accusa, ricominciare le indagini su una serie di capi di imputazione – ma respinge la richiesta di annullare il procedimento, aggiornandolo al 17 novembre. Il palazzo, al 60 di Sloane avenue, nell’esclusivo quartiere londinese di Chelsea, fu acquistato all’epoca in cui Sostituto agli affari generali era il cardinale Angelo Becciu, tramite un'intricata rete di società e l’intermediazione di broker, finanzieri, dipendenti vaticani. Il danno alle casse vaticane è stimato tra i 77 e i 175 milioni di euro. La Corte deve ora stabilire chi ha truffato, chi è stato truffato, chi ha incassato eventuali dividendi.
Il cardinale Becciu, sospeso dal Papa a settembre scorso, è il più in vista dei dieci imputati. L’ordinanza di citazione a giudizio, pubblicata a inizio luglio, indicava che nei suoi confronti si procede per i reati di peculato ed abuso d’ufficio anche in concorso, nonché di subornazione, ossia aver tentato di influenzare con denaro un testimone. Ma nella prima udienza, il 27 luglio, e ancor più nella seconda, il 5 ottobre, le difese hanno protestato “vibratamente”, come riporta l’ordinanza letta oggi da Pignatone. Due, in sostanza, le ragioni di “doglianza” delle difese alle quali ha risposto il Tribunale.
La prima riguarda la stessa correttezza processuale (la “valida instaurazione del rapporto processuale”), per il fatto che, hanno protestato gli avvocati, “gli imputati sono stati rinviati a giudizio senza essere messi in grado di conoscere le contestazioni loro ascritte”. Pignatone ha ricordato che il promotore di giustizia, ossia l’ufficio della pubblica accusa, “ha chiesto il rigetto dell’eccezione” nella prima udienza del 27 luglio, mentre nella seconda udienza, ieri, “ha chiesto la restituzione integrale degli atti al suo Ufficio, in modo che potessero essere compiute tutte le attività idonee, anche oltre le espresse previsioni normative, a garantire nel modo più ampio ed opportuno i diritti di difesa”. Una prospettiva applicata “indistintamente per tutti gli imputati” che il tribunale non ha accolto, selezionando i capi di imputazione da rivalutare e gli interrogatori da svolgere ex novo.
soddisfatte le difese
Le difese si sono dette soddisfatte. “Tutto ciò che abbiamo eccepito è stato accolto”, ha commentato l’avvocato di Becciu, Fabio Viglione. “Il promotore aveva già fatto un passo indietro ieri” e il tribunale “oggi non poteva fare di più: queste erano le questioni per ora poste sul tappeto”. I capi di imputazione stralciati non sono decaduti, e il il cardinale potrà essere chiamato a rispondere di nuovo dei reati che gli sono contestati, ma “gli interrogatori seguiranno un altro percorso”.
Anche secondo l’avvocato Giandomenico Caiazza, difensore del finanziere Mincione, quella odierna “è un’ordinanza molto importante che accoglie praticamente tutte le censure che abbiamo sollevato”. Per Mincione, in particolare, “non c’erano le condizioni per rinviarci a giudizio. Noi siamo destinatari di un provvedimento di sequestro imponente 48 milioni di euro. Credo che sia l’inizio di una lettura diversa di questa vicenda”.
L’avvocato ha ricordato, peraltro, che quando Mincione venne informalmente convocato durante le indagini non si presentò perché poco prima era stato convocato il broker Gianluigi Torzi che durante l’interrogatorio venne arrestato dai gendarmi vaticani. “Non siamo andati per fortuna perché saremmo stati arrestati”, ha detto Caiazza. “Non ci siamo presentati perché dieci giorni prima Torzi era stato invitato e arrestato. Non abbiamo rifiutato l’interrgotario abbiamo evitato di farci earrestare!”.