Ci sono i bambini al centro della catechesi del Papa. Per riflettere, in particolare, sulla piaga del lavoro minorile. «Oggi sappiamo volgere lo sguardo verso Marte o verso mondi virtuali, ma facciamo fatica a guardare negli occhi un bambino che è stato lasciato ai margini e che viene sfruttato e abusato. Il secolo che genera intelligenza artificiale e progetta esistenze multiplanetarie non ha fatto ancora i conti con la piaga dell’infanzia umiliata, sfruttata, ferita a morte. Pensiamo su questo dice subito Francesco.
Parte dalla Sacra Scrittura per dire che, nell’Antico Testamento, la parola che ricorre di più, dopo quella del «nome divino Jahweh, sia il vocabolo ben, “figlio”: quasi cinquemila volte». E riprende il salmo 127: «Ecco eredità del Signore sono i figli (ben), è un suo premio il frutto del grembo». Ancora affaticato e con qualche colpo di tosse a schiarirsi la voce, il Pontefice ricorda che, però, «questo dono non sempre è trattato con rispetto. La Bibbia stessa ci conduce nelle strade della storia dove risuonano i canti di gioia, ma si levano anche le urla delle vittime. Ad esempio, nel libro delle Lamentazioni leggiamo: “La lingua del lattante si è attaccata al palato per la sete; i bambini chiedevano il pane e non c’era chi lo spezzasse loro”». E ancora il profeta Naum scrive «I bambini furono sfracellati ai crocicchi di tutte le strade». E ancora oggi tanti bambini «stanno morendo di fame e di stenti, o dilaniati dalle bombe». E se anche «sul neonato Gesù irrompe subito la bufera della violenza di Erode, che fa strage dei bambini di Betlemme» pensiamo al dramma che «si ripete in altre forme nella storia. Ed ecco, per Gesù e i suoi genitori, l’incubo di diventare profughi in un paese straniero, come succede anche oggi a tante persone».
Francesco riprende anche il Vangelo di Luca quando Gesù «rompendo la tradizione che considerava il bambino solo come oggetto passivo, chiama a sé i discepoli e dice: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio”. E così indica i piccoli come modello per gli adulti. E aggiunge solennemente: “In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso”». E ancora, nel Vangelo di Matteo, «Gesù chiama un bambino, lo mette in mezzo ai discepoli e dice: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. E poi ammonisce: “Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare”».
Proprio pensando alle Scritture, i cristiani, insiste il Papa, «non dovrebbero mai permettere che i bambini siano trascurati o maltrattati, che vengano privati dei loro diritti, che non siano amati e protetti. I cristiani hanno il dovere di prevenire con impegno e di condannare con fermezza le violenze o gli abusi sui minori. Ancora oggi, in particolare, sono troppi i piccoli costretti a lavorare. Ma un bambino che non sorride e non sogna non potrà conoscere né fare germogliare i suoi talenti. In ogni parte della terra ci sono bambini sfruttati da un’economia che non rispetta la vita; un’economia che, così facendo, brucia il nostro più grande giacimento di speranza e di amore». Eppure «i bambini occupano un posto speciale nel cuore di Dio, e», va ricordato, «chiunque danneggia un bambino, dovrà renderne conto a Lui». Per questo non si può accettare che «sorelline e fratellini, invece di essere amati e protetti, siano derubati della loro infanzia, dei loro sogni, vittime dello sfruttamento e della marginalità» e bisogna fare in modo che «ogni bambino e ogni bambina del mondo possa crescere in età, sapienza e grazia, ricevendo e donando amore».
Al termine dell’udienza e prima della benedizione finale entrano in scena i circensi. Con le bandiere dei Paesi africani e con due elefanti sullo sfondo si esibiscono in numeri che rapiscono l’attenzione del Papa. «Ringrazio tanto questi uomini e donne che ci hanno fatto ridere con il circo, il circo ci fa ridere come dei bambini», dice il Papa, «i circensi hanno questa missione: di farci ridere e di fare cose buone».
Ma, anche in questa atmosfera di festa Francesco non smette di pensare alle sofferenze dei Paesi in guerra e di pregare per la pace perché «non dimentichiamolo, la guerra sempre sempre è una sconfitta». Chiede di pensare «alla martoriata Ucraina, a Nazareth, a Israele e a tutti i Paesi in guerra» per invocare la pace.