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In un Paese che litiga su tutto, dall’economia ai migranti, dalle alleanze internazionali al colore delle cabine balneari, accade l’impensabile: un voto unanime. La commissione Affari costituzionali ha approvato senza neppure un’astensione il disegno di legge che riporta il 4 ottobre, festa di San Francesco, tra le festività nazionali (ora è atteso il voto alla Camera e al Senato, che non dovrebbe riservare sorprese). Una concertazione perfetta, quasi un’anomalia nel nostro Parlamento frammentato e rissoso. Il miracolo, vien da dire, lo ha fatto ancora una volta il Poverello d’Assisi.
Non poteva essere diversamente. Francesco appartiene a tutti, credenti e non credenti, destra e sinistra, conservatori e progressisti. La sua radicalità evangelica, capace di parlare agli ultimi e di esaltare la fraternità universale, travalica i recinti della politica e della religione. Non è un caso che già nel 2005 la sua memoria fosse associata a una “giornata della Pace”, segno di un carisma che non si esaurisce nelle pie devozioni.
Basterebbe ricordare un episodio emblematico: la visita al sultano al-Malik al-Kamil, nel 1219, nel pieno della quinta crociata. Un francescano scalzo che entra nella tenda del capo musulmano non per predicare crociate, ma per parlare di pace e riconoscimento reciproco. Un gesto che suona oggi più che mai come lezione di dialogo interreligioso e di apertura universale.
La festa del 4 ottobre, dunque, non è solo una ricorrenza liturgica. È una bandiera civile. È l’idea che nella figura del Santo si possano specchiare valori che uniscono anziché dividere: la pace, la fratellanza, la custodia del creato. Tutto ciò che in Italia, troppo spesso, resta confinato nelle retoriche domenicali e non diventa mai prassi politica.
Che la Camera abbia trovato l’unanimità su questo punto non è poco. È un segnale di armonia rara, quasi inedita. Francesco, il santo che si spogliò di tutto, riesce ancora a ricomporre ciò che la politica divide. Forse è proprio questo il miracolo che ci serviva: ricordare che un Paese può ritrovarsi unito attorno a valori essenziali, senza bisogno di urlare o di scontrarsi. E non è poco.





