«Sono sempre stata credente. Ricordo come fosse oggi quando da piccola andavo a Messa la domenica mattina insieme a mio fratello, a Tombolo, nel Padovano, con i “soldini” che nonna Agnese ci aveva dato per l’offerta e per le caramelle. Eppure Gesù con me ha dovuto avere tanta pazienza: per 40 anni sono stata un po’ sorda ai suoi appelli. Poi è iniziato il mio risveglio a una fede scelta come insostituibile pane quotidiano».
Sara Doris, presidente di Fondazione Mediolanum Onlus, l’ente benefico emanazione della banca fondata da suo padre Ennio e oggi guidata dal fratello Massimo, parla a cuore aperto di sé, della propria fede, delle strade splendide ma anche impervie che si è trovata a percorrere, imparando dal cammino come succede a ciascuno di noi.
VOCAZIONE DA MADRE
Se le chiedi la sua “carta d’identità”, a parte dirti immediatamente che ha 48 anni – e poi dicono di non chiedere l’età alle signore –, si rappresenta come «una mamma», anche nella dimensione spirituale: «Se mi sveglio la mattina prima che partano le attività, inizio a ringraziare Dio, per tutto. Prego soprattutto attraverso l’Ave Maria, la preghiera che più mi viene dal cuore, forse perché vivo con il cuore di una mamma che ha cinque meravigliosi figli. Ora che Lunachiara, Aqua e Sara Viola sono grandi, la sera prego con i due più piccoli, Agnese e Davide. Per favorire una preghiera sincera e sentita, propongo loro di dire una preghiera per qualcuno che conoscono. Da poco», sorride, «ho scoperto che Davide, a nove anni, ha una sua preghiera “personale” che dice da solo e non mi vuole svelare…».
E pensare che la strada della maternità, per Sara, non ha avuto esattamente un inizio facile: «Finita l’Università e già immersa nel lavoro », ricorda, «proprio quando dovevo partire per una nuova esperienza a Londra, ho scoperto di essere incinta. Io e Oscar, che ora è mio marito, stavamo insieme da quattro anni. Avevamo una brillante carriera da costruire, un mondo da esplorare e non pensavamo proprio a sposarci o a diventare genitori. Ma quella figlia, che non avevamo immaginato, aveva scelto noi. L’abbiamo accolta come il percorso di una nuova vita che qualcun Altro aveva disegnato per noi».
Il Papa dice che in una coppia, in una famiglia, non devono mai mancare tre parole: grazie, scusa, permesso. Sara confida che la chiave della sua relazione è la pazienza: «Vivere insieme significa saper aspettare. Essere capaci di mettere davanti il noi, rispettando i tempi dell’altro. Gesù con me ha avuto una pazienza enorme: mi ha parlato per anni, tutti i giorni, prima che gli rispondessi davvero. Allora anche io non devo avere fretta di ottenere riscontri immediati ai miei desideri». Il risveglio di cui parla Sara Doris, come un filo rosso che attraversa tutta la sua vita, è passato ancora dai suoi figli.
UNA NUOVA CHIAMATA
«Nella chiesa del Carmine a Milano», confida, «in occasione della prima Confessione dei bambini, le catechiste delle mie figlie hanno invitato don Andrea Swiecinski, che ha fondato nel 2000 il movimento Gloriosa Trinità per tutti coloro che desiderano approfondire, scoprire o riscoprire la propria fede. Alla fine dell’incontro, seduta in prima fila, mi sono scese lacrime di commozione. Ci aveva fatto incontrare Gesù come persona, non come discorso astratto. Era proprio il mio momento di ricerca. E ho sentito che ero io la persona chiamata a nuovi passi».
La fede è personale, lavora dentro di te. Ma diventa autentica solo nell’incontro con una comunità cristiana. «Come tanti cervelli in un’azienda sono meglio di uno solo, così anche tanti cuori sono meglio di uno, nella vita della fede», conferma. Ma il mondo non è solo una comunione di cuori. Le vite, i drammi, i bisogni dei nostri «sette miliardi di compagni di viaggio», come dice lei, «bussano sempre alla porta. Non esistono oasi dorate, neanche per i credenti».
Così Sara, invece di tenere a distanza i bisogni degli altri, ha deciso di andarli a cercare: «Ho ricevuto tanto, ne sono consapevole. Ho ricevuto salute, intelligenza, due genitori splendidi, una famiglia vitale. Quando guardo la mia vita, mi stupisco della bellezza degli incontri che mi sono stati regalati. E allora penso che i doni una persona non li debba tenere per sé. Quello che hai ricevuto, devi provare a restituirlo».
LEGAMI OLTRE GLI OCEANI
Detto e fatto: dal 2007 è impegnata come presidente della Fondazione che Banca Mediolanum ha voluto per finalità di solidarietà sociale. «Da madre», spiega, «ho indirizzato l’impegno della Fondazione nel sostenere soprattutto progetti per rendere i bambini liberi di scegliere la propria vita, in ogni parte del mondo». Sara vive il suo compito anzitutto come luogo della relazione. L’incontro con i ragazzi che la Fondazione sostiene, così, diventa un legame che attraversa gli oceani. Come è successo «con Alex, aspirante pizzaiolo. Ci siamo conosciuti in Nicaragua, nella casa di Nuestros Pequenhos Hermanos, dove eravamo andati come Fondazione ad aprire un laboratorio professionale. E ora continuiamo a vederci regolarmente… in videochiamata. Così succede con Wadner, che ha 14 anni e vive ad Haiti. È venuto l’anno scorso in Italia, ospite della Fondazione Francesca Rava, per una delicata operazione chirurgica. Nei giorni della sua degenza, andavo a trovarlo ogni settimana, perché avevo voglia di stare con lui. Ha un’allegria contagiosa, una forza interiore impressionante».
È così sempre: vai per dare e trovi una ricchezza che non immaginavi. «Il dono quotidiano che chiedo a Dio per me e per tutti», conclude, «è proprio questo, che ognuno di noi sia consapevole di essere “la soluzione”, non il problema. Se ci mettiamo in gioco, con testa, cuore e impegno concreto, insieme possiamo spostare le montagne».