Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
domenica 15 settembre 2024
 
Il Rapporto di Oxfam
 

Sempre più ricchi, sempre più poveri

21/01/2020  Dallo studio "La Terra delle disuguaglianze" emerge l’immenso (e crescente) divario fra ricchi e poveri nel mondo. C'è inoltre un problema in Italia: l’ascensore sociale è bloccato, e i giovani credono sempre meno nell’istruzione per costruirsi il futuro. Sul numero di Famiglia Cristiana in edicola dal 23 gennaio un'inchiesta sul Rapporto Oxfam e sulla dispersione scolastica

Foto di Pasquale Bimonte/Oxfam. L'immagine di copertina è di Stefania Rizzo/Oxfam.
Foto di Pasquale Bimonte/Oxfam. L'immagine di copertina è di Stefania Rizzo/Oxfam.

Se il patrimonio di una delle due persone più ricche al mondo fosse rappresentato da una pila di banconote da 100 dollari, tale colonna invaderebbe lo spazio suborbitale terrestre, superando i 100 chilometri d’altezza. Questa smisurata ricchezza, insieme a quella dei 2.153 miliardari della lista Forbes 2019 supera quella complessiva netta di 4.6 miliardi di persone, cioè il 60% della popolazione mondiale.

 

Sono alcuni dei dati sbalorditivi contenuti nel Rapporto 2020 di Oxfam “La Terra delle disuguaglianze”, che l’organizzazione non governativa internazionale pubblica anche quest’anno alla vigilia del World Economic Forum di Davos. Cosa si evince dallo studio? Che la forbice di allarga: i miliardari aumentano e i loro immensi patrimoni crescono, mentre cresce a dismisura la folla di poveri.

Foto di Giuseppe Villani/Oxfam.
Foto di Giuseppe Villani/Oxfam.

C’è qualche altro dato che merita di riportare dal dossier di Oxfam.

A metà 2019, l’1% più ricco su scala globale possedeva più del doppio della ricchezza netta di 6.9 miliardi di persone. Per converso, la metà più povera della popolazione mondiale, circa 3,85 miliardi di persone, possedeva meno dell’1% della ricchezza netta globale.

 

E ancora. Nell’anno che si è appena chiuso i 22 uomini più ricchi al mondo possedevano complessivamente più ricchezza di tutte le donne del continente africano messe assieme.

 

«È così», dice Sabina Siniscalchi, presidente di Oxfam Italia. «La ricchezza generale cresce, ma si concentra in poche mani. Per cui non diminuisce la povertà. E non si completa la distanza. Ma la disuguaglianza è la grande ingiustizia del nostro mondo. Oxfam lo dice da sempre nei suoi rapporti».

In Italia non va molto meglio. A metà 2019, il 10% più ricco della popolazione deteneva il 53,6% della ricchezza nazionale netta, oltre 6 volte la quota della metà più povera dei nostri connazionali, e la ricchezza dell’1% più facoltoso superava quella complessiva detenuta dal 70% degli italiani più poveri sotto il profilo patrimoniale.

 

«Tra i poveri», aggiunge Siniscalchi, «ci sono le donne. Il focus del Rapporto di quest’anno è dedicato a loro. Il lavoro di cura, che svolgono per oltre i tre quarti, con mansioni essenziali per la famiglia, non viene retribuito né riconosciuto. Per cui non hanno nessun ruolo nell’economia né nei processi decisionali. Non contano nella società e nelle politiche».

Le donne a livello globale impiegano 12,5 miliardi di ore in lavoro di cura non retribuito ogni giorno, un contributo all’economia del pianeta che vale almeno 10,8 trilioni di dollari all’anno, tre volte il valore del mercato globale di beni e servizi tecnologici. Nel mondo il 42% delle donne di fatto non può lavorare perché deve farsi carico della cura di familiari come anziani, bambini, disabili, ma solo il 6% degli uomini si trova nella medesima situazione. In Italia – dato 2018 – l’11,1% delle donne non ha mai avuto un impiego per prendersi cura dei figli, molte di più della media delle altre donne europee, che sono invece il 3,7%.

 

“Il Rapporto», scrive Oxfam, “fotografa le acute disuguaglianze sociali ed economiche e dà conto dell’impatto delle ingiustizie soprattutto sulle fasce più vulnerabili della popolazione, donne e giovani”. Un’analisi che evidenzia ancora una volta quanto poco “siano ricompensati gli sforzi collettivi di milioni di persone costrette a una vita lontana da un livello dignitoso”, recita ancora lo studio, “quale insignificante valore venga attribuito al lavoro di cura non retribuito, quanto flebili appaiono le aspirazioni a un futuro più equo delle giovani generazioni”.

Scampia. Foto di Antonio Belardo.
Scampia. Foto di Antonio Belardo.

«Solo politiche veramente mirate a combattere le disuguaglianze potranno correggere il divario enorme che c’è tra ricchi e poveri. Tuttavia, solo pochissimi governi sembrano avere l’intenzione di affrontare il tema», commenta Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia. «È ora di ripensare anche il modo in cui il nostro modello economico considera il lavoro di cura. La domanda di questo tipo di lavoratrici e lavoratori, non retribuiti o sottopagati, è destinata a crescere nel prossimo decennio dato che la popolazione globale è in aumento con percentuali di invecchiamento sempre più alte. Si stima che entro il 2030, avranno bisogno di assistenza 2,3 miliardi di persone – un incremento di 200 milioni di persone dal 2015».

 

Un ultimo elemento, che riguarda i giovani e l’istruzione: il 14,5% dei ragazzi – dato 2018 – fra i 18 e i 24 anni abbandona gli studi. Un numero preoccupante, anche perché il fenomeno negli ultimi due anni è in crescita, dopo quasi 10 di calo. Sono ragazzi in possesso al più di una licenza media e non inseriti in un percorso di istruzione o formazione. «È uno degli elementi di conferma che l’ascensore sociale è bloccato», conclude Sabina Siniscalchi. «Tanti giovani abbandonano il corso di studio perché l’istruzione non li aiuta nelle opportunità di migliorare la vita propria e della famiglia».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo