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Credere

Sentinelle del mattino di Pasqua. I giovani missionari della gioia

18/04/2019  Un anno di formazione e preghiera nel monastero dello Spirito Santo, vicino Firenze, poi i ragazzi sono pronti per annunciare Gesù risorto. E così vanno nelle piazze, nella scuole, sulle spiagge a portare la Buona Notizia

Salire al Monastero dello Spirito Santo, sulle colline di Firenze, tra filari di vigne e alberi d’olivo, è una gioia per gli occhi. Entrare in questa casa invece è una gioia per il cuore. Non per niente i suoi abitanti la chiamano la Casa dei gioiosi.

Evangelizzare irradiando gioia: proprio questa è l’intuizione di padre Daniel Ange, il monaco benedettino che, dopo molti anni in Africa e un periodo di eremitaggio, era rimasto colpito dalla tristezza dei giovani nel ricco mondo occidentale. Come reagire? C’era urgenza di formare giovani missionari capaci di portare ai loro coetanei un messaggio d’amore, di speranza: nacque così nel 1984 la fraternità Jeunesse Lumière. Oggi i tempi sono cambiati ma quell’urgenza è più forte che mai: l’ha ribadita più volte san Giovanni Paolo II nelle varie Giornate della Gioventù, oggi la ripete papa Francesco, che alla necessità di testimoniare «la gioia del Vangelo» ha dedicato gran parte del suo pontificato.

LA COMUNITÀ IN ITALIA

A portare in Italia questa esperienza è stato don Gianni Castorani. La sua storia è particolare: per tanti anni ha vissuto tenendosi lontano da Dio. Periodi di ribellione, di rabbia, fino all’incontro con Cristo che improvvisamente ha cambiato la sua vita. Dopo alcuni anni trascorsi nella fraternità francese, al suo ritorno a Firenze è entrato in seminario, e nel frattempo ha dato vita a una comunità di evangelizzatori: le Sentinelle del Mattino di Pasqua. Oggi don Gianni si divide tra la guida della comunità e l’attività di viceparroco nella vicina parrocchia di Bagno a Ripoli, sempre nel Fiorentino. All’origine di tutto, racconta, c’è un desiderio: «Parlare ai giovani, rispondere alle loro domande, alla paura del domani, alle ansie e alle preoccupazioni, proponendo come risposta il Vangelo».

Lo stile è quello del primo annuncio: andare per le strade, nelle scuole, davanti alle discoteche. Una serie di attività che culminano nella missione estiva: l’ultima si è svolta a Lignano Sabbiadoro, allestendo uno spazio vicino alle discoteche più frequentate. Ma ci sono anche “Luce nella Notte”, l’attività di evangelizzazione che anima le piazze frequentate dai giovani durante la movida notturna; l’animazione di missioni giovanili organizzate da diocesi e parrocchie; la presenza nelle scuole, per partecipare a incontri con gli studenti.

CONTEMPLARE INNANZITUTTO

  

Prima della missione però serve la contemplazione: si può trasmettere solo ciò che si è ricevuto. Ecco dunque che dalle Sentinelle del Mattino di Pasqua nasce la “Scuola di evangelizzazione”. Un luogo in cui alcuni giovani possono decidere di dedicare un anno della loro vita a Dio, per poi diventare annunciatori di Gesù risorto. La scuola è nata nel 2007 in una piccola canonica del Mugello. Quindi il trasferimento in un ambiente più grande e bello, vicino alla città: in lontananza, dalle finestre, si vede la cupola del duomo di Firenze. La casa è un’antica villa nobiliare, che le Benedettine Vallombrosane trasformarono in monastero portando con loro anche l’urna con il corpo incorrotto della loro fondatrice, santa Umiltà.

Rimaste poche e anziane, alcuni anni fa le monache offrirono i loro spazi alla “Scuola di evangelizzazione”: il corpo della fondatrice è rimasto nella chiesa del monastero, e intorno a questa mistica vissuta nel Trecento oggi esplodono i canti allegri di tanti ragazzi che salgono quassù per ritiri e incontri, alternati alla preghiera silenziosa di chi cerca in Dio il senso della propria vita. La scuola si sostiene con il lavoro (in autunno, ad esempio, la raccolta delle olive) ma anche con le offerte di tanti amici, che possono “adottare” un missionario.

I quattro pilastri su cui questa esperienza si fonda sono quelli delle prime comunità cristiane: la preghiera (scandita dalla Liturgia delle Ore), la formazione, la vita comunitaria e la missione.

I FRUTTI VOCAZIONALI

Chi sceglie di frequentare la “Scuola di evangelizzazione” in forma residenziale accetta di vivere per questi mesi «castità con gioia, povertà con gioia, obbedienza con gioia»: un periodo di discernimento, segnato dalla donazione di sé. «I frutti vocazionali non mancano», sottolinea don Gianni. «Alcuni giovani che hanno frequentato la Scuola oggi sono preti o suore». Ma c’è anche chi rafforza la propria vocazione al matrimonio: come Carolina Bongiovanni, che ha 22 anni e viene da Arenzano, in provincia di Genova. Questo per lei è il secondo anno quassù: e la separazione ha rafforzato l’amore con il fidanzato, rimasto a casa. «Il nostro rapporto è più bello e intenso, la distanza e la preghiera aumentano in noi l’amore l’uno per l’altro», racconta.

Dopo varie esperienze religiose, qui ha trovato finalmente quello che cercava: un ritmo nella preghiera, la meditazione quotidiana sulla Parola, la giornata di «deserto» del venerdì, dedicata al silenzio. E poi le «lezioni»: incontri quotidiani con maestri e testimoni, che vengono a trascorrere alcune giornate alla Scuola per parlare di temi teologici, biblici, spirituali, antropologici. Uno dei temi affrontati è proprio quello della purezza: la scelta di vivere con castità il proprio fidanzamento, sottolinea Carolina, è un argomento che spesso stupisce i ragazzi con cui si trova a parlare durante i vari incontri.

UNA SCELTA CONTROCORRENTE

  

Matteo Madrucci, 23 anni, viene da San Giovanni Valdarno: la Scuola l’ha aiutato a superare la timidezza, l’insicurezza, la pigrizia. Nelle missioni di evangelizzazione, racconta, ha imparato a lanciarsi con coraggio. La scelta di dedicare questi mesi alla “Scuola di evangelizzazione” non è stata semplice: «I miei genitori non sono credenti, non capivano: a loro sembrava una fuga dal mondo. Però mi hanno detto: ti vediamo felice, va bene così. Adesso quando vedo qualche ragazzo o ragazza che viene quassù, frequenta per un po’ la Scuola ma poi non se la sente di fermarsi, mi dispiace perché se avessero la forza di staccarsi per qualche mese dalla loro vita, scoprirebbero che qui possono ricevere molto di più».      

Foto di Michele Borzoni / TerraProject

 
 
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