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giovedì 05 dicembre 2024
 
milano
 

«Volevo parlare di aiuto alla vita, non mi hanno nemmeno lasciato aprire bocca»

28/11/2024  Parla la vice presidente del Movimento per la vita, a cui è stato impedito di partecipare a un dibattito all'Università Statale di Milano: «C'è una visione distorta nei nostri confronti, lavoriamo a favore delle donne, soprattutto extra comunitarie e di altre religioni. Avrei portato le storie delle mamme, nessun discorso ideologico»

«Avrei portato le storia delle mamme che abbiamo incontriamo, e in questi giorni ho ascoltato vissuti davvero critici: donne che vorrebbero tenere i bambini ma non sanno come fare perché, ad esempio, non hanno una casa». Nessun discorso teorico, e tanto meno ideologico. Ma all’incontro Accogliere la vita. Storie di libere scelte, all’Università Statale di Milano il 26 novembre, la direttrice del Centro di aiuto alla vita Cav Mangiagalli di Milano, e vice presidente del Movimento per la vita, Soemia Sibillo non ha avuto possibilità di parlare. Un gruppo di contestatori, per lo più ragazze, ha fatto irruzione nell’aula di via Celoria togliendole letteralmente la parola.

Cosa è successo?

«Ero stata invitata dal gruppo universitario di Comunione e Liberazione della Facoltà di Medicina, un’occasione per portare la nostra testimonianza sui Centro di aiuto alla vita. Mi avevano anticipato che il focus dell’incontro aveva fatto rumoreggiare, ma mai avrei immaginato una reazione del genere. C’è stato un primo intervento e poi, proprio quando mi stavano passando la parola, un gruppo ha fatto irruzione in sala, gridando e urlando bestemmie».

Una provocazione in grande stile…

«Hanno preso le bottigliette dei relatori rovesciando l’acqua su un ragazzo del gruppo degli organizzatori e sull’impianto elettrico, che ha smesso di funzionare. Non mi è stato nemmeno possibile dire “buonasera”».

Cosa avrebbe detto, l’avessero lasciata parlare?

«Avrei fatto vedere la video testimonianza di una mamma che racconta una gravidanza difficile. La coppia era arrivata in Italia da qualche mese. Al bambino che portava in grembo era stata diagnosticata una grave malformazione cardiaca e la proposta era stata di un aborto terapeutico. La mamma era arrivata da noi in lacrime, perché voleva tenere il bambino».

Tornando alla contestazione, cosa l’ha colpita maggiormente?

«L’incontro era organizzato da ragazzi per altri ragazzi coetanei. C’erano circa 200 persone in aula. A parte i contestatori, una cinquantina fra quanti erano già in aula e quanti sono poi arrivati da fuori, gli altri erano lì per ascoltare: è stata un’occasione persa. Non c’è stata discussione fra le parti, relatori e pubblico siamo stati accomunati dal silenzio di fronte allo show che è stata l’irruzione: un’azione gridata, senza possibilità di dialogo».

Cosa pensa di quanto accaduto?

«C’era pregiudizio, una rabbia di fondo, come uno sfogo… I contestatori, per lo più ragazze, non mi hanno fatto parlare, sono rimasti sulle loro posizioni senza nemmeno ascoltare. Non provo rabbia ma un gran dispiacere, c’è un immaginario distorto sui Cav: noi lavoriamo a favore delle donne, soprattutto extra comunitarie e di altre religioni».

Spesso quando si parla di Vita il discorso scivola sull’ideologia. Perché parlarne è così difficile?

«Forse c’è timore ad ascoltare la verità, a capire che c’è altro rispetto a quello che si percepisce. Mettersi in ascolto è faticoso, bisogna far silenzio mettendo a tacere pregiudizi, commenti, tentazioni umane. Anche per noi dei Cav mettersi in ascolto, dire “sono qui per te”, è faticoso. Serve esercizio».

Ha qualcosa da dire ai contestatori?

«Venite al Cav, vi aspetto, a sentire voi stessi le voci delle mamme».

 
 
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