Quasi
200 mila morti, 3,3 milioni di rifugiati all’estero e 7,2 di sfollati interni,
bambini che muoiono per il freddo: è la Siria dopo quattro anni dall’inizio
della guerra civile che oppone le forze del presidente Bashar al Assad a un ventaglio
molto variegato di formazioni ribelli, compreso l’Isis e quelle legate ad al
Qaeda.
Ma la crisi in Siria, insieme alla dittatura in Eritrea, alle guerre in Somalia,
Iraq e nello “Stato fallito” Libia, è anche la causa principale dei barconi per
raggiungere l’Europa. Viaggi in cui l’Unhcr ha censito 3.419 morti nel
Mediterraneo nel 2014 (anche se il sospetto, ma forse è più una certezza, è che
gli inabissati siano in realtà di più).
«Non volevo prendere la barca», dice Hamad, studente
universitario che ha visto la sua casa di Aleppo crollare sotto le bombe, «perché
conoscevo i rischi: due mie cugine di 6 e 10 anni sono morte affogate».
Hamad
le ha provate tutte per evitare il viaggio sul barcone: scappato dalla Siria
due anni fa, ha chiesto aiuto alle Ong e all’Unhcr presente nel campo profughi
turco in cui si era rifugiato, ha bussato a tante porte, ha provato a chiedere
un visto alle ambasciate francese e tedesca di Ankara. Eppure nessuna risposta:
«Non avevo alternative, era rimasta solo
la barca».
"Occorre rendere sicuro l’ingresso in Europa per chi fugge dalla guerra"
Partenza
dal porto turco di Mersin e sbarco in Sicilia: ma l’Italia non è il luogo dove
Hamad vuole stare, è solo una terra di transito verso il Nord Europa. Infatti
lo incontro alla Stazione Centrale di Milano, dove prenderà un treno per la
Germania. Secondo le regole europee, anche questi spostamenti tra le frontiere
interne dell’Ue sono tutti illegali: «Lo
so», aggiunge, «ma quali alternative ci sono?».
È pieno di storie simili a
quelle di Hamad: la mancanza di vie legali per chi fugge dalla guerra crea
illegalità e fa prosperare i trafficanti di uomini (il giovane di Aleppo finora
ha speso 6.000 euro).
E
quindi che fare? A Bruxelles, appellandosi all’Ue, sette autorevoli
organizzazioni cristiane delle diverse confessioni (cattoliche, protestanti, ortodosse)
hanno provato a indicare la strada. La Caritas, la Commissione delle Chiese per
i Migranti in Europa (Ccme) e quella delle Conferenze Episcopali della Comunità
Europea (Comece), l’Eurodiaconia, la Commissione Cattolica Internazionale per
le Migrazioni (Icmc), il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati e il Consiglio
dei Quaccheri per gli Affari europei chiedono di rendere possibile l’ingresso
in Europa in modo sicuro per chi fugge dalla guerra.
«Piuttosto che un’unica e grande soluzione», spiega Stefan
Kessler del Servizio europeo dei Gesuiti, a nome del “Gruppo cristiano”, «serve
una serie di strumenti legali che possono essere applicati con impatto
immediato». Ne elenca quattro: i resettlements, facilitare la riunificazione
familiare, i visti umanitari e la concessione di visti speciali come la
protezione temporanea.
Bambini siriani alla Stazione centrale di Milano.
"L'Europa ne ospiti almeno 100 mila"
I
resettlements, cioè il trasferimento di migranti verso Paesi più sicuri,
sarebbero un modo per aiutare i Paesi che stanno ospitando un numero maggiore
di profughi: solo il Libano, dove vivono 4 milioni e mezzo di abitanti, ospita
un milione e 100 mila rifugiati siriani
sparsi in 1.700 siti diversi.
«L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite»,
dicono le associazioni del “Gruppo Cristiano”, «ha chiesto
all’Europa di ospitarne almeno 100 mila, ma finora il numero dei resettlements
attuati rimane bassissimo, ben al di sotto. Un esempio positivo è la Germania,
che si è impegnata a trasferire 28 mila profughi dalla Siria».
Quanto
all’unità della famiglia, è evidentemente un concetto particolarmente sentito
dalle associazioni cristiane, che dicono: «Va
interpretato in modo allargato, in modo che includa non solo la famiglia
nucleare ma anche altri parenti, una risorsa importante quando ci si trova in
situazioni di emergenza».
Infine,
i visti umanitari e per situazioni di emergenza: il “Gruppo Cristiano” caldeggia
la proposta, attualmente all’attenzione del Parlamento europeo, di riforma
della concessione dei visti, in modo da facilitarne l’ottenimento e di
ragionare in un’ottica più europea.
Indicano nella nuova legislazione
brasiliana un modello positivo: chi fugge dalla guerra, può presentare la
domanda di asilo politico in Brasile direttamente nelle ambasciate dei Paesi
limitrofi alla Siria.