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domenica 23 marzo 2025
 
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Suor Maria di Gesù Santocanale, la nobile che lasciò tutto per aiutare i poveri

13/05/2022  Di nobile famiglia, lasciò ogni ricchezza e attratta dalla spiritualità francescana fondò nella casa dei nonni un orfanotrofio a Cinisi (Palermo) attraendo tante ragazze fino a fondare le Suore dell’Immacolata di Lourdes

La santa della quotidianità e della maternità. Ecco chi è ed è stata nei settant’anni della sua vita suor Maria di Gesù, al secolo Carolina Santocanale, nata a Palermo il 2 ottobre 1852, fondatrice della Congregazione delle Suore dell’Immacolata di Lourdes. Questa giovane siciliana nata nobile – la sua famiglia era quella dei baroni della Celsa Reale – ha dimostrato la sua santità giorno dopo giorno con la tenerezza di una madre e l’amore caritatevole che dispensava ovunque. Nelle grandi come nelle piccole azioni, «che non sono state straordinarie», chiarisce suor Giusy di Gesù, superiora delle suore dell’Immacolata.

«La santità di suor Maria è da ricercare, al contrario, nell’ordinarietà, nel quotidiano vivere e trasmettere l’amore e la carità per cui è stata chiamata dal Signore e dalla Madonna. Era madre con le piccole orfane a cui andava a rimboccare le coperte, con le educande, con i malati, che a Cinisi non morivano senza l’ultima visita della “signora madre”». Già, a Cinisi. Dove suor Maria scelse di vivere, in quella casa dei nonni che lei trasformò in un orfanotrofio e che poi è diventata la cappella del convento, oggi Casa madre della congregazione. Che Maria di Gesù Santocanale fondò «per amore di Maria di cui, da consacrata, volle prendere il nome» (era il 13 giugno 1887 quando indossò il saio delle Terziarie Regolari, abbracciando pienamente la spiritualità francescana).

Ed è a Cinisi che è accaduto quello che la Congregazione delle cause dei santi ha riconosciuto come primo miracolo e per cui suor Maria di Gesù, il 12 giugno 2016, è stata dichiarata Beata: un giovane operaio, Andrea Cracchiolo, rimase completamente illeso dopo essere caduto sul cemento da un’altezza di undici metri mentre, nel 2003, stava lavorando alla costruzione del lucernario nella cappella in cui sarebbero stati posti i resti di Madre Maria. In quella che lei amava chiamare “la mia chiesetta”. Gli altri operai lo trovarono a terra senza alcuna ferita e senza niente di rotto. Il ragazzo raccontò di essersi sentito preso tra le braccia e di essere stato adagiato sul pavimento, si legge nelle carte del processo di beatificazione.

Ma è l’altro miracolo, quello della canonizzazione, che svela ancor più il carisma di suor Maria di Gesù. Il suo essere madre. È suor Giusy a raccontarlo: «Una donna con patologie così serie da averle causato infertilità e a cui i medici avevano precluso ogni possibilità di avere una gravidanza, si recò insieme al marito, nel 2016, al santuario della Beata Maria di Gesù a Cinisi e qui una sorella le donò una reliquia di Madre Maria invitandola a pregare perché intercedesse per lei. Ebbene, la signora ha avuto un figlio senza alcuna complicazione. Nel 2017 tornò al santuario con il marito, il bambino e la notta materna per rendere grazie a Dio e alla “signora madre”.

Sei mesi dopo è rimasta di nuovo incinta e ha dato alla luce il secondo figlio. Anche in questo caso in maniera inspiegabile secondo la scienza». Da una parte l’amore materno, che suor Maria di Gesù manifestò sino all’ultimo giorno – «Figlie mie, restate sole, orfane, ma… non dubitate. Iddio vi assisterà… Io verrò sempre a vedervi.. Non vi abbandonerò. State tranquille che io sempre verrò», disse alle altre suore negli ultimi istanti della sua vita –, dall’altro quello di figlia. Di Maria Immacolata. A cui consacrò se stessa e le consorelle: «Eravamo 119 tutte con le candele accese ed in ginocchio innanzi la nostra Mamma Maria… Era sublime a vedersi! In quei momenti tanto cari io feci una preghiera in cor mio alla Vergine Maria Santissima. La pregai che a nessuna di quelle mie figlie fosse negato il Paradiso. Ove spero di giungere anch’io con l’aiuto di questa Madre Santa ed ivi potere unitamente godere pace ed inebriarsi nella fonte del divino Amore», scriveva suor Maria di Gesù nelle sue memorie, ricordando il momento in cui, con uno sparuto gruppo di giovani poco più che adolescenti, unite dalla stessa spiritualità e dalla fede nella Madonna, nel 1873 gettò il seme della futura congregazione.

Le spoglie mortali di suor Maria di Gesù Santocanale (1852-1923)

«Ci trattava veramente come una madre»

  

Una realtà consacrata, tutta femminile, che oggi è presente, oltre che in Sicilia, in Paesi come il Brasile e il Madagascar, solo per citarne alcuni. Non solo: «Il carisma di suor Maria di Gesù, sulla cui santità la gente di Cinisi che ebbe la grazia di conoscerla e noi sorelle non abbiamo mai avuto dubbi, continua a fare proseliti», sottolinea la superiora delle cappuccine dell’Immacolata, «È recente la nascita del Movimento Amici di Madre Maria di Gesù, dell’Associazione Pane spezzato e quella degli Aggregati laici: realtà che si impegnano a vivere la spiritualità della Madre spendendo la propria vita al servizio degli altri, della fede e della Chiesa».

Nel solco che santa Maria di Gesù tracciò con chiarezza e semplicità: “Essere pane spezzato per la fame e la vita dei fratelli, a immagine di Maria Immacolata nel mistero della salvezza”. Con quella tenerezza e quella «libertà del cuore», fa notare suor Giusy di Gesù, «che non era così usuale nella Sicilia di fine ‘800, tanto è vero che alcuni sacerdoti la rimproveravano di essere troppo tenera con le sorelle più giovani, i ragazzi e le ragazze del catechismo. Ma lei andava avanti, continuando ad essere ciò che era, perché l’amore materno, anche spirituale, – diceva – non è egoista».

Lo provano le tante lettere che suor Maria di Gesù scriveva alle giovani consorelle, le loro testimonianze e quelle delle orfanelle a cui dedicò la vita: «Nel 1897 – scrive Anna Agrusa, poi suor Maria Fara, come riporta Gerardo Lentini nel libro “La Signora Madre”, Edizioni Paoline – entrai nell’Istituto di suor Maria di Gesù. Mia madre era morta da tempo; e quando morì mio papà, le zie vollero affidarmi a lei. E lei non mi fece sentire il vuoto della perdita di mio padre, giacchè mi voleva tanto bene. La chiamavamo Madre noi orfanelle, non per buona educazione, ma perché ci trattava veramente come una madre».

E ancora: «La signora madre aveva una compassione spiccatissima in modo particolare per le orfane di madre. Piangeva nel vederle: avrebbe voluto nasconderle nel suo seno, riscaldarle, dar loro tutta la tenerezza materna che loro mancava… La madre era bella, alta, dai lineamenti fini, i modi signorili, parlava bene, mai uno sgarbo a nessuno, semplice, senza l’ombra di superbia: era, insomma, una cosa divina!».

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