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mercoledì 11 settembre 2024
 
RICONOSCIMENTI
 

Suor Paola è ufficiale al merito della Repubblica

01/06/2021  Originaria di Roccella Jonica, Reggio Calabria, nata nel 1947, vive a Roma da quando, appena ventenne e osteggiata dalla famiglia, entra nel convento delle Scolastiche francescane di Cristo Re. Sceglie di impegnarsi con giovani, donne vittime di violenza, carcerati e poveri. Diventa nota al grande pubblico quando a Quelli che il calcio dà volto e voce ai tifosi della Lazio.

Suor Paola, al secolo Rita D'Auria. In alto e in copertina, un'immagine di suor Paola tratta dal sito dell'agenzia Agensir.
Suor Paola, al secolo Rita D'Auria. In alto e in copertina, un'immagine di suor Paola tratta dal sito dell'agenzia Agensir.

“Carissima Suor Paola, il 2 giugno, Festa della Repubblica Italiana, si terrà la cerimonia per la consegna delle onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferite dal Capo dello Stato. Il prezioso riconoscimento viene attribuito per ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, dell’economia e di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari. Sarei lieto della partecipazione della S.V. all’iniziativa presso palazzo Valentini, nel corso della quale Le verrà consegnato il diploma, con il grado onorifico di Ufficiale concesso dal Presidente della Repubblica”. Al netto di un po’ di burocratese, è la lettera originale che ufficializza l’assegnazione a Suor Paola, conosciuta dal grande pubblico come la “suora tifosa della Lazio”, di uno dei più prestigiosi riconoscimenti che il nostro Paese conferisce agli connazionali che, con il loro agire, rendono migliore l’Italia. «È contenta di questa bella notizia?». «Bella notizia? Per me è tremenda», risponde lei. «Faccio cose normalissime che fanno tutti».

Suor Paola – al secolo Rita D’Auria, come indicato nel Decreto di conferimento dell’onorificenza pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ama scherzare e si sminuisce. Forse intende dire che “potremmo” (o dovremmo, almeno un po’) farle tutti, perché quello che fa lei è più che eccezionale: personaggio televisivo molto amato fin dai tempi di Quelli che il calcio per la sua travolgente simpatia e la passione calcistica, poi presenza fissa nel programma A sua immagine, suor Paola trascorre le sue intensissime giornate fra le mamme e i bambini delle case-famiglia, i poveri della periferia, i carcerati di Regina Coeli, i bimbi della scuola, gli anziani del centro diurno e i padri separati ridotti all’indigenza. In questo turbine di impegni, non sorprende che, a colui che le ha preannunciato al telefono che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella intendeva conferirle una delle massime onorificenze dello Stato, abbia risposto con l’ironia un po’ pungente che la contraddistingue: «Ma che vuol dire? Mi fate cavaliere? Quindi mi regalate un cavallo?». Scherzi a parte, forse un destriero, meglio se alato, le servirebbe davvero per correre da un impegno all’altro… La cerimonia sarà in presenza: «Prima mi avevano detto che era ammesso un solo accompagnatore. Ma io ho chiesto di poter avere con me anche almeno un ragazzino della casa-famiglia».

 

Originaria di Roccella Jonica, Reggio Calabria, nata nel 1947, vive a Roma da quando, appena ventenne e osteggiata dalla famiglia, entrò nel convento delle Scolastiche francescane di Cristo Re. L’impegno con i giovani, con le donne vittime di violenza, con i carcerati e i poveri diventa strutturato quando nel 1998 fonda la onlus So.Spe., con alcuni volontari, e inaugura il primo rifugio solidale l’11 febbraio, Festa della Madonna di Lourdes. Di cose da raccontare ne avrebbe, ma dribbla – mai termine fu più appropriato - la richiesta di un’intervista “per parlare un po’ di sé” passando la palla ai suoi giovani collaboratori. Che, al contrario, accettano con entusiasmo e affetto di raccontare la “loro” suor Paola. «Ciascuno di noi ha una missione da compiere. Suor Paola ne ha avute tante e tante ancora ne ha», dice Gionata. «Aiutare i poveri, fare volontariato tra i detenuti, gestire le case-famiglia, lavorare come insegnante… Il tutto in silenzio. Ma la gente lo sa: soprattutto la gente di strada, quella che non si nota. E da suor Paola la “tifosa della Lazio” è diventata “Suor Paola che aiuta i bisognosi”, anche se ancora oggi c’è chi la saluta gridandole “Forza Lazio!” o “Forza Roma!”». Il carcere è stata la sua prima vocazione, anche per la sua formazione di psicologa: «Da quarant’anni  parla con i con reclusi, raccogliendone i bisogni, le storie, le sofferenze. Senza giudicare e con la convinzione che tutti hanno diritto a una seconda possibilità».

Sonia invece ricorda il suo impegno nel mondo della scuola: «Suor Paola ha cominciato a lavorare come maestra nell’Istituto Sacro Cuore di Gesù Farnesina del suo convento, poi è diventata preside della scuola elementare e lo è tutt’ora, oltre a insegnare religione. È rimasta in contatto con tutti i suoi ex alunni, oggi donne e uomini con famiglie, accompagnandoli nel loro cammino di fede e mantenendo anche legami tra i gruppi delle classi che l’hanno avuta come insegnante». Aggiunge Mafalda: «Suor Paola ci riesce anche coinvolgendo gli studenti ed ex studenti nelle tante attività sociali in cui si prodiga: le due case famiglia, il centro diurno per anziani, lo sportello di ascolto. E il camper della solidarietà». Una “carovana dell’amore” che, grazie a un centinaio di volontari - dai ragazzini delle medie ai nonni - una domenica al mese gira tra Tor Bella Monaca, Villa Gordiani, San Basilio, Torrevecchia e Prima Porta per  distribuire generi alimentari, vestiario e giochi per bambini e regalare un sorriso a chi è meno fortunato. Continua Mafalda: «Al rifugio So.Spe due volte alla settimana organizziamo una cena per i poveri, e una volta alla settimana c’è la distribuzione del “pacco”, con pasta, pane, olio e altri generi  di prima necessità per chiunque ne abbia bisogno».

 

E poi ci sono le case-famiglia: «Accogliamo famiglie composte da mamme e bambini che sono stati vittime di violenza, fisica e mentale, all’interno delle mura domestiche», spiega Annarita, un’educatrice. «Arrivano sfiduciate, distrutte, prive di ideali e piene di paura. Per ciascuna, in collaborazione con i servizi sociali, mettiamo a punto un progetto educativo individuale. Aiutiamo le mamme a ritrovare fiducia in se stesse e un lavoro oppure diamo loro un istruzione di base e insegniamo l’italiano, se sono straniere, così che possano acquisire un minimo di autonomia, e quindi di futuro. Innanzitutto recuperano il piacere della quotidianità normale: fanno colazione con i bambini, li accompagnano a scuola, e grazie a un lavoro possono mettere da parte un po’ di soldi e quindi spiccare il volo, uscendo dalla casa-famiglia con una nuova speranza.  Recuperando la fiducia anche negli uomini: c’è chi si è fatta una nuova famiglia».

Forse commossa dall’affetto dei suoi collaboratori, Suor Paola accetta di parlare dei progetti futuri: «Nella casa-famiglia sono arrivati anche bambini soli, senza mamma. I piccoli si affezionano alle operatrici, che però ogni sei ore finiscono il turno, e manca loro un punto di riferimento stabile. Perciò vorrei aprire una casa per i minori non accompagnati, sempre più numerosi in Italia. Spero di riuscirci a settembre. Un’altra cosa che vorrei fare - se il Signore mi dà un po’ di buona salute e di buona volontà - aprire una casa per i papà separati: nei miei giri per la città ne incontro tanti che dormono in macchina perché non sono in grado di pagare il secondo affitto di una casa. Persino un  mio ex compagno di università, che si è abbonato per 50 euro al mese a una palestra dove va ogni mattina a farsi doccia e barba prima di andare in ufficio. Ci sono molte storie così, nuove forme di povertà che la pandemia ha messo in sordina e che non ricevono sufficiente attenzione». 

Ma Suor Paola, come fa a fare tutto? «Eh, lo vorrei sapé pure io». Probabilmente il Signore ascolta le sue preghiere: con buona salute e buonissima volontà.

Mariateresa Truncellito

 
 
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