Si conclude (o almeno si spera) il tam-tam mediatico sollevatosi attorno al caso di Trevignano Romano e, oggi si può dire, ai non-messaggi della Madonna che Gisella Cardia riferiva di aver ricevuto durante quelle che non sono state riconosciute come autentiche mariofanie. Il tanto atteso decreto del vescovo di Civita Castellana, Marco Salvi, è arrivato nella giornata di ieri, affermando, dopo un’accurata disamina avviata nell’aprile dello scorso anno, che negli eventi saliti alla ribalta delle cronache nazionali non si ravvisa alcun tipo di fenomeno soprannaturale.
Abbiamo chiesto a padre Gian Matteo Roggio, missionario di Nostra Signora de La Salette e affermato mariologo che negli anni ha affrontato diversi casi di presunte apparizioni, simili a quello di Trevignano, un commento sulla questione: «Tutto ciò che si può dire è contenuto in quel documento, non serve aggiungere una parola. Mi preme, tuttavia, precisare che nel contenuto non si condanna nessuno, men che meno si parla di scomunica. La comunità di Trevignano Romano, come ha scritto il Vescovo, si è trovata lacerata e ferita da un qualcosa che ha diviso profondamente i fedeli tra quelli che “sono con Gisella” e gli altri Ma ora che si è concluso questo capitolo, non bisogna agire in balia delle emozioni, lasciando spazio a sentimenti di rivalsa o di sconfitta. La soluzione l’ha indicata il Vescovo, ricordando come la vera devozione a Maria venga sempre nutrita dalla Parola del Signore e non per forza passando attraverso un’apparizione».
Il documento di sei pagine diramato dalla diocesi ripercorre con dovizia di particolari l’intera vicenda che ha occupato un ampio spazio mediatico in quest’ultimo anno, ma che affonda le proprie radici nel 2016, quando la signora Cardia (al secolo Maria Giuseppa Scarpulla) ha iniziato a riferire di alcune apparizioni della Vergine. Entrato nella diocesi l’11 novembre 2022, il vescovo Salvi, vedendo come le presunte apparizioni stessero «acquisendo un sempre crescente clamore mediatico», nel gennaio 2023 ha deciso di disporre un’indagine sui fatti affidata a una commissione di esperti che a maggio ha stilato una prima relazione a riguardo, chiedendo di procedere con ulteriori accertamenti, a partire dagli atti della Procura di Civitavecchia sull’analisi circa la natura delle lacrime di sangue della statua e chiedendo a Gisella Cardia di sottoporsi a una perizia psichiatrica guidata da un’équipe di cinque periti. Inoltre, dopo aver vagliato il contenuto dei presunti messaggi che la Madonna lasciava, sono state ascoltate le testimonianze di diverse persone coinvolte a vario titolo e la relazione finale è giunta al vescovo lo scorso gennaio.
«Una volta raccolto e analizzato tutto il materiale necessario», spiega padre Roggio, «si procede col giudizio in merito seguendo due criteri: i criteri positivi e i criteri negativi. Quelli positivi riguardano la certezza, o perlomeno la grande probabilità, del fatto preso in esame e la qualità delle persone coinvolte, accertandosi dunque che vi sia un equilibrio psichico e onestà morale, una dottrina spirituale vera ed esente da errori e una sana devozione che porti con sé un profondo spirito di preghiera e testimonianze di carità. Poi vi sono quelli negativi, dunque un errore circa il fatto esaminato, un’evidente ricerca di lucro strettamente collegata al medesimo, il compimento di atti gravemente immorali compiuti sul momento dal soggetto o dai suoi seguaci e malattie psichiche o tendenze psicopatiche dei soggetti che possono alterare le testimonianze riportate».
Una volta analizzati tutti gli aspetti sopraelencati, il Vescovo, quale massima autorità competente in merito, stila il decreto che accerta o respinge la veridicità dei fenomeni presi in esame. Come ricordato da padre Roggio, uno degli elementi fondamentali nell’elaborazione del giudizio finale è il contenuto dei messaggi, che in questo caso sono stati ritenuti eccessivamente semplici per le tematiche affrontate e dalle esortazioni ai fedeli che, come scritto nel decreto, «potrebbero essere offerte da qualunque persona che abbia un minimo di dimestichezza con i temi della spiritualità cristiana».
«Non pensavo che questa vicenda avrebbe avuto una così ampia risonanza mediatica», spiega padre Roggio. «In passato ricordo casi come quello di Gallinaro, nel Frusinate, dove purtroppo si arrivò alla scomunica poiché una parte della comunità non volle riconoscere il decreto vescovile. In questo caso, però, ho avuto l’impressione che ad alimentare maggiormente l’enfasi mediatica fossero più gli osservatori esterni che non i trevignanesi. È estremamente importante, per chi ha il compito di analizzare e giudicare, non lasciarsi influenzare dal clima del momento, né porsi con pregiudizi in merito che offuscherebbero la realtà, per evitare che casi come questo degenerino in fenomeni settari. Abbiamo ancora nella mente le cronache di Altavilla. Non è certamente il caso di Trevignano, ma non bisogna mai sottovalutare l’evolversi di certe situazioni». Infine, a proposito del cammino da compiere ora, padre Roggio dichiara: «Il documento si chiude con l’esortazione del Vescovo a sottoporsi a un percorso di discernimento e purificazione per tutti coloro che hanno dato credito a questi avvenimenti. Mi auguro che tutti riconoscano la decisione, nonostante il dibattito creatosi e le inevitabili polemiche conseguenti. Ma nonostante la ferita subita dalla comunità, non vedo grandi pericoli di divisioni future al suo interno, così come la necessità di ricorrere alla scomunica per qualche soggetto. Su questo voglio essere ottimista e fiducioso».