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venerdì 25 aprile 2025
 
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Trump, un'America retrograda tra isolamento e neoimperialismo

23/01/2025  Sin dai primi minuti del suo mandato, il presidente Donald Trump ha firmato decreti che spingono gli Stati Uniti verso un isolamento globale e una regressione temporale. Tra le misure più controverse, il ritorno della pena di morte a livello federale e l'uscita dall'Organizzazione mondiale della sanità. La retorica del "noi contro loro" rischia di alienare gli alleati storici e inasprire le tensioni con le grandi potenze, mentre la Cina potrebbe approfittare di questo vuoto per rafforzare la propria influenza globale

Se il buon giorno si vede dal mattino l’età dell’oro di Donald Trump si sta rivelando più un’età del ferro, e in alcuni casi della pietra. Pochi minuti dopo il suo insediamento il neo presidente americano ha messo la sua firma su alcuni atti che fanno uscire l’America da molte cose, isolandola dal resto del mondo, facendola scivolare all’indietro nel tempo.  Sin dai primi minuti del suo mandato, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha impresso una brusca accelerazione alla sua visione politica, firmando decreti che spingono l'America verso un isolamento globale e una regressione temporale, lontana dalla modernità. Plaudire alla rapidità con cui ha mantenuto certe promesse politiche è francamente puerile, come se la forma (la rapidità) contasse più della sostanza (i provvedimenti). Ce ne sono di feroci. Torna la pena di morte a livello federale, ad esempio, anche se limitata a certi reati, come il terrorismo, facendo un passo indietro sulla strada dei diritti umani, quando l’America si avviava a limitarla (erano già 23 gli Stati che l’avevano abolita e molti avevano sancito una moratoria, di fatto una sospensione).
Sul fronte degli immigrati staremo a vedere, ma si annunciano veri e propri rastrellamenti sulla pelle della povera gente colpevole solo di sfuggire a una vita di violenza e di miserie nera, come ha osato dirgli in faccia, unica a farlo, la vescova episcopale Marianna Budde dal pulpito della National cathedral di Washington, durante la Messa di preghiera successiva al suo insediamento. «Ci sono gay, lesbiche e ragazzi transgender in famiglie sia democratiche che repubblicane e indipendenti, alcuni che ora hanno paura per le loro vite», ha affermato la Budde, che ha poi rivolto il suo pensiero alle persone che «lavorano nelle nostre fattorie, puliscono le nostre case e i nostri uffici, lavorano negli impianti del pollame e della carne, che lavano i piatti dopo che ceniamo nei ristoranti e fanno il turno di notte negli ospedali: forse non sono cittadini, forse non hanno i documenti a posto, ma la maggioranza degli immigrati non sono criminali». La vescova ha chiesto all’uomo più potente d’America “misericordia” ma il destinatario, che peraltro si sente un predestinato da Dio, non ha gradito.
L’America di Trump se ne vuole andar via il prima possibile (ma ci vorrà un anno di tempo per completare le procedure normative) dall’Organizzazione mondiale della sanità, l’agenzia dell’Onu che non ha mai digerito, assestando l’ennesimo colpo alle già indebolite Nazioni Unite. Che succederà se ci sarà - Dio non voglia – un’altra pandemia? Il tycoon americano ha sempre dimostrato di preferire una gestione del virus alla Bolsonaro anziché puntare sulla ricerca medica e sui vaccini. Anche sulla lotta al surriscaldamento climatico – nonostante gli incendi di Los Angeles fossero lì a dimostrare quanto urgente sia salvare il Pianeta – viene ignorato. Gli accordi di Parigi, il trattato più importante sul riscaldamento globale, viene cancellato in nome dell’America first poiché Trump si dice rappresentante «della gente di Parigi e non di Pittsburgh».
Un passo indietro nel tempo, dicevamo.  Attuato però insieme ai padroni delle nuove tecnologie, in uno strano di miscuglio di ritorno all’antico di carbon fossile e trivelle con mezzi finanziari e produzioni all’avanguardia, come le Bigh Tech, le multinazionali del digitale i cui padroni erano tutti in prima fila durante l’insediamento, dal “fascista su Marte” Elon Musk a Marck Zuckerberg a Jeff Bezos. Per loro Trump ha firmato un regalone che vale miliardi di dollari, cancellando quella tassa del 15 per cento extraterritoriale che rischiava di scalfire i loro ricavi. E mentre l’America si ripiega su se stessa, il resto del mondo osserva. I dazi commerciali e la retorica del “noi contro loro” rischiano di alienare gli alleati storici e inasprire le tensioni con le grandi potenze. L’Unione Europea, già indebolita da divisioni interne, potrebbe trovarsi costretta a ridefinire il proprio ruolo in uno scacchiere geopolitico dominato dall’arroganza americana. E la Cina, con la sua economia in espansione, potrebbe approfittare di questo vuoto per rafforzare la propria influenza globale.
È davvero questa la nuova era Trump? Una ricchezza sfrontata che isola l’America dal resto del mondo a suon di dazi? Che presenterà il conto al resto del Pianeta, alla Nato e al vecchio alleato Europa trasformato in suddito, in provincia coloniale, con la nuova terminologia come il Golfo d’America al posto del Golfo del Messico a sancire il nuovo colonialismo imperiale americano? E siamo sicuri che il mondo rimanga a guardare, dall’Unione europea alla superpotenza Cina, dalla Russia agli altri Paesi del Bric, ai Paesi del Golfo?
 

 

 

 

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