Sarà, come diceva Honoré de Balzac, che «la polemica è il piedistallo delle celebrità». E di celebrità, o presunte tali, ne son passate tante al Festival di Sanremo che da stasera torna per un rito che più democratico non si può: tutti abbiamo titolo di parlare (male) di Sanremo che è come parlare (male) della politica. Tanto non si sbaglia mai. In fondo, da questo punto di vista, il Festival è lo spettacolo più moderno e italiano che ci sia. Il bello è che questo canovaccio, sempre diverso e sempre uguale a se stesso, dura da settantatre anni. E ogni anno ha avuto le sue polemiche, le indignazioni sui compensi degli organizzatori e degli ospiti, le gaffe, i protagonismi velleitari, il congiuntivo sbagliato, quello caduto dalla scalinata, il vestito implacabile da fustigare, meglio se a favore di telecamera.
Ogni anno ci siamo commossi per l’appello edificante imposto dal politicamente corretto. Ogni anno ci siamo arrabbiati perché non eravamo d'accordo con la giuria. Puntualmente ci siamo schierati con il contendente di turno come tre anni fa quando sui migranti scoppiò la polemica tra Baglioni e Salvini che poi nel frattempo fecero pace. Intanto si apriva l’altro fronte: il conflitto d’interessi del medesimo Baglioni con tanto di interrogazione parlamentare del Movimento 5 Stelle. Fino alle polemiche arrivate sul podio con il vincitore Mahmood che secondo alcuni avrebbe vinto per le sue origini straniere (anche se è italianissimo ed è nato a Milano) e Ultimo, furente per il secondo posto, subito arruolato tra le file dei sovranisti e che torna sul palco dell'Ariston in gara anche se il suo tour estivo di concerti registra il tutto esaurito.
Per non parlare della lite in diretta tra Bugo e Morgan del 2020 - ultima edizione prima della pandemia - con il primo che al momento di cantare lascia il palco e se ne va e il secondo che resta solo. Imbarazzo di Amadeus che cerca di capire quello che è successo, Fiorello interviene subito e la butta sul ridere. Alla fine il duo viene eliminato dalla gara ma non dai palinsesti dove imperverseranno per giorni prima che i talk-show dessero spazio ai virologi e alle conferenze stampa di Conte.
L'anno scorso le polemiche sono divampate un mese prima per la partecipazione, con un videomessaggio registrato durante la serata finale di sabato, del presidente ucraino
Zelensky causando malumori e proteste tra politici e personaggi pubblici che erano contrari al suo coinvolgimento. Sia in Italia che all’estero Zelensky è stato accusato da alcuni critici di eccessivo protagonismo mediatico e di richiedere con troppa insistenza e disinvoltura che i paesi occidentali intensifichino il loro coinvolgimento nella guerra.
Alla fine il leader ucraino ha inviato un testo scritto che è stato letto da Amadeus.
Nunzio Filogamo (Ansa)
Nunzio Filogamo e Nilla Pizzi
Correva l’anno 1951 e il presentatore Nunzio Filogamo introduce il primo Festival della storia con una frase che ricordano tutti: «Cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate». Dopo aver condotto tre edizioni, non può presentare la quarta. Nel 1954 la sua presunta omosessualità costringe la Rai a revocargli l’incarico.
A vincere la prima edizione con Grazie dei fior fu Nilla Pizzi che anni dopo confesserà candidamente: «Non sapevamo cosa fosse un festival. Capimmo che era importante quando ci dissero di vestirci eleganti».
«È tutto truccato»
Per il filone “vergogna, è tutto truccato”, piuttosto affollato e con vari interpreti, come non ricordare Cavallo Pazzo, al secolo Mario Appignani? Irrompe (a sorpresa?) durante l’edizione 1992, in piena era baudiana, per gridare: “Questo Festival è truccato, lo vince Fausto Leali”. Vincerà Luca Barbarossa con la canzone Portami a ballare.
Striscia la notizia nel 1990 rivela in anticipo i primi tre classificati. E ci azzecca. «Si disse che avevamo usato delle microspie. E invece chi ci fece la soffiata era un uomo di statura normale», rivelerà, anni dopo, il creatore Antonio Ricci. Peraltro Striscia azzecca di nuovo il podio nel 1996 quando vinsero Ron e Tosca (Vorrei incontrarti fra cent'anni), al secondo posto Elio e le Storie Tese con La Terra dei cachi, terza Giorgia con Strano il mio destino.
Financial Times
Di Sanremo, per dire, se ne occupa pure l’autorevole Financial Times per definire l’edizione del 1998 «una sagra del kitsch». Quell’anno presentava Raimondo Vianello, il quale per problemi al traduttore in cuffia, liquida Madonna in fretta e furia con i fan che insorgono furenti.
Roberto Benigni ospite nel 2002 (Ansa)
Censurati (e un po' arrabbiati)
E i comici? Invitati, temuti, applauditi, detestati, censurati. Anno 1962: Ugo Tognazzi annuncia una scenetta comica con Raimondo Vianello sul presidente del Consiglio Amintore Fanfani. La Rai censura.
Massimo Troisi, invitato nel 1981, la prende con filosofia: «Mi hanno detto che posso parlare di tutto tranne che di religione, politica, terrorismo e terremoto. E allora sono indeciso tra una poesia di Giovanni Pascoli e una di Carducci». Era successo che la Rai aveva chiesto all’attore il copione in anticipo e Troisi non si presentò.
Anno 1980, al governo c’è Cossiga, Toto Cutugno vince con Solo noi e Roberto Benigni dà scandalo: bacia alla francese (per 30 secondi) la conduttrice Olimpia Carlisi, chiama il premier (ma allora non si diceva così) Cossiga “Kossigaccio” e papa Giovanni Paolo II “Wojtilaccio” e la Democrazia cristiana insorge.
La censura si abbatte anche sulle canzoni. Nel 1971 Lucio Dalla si presenta con la canzone Gesù Bambino. Ma la censura pretende il cambio del titolo in 4 marzo 1943 e “tra i ladri e le puttane” diventa “per la gente del porto”.
Celentano ospite a Sanremo 2012 (Ansa)
Gli attacchi
Ospite nel 2012, Adriano Celentano se la prende con la stampa cattolica: «Giornali come Avvenire e Famiglia Cristiana sono ipocriti, andrebbero chiusi definitivamente. Parlano di politica anziché di Dio». In realtà, Avvenire e Famiglia Cristiana avevano scritto che con quel che costava lui alla Rai per un’ospitata si potevano, per esempio, non chiudere le sedi giornalistiche nel Sud del mondo (in Africa, Asia e Sudamerica) e farle funzionare per un anno intero.
Nel 1999 sul palco dell’Ariston arriva Mikhail Gorbaciov e fa un po’ il Nostradamus: «I comunisti veri sono quelli di Rifondazione? Li compatisco, se non vedono cosa accade fuori dalla finestra sono condannati».
Gaffe clamorose
Per il capitolo gaffe come non ricordare quella di Mike Bongiorno? «Sono state votate 5 canzoni ieri e 5 stasera. In tutto fanno 12». Un grande della Tv a cui Sanremo giustamente ha dedicato una statua bronzea in via Escoffier.
Altra gaffe megagalattica riguarda Mario Luzzato Fegiz, il decano dei critici musicali italiani (oggi li chiameremmo influencer). Nel 1995 spedisce alla sua redazione un dettagliato racconto dell’esibizione di Elton John prima però che questi si esibisca. Sir Elton, in viaggio da Montecarlo verso l’Ariston, litiga con il compagno, fa inversione a U e se ne va. Niente ospitata. Però il pezzo è già in stampa e il giorno dopo esce su alcune edizioni del Corriere della Sera.
Bono Vox ospite a Sanremo 2000 (Ansa)
I superospiti (quelli veri)
C’era un tempo in cui i superospiti di Sanremo non erano, con rispetto parlando, Alessandra Amoroso e Il Volo, ma artisti del calibro di Louis Armstrong (1968), Buster Bloodvessel (1981), i Dire Straits (1981), Peter Gabriel (1983), Freddie Mercury (1984), Simon Le Bon (1985), Whitney Houston (1986) e gli U2 (2000). Tutti protagonisti, loro malgrado, di qualche incidente di percorso.
Buster, leader della band inglese ska Bad Manners, nel 1981 si toglie i pantaloni durante Lorraine, si abbassa le mutande e mostra il lato b seminudo alle prime file. Sempre nel 1981, i Dire Straits cantano gli otto minuti della versione integrale di Tunnel of love in playback. E fioccano i mugugni.
Per non parlare di Peter Gabriel che nella seconda serata del 1983 esegue Shock the monkey. Volando sopra la platea aggrappato a una fune, l’ex Genesis si schianta di schiena contro il palco. Ma si riprende quasi subito.
Solo applausi invece nel 1986 per Whitney Houston che esegue per due volte, su richiesta, la bellissima All at once.
Simon Le Bon, gran tombeur de femmes, nel 1985 si frattura un piede in un locale durante la settimana e nella serata finale del Festival esegue con i suoi Duran Duran Wild boys con il gesso.
Bono Vox nel 2000, sceso in platea per cantare The ground beneath your feet, risponde con un inchino all’applauso di Mario Merola. Il re della sceneggiata napoletana se ne fa un vanto personale (ma i due in realtà non si conoscono).
Brian Molko, frontman dei Placebo, nel 2001 gioca a fare il rocker fuori dagli schemi e si prende del “buffone” e del “cretino” dalle prime file dopo aver sfasciato chitarra e amplificatore alla fine di Special K. «Con quella faccia può andare allo Zecchino d’Oro», commenta Piero Chiambretti.
Sanremo 1984, Freddie Mercury con i Queen (Ansa)
Premio umiltà
Va al grande Freddie Mercury che con i Queen a Sanremo nel 1984 canta Radio Gaga e in un’intervista Tv dichiara: «Cerco di cantare in modo naturale. Ci sono molti cantanti che la voce la usano meglio di me. Aretha Franklin, Rod Stewart. Mi piacerebbe cantare tanto come quelli veri». Per contratto, anche lui è costretto a cantare in playback con suo grande disappunto e le proteste dei fan.
Renato Dulbecco (Ansa)
Premio Nobel
Nella storia del Festival va annoverato anche un Nobel per la medicina: Renato Dulbecco, professione biologo, che presenta l’edizione del 1999 insieme a Fabio Fazio. Una profezia, forse, del ruolo assunto dai virologi che in questa pandemia imperversano in Tv a ogni ora diventando vere e proprie star.
Scandali
1961, Adriano Celentano deve partecipare al Festival ma è militare: c’è bisogno di una dispensa speciale, che viene firmata dall’allora ministro della difesa, Giulio Andreotti. Canta Ventiquattromila baci (testo di Piero Vivarelli e Lucio Fulci; musica sua). Arriva secondo dopo la coppia Betty Curtis-Luciano Tajoli che cantano Al di là (parole di Mogol). Adriano dà scandalo voltando le spalle al pubblico mentre canta.
Poi c’è Loredana Bertè che nel 1986, dunque molto prima di Lady Gaga, canta il brano Re indossando un vestito in latex nera e un finto pancione. È scandalo, le polemiche divampano e l’etichetta la molla.
Sanremo 2010, gli orchestrali lanciano gli spartiti sul palco (Ansa)
Le proteste
Di tutti i tipi, ça va sans dire. Quelle tradizionali (i fischi), quelle sui social, quelle dei cantanti bocciati. La più clamorosa è del 2010 quando gli orchestrali, in disaccordo con giuria e televoto che escludono Malika Ayane e premiano il trio Pupo-Emanuele Filiberto-Luca Canonici, stracciano le partiture e le gettano orgogliosamente sul palco.
Nel 1989 Beppe Grillo (che è ancora solo un comico) lancia una staffilata delle sue: «Il festival fa schifo». Poi l’affondo verso la categoria: «Giornalisti con tre lauree che andavano a Kabul, ora girano chiedendo “Dov’è Peppino di Capri, che sono rovinato?”».
Toto Cutugno a Sanremo 1997 (Ansa)
Canzoni (ci sono anche queste)
Sì, perché a Sanremo ci sarebbero anche le canzoni.
Nel 1958 Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno viene bocciata perché scritta e cantata dalla stessa persona (cosa mai successa prima). Riammessa, vince. In cinquant’anni venderà oltre 20 milioni di copie diventando l'inno italiano all’estero. Nel 1968, complice il suicidio di Luigi Tenco l’anno prima, Meraviglioso, che racconta la storia di un aspirante suicida, è esclusa dalla competizione perché giudicata «fuori luogo».
Nel 1987, Gianni Nazzaro presenta alle selezioni Perdere l’amore e viene scartato. Affidata a Massimo Ranieri, la canzone vincerà l’edizione del 1988.
Nel 1983 L’italiano di Toto Cutugno, manifesto rassicurante dell’emigrante medio, si piazza soltanto al 5° posto. La canzone, che ha venduto milioni di copie nel mondo ed è fra le prime tre italiane conosciute di più all’estero insieme con Volare e ‘O sole mio, fu rifiutata da Adriano Celentano.
Nel 1994 l’Italia è ancora scossa dalle stragi di mafia. Signor tenente di Giorgio Faletti, ispirata a Capaci e via d’Amelio, fa discutere e alla fine arriva seconda.
Nel 2007, Bruci la città di Irene Grandi non viene ammessa in gara. Uscita come singolo, sarà la canzone più ascoltata dell'anno in Italia.
Sanremo 2015, Al Bano e Romina cantano di nuovo insieme a 24 anni di distanza dall'ultima volta (Ansa)
Al Bano
Detentore di 15 partecipazioni, nel 2015, a 24 anni dall’ultima esibizione insieme, sul palco dell’Ariston torna a cantare insieme con Romina Power per la gioia dei fan sovietici, e non solo. Nel 2017, durante il Carlo Conti ter, partecipa con il (bel) brano Di rose e di spine. A sorpresa, viene eliminato alla quarta serata e non raggiunge neanche la finale. «È stata una cosa studiata a tavolino, con Sanremo ho chiuso anche se al Festival devo molto per la mia carriera», dirà il cantante.
Sanremo 1995, Pippo Baudo "salva" Pino Pagano che minaccia di buttarsi dalla balconata dell'Ariston (Ansa)
Pippo Baudo
Non ce ne vogliano tutti gli altri conduttori ma un capitolo a parte lo merita Pippo Baudo. Lo dicono i numeri: spalmate su 40 anni, detiene il record assoluto di conduzioni: 13. Baudo è Sanremo.
Chiamato ad eseguire in un italiano traballante Mi va di cantare, Louis Armstrong nel 1968 vuole dilatare l’esecuzione improvvisando con la tromba ma Pippo Baudo lo interrompe malamente.
Anno 1995 (lo stesso di Elton John che non si presenta per cantare): nella serata del 23 febbraio, poco prima di mezzanotte, sulla balconata dell’Ariston si materializza tale Pino Pagano, 38 anni, bolognese di Castelmaggiore e presunto disoccupato. Minaccia di lanciarsi di sotto in diretta Tv perché disperato e pieno di debiti. A salvarlo arriva lui, super Pippo, che con un negoziato in diretta con ascolti record (oltre 17 milioni di spettatori incollati allo schermo) convince Pagano a desistere dal compiere il gesto estremo. «Cercava lavoro, l’ho aiutato io», dirà Baudo. «Era tutta una messinscena, volevo diventare famoso, non ero neanche disoccupato», confesserà Pagano.