Stop agli aiuti militari all'Ucraina. Almeno finché - fanno sapere da Washington - Donald Trump non avrà determinato la buona fede dell'impegno di Kyiv verso la pace. Pochi giorni dopo il durissimo scontro alla Casa Bianca fra presidente e vicepresidente americani da un lato e il presidente ucraino dall'altro, la decisione dell'amministrazione Usa è arrivata. Di fronte all'annunciato disimpegno dell'America, l'Unione europea dal canto suo riafferma il pieno sostegno all'Ucraina, mentre Kyiv si dichiara ancora disponibile, in qualunque momento, a firmare con gli Stati Uniti l'accordo per la cessione delle terre rare. Ad analizzare e commentare la situazione è Pier Francesco Zazo, fino a luglio del 2024 ambasciatore d'Italia in Ucraina, dove è arrivato per la prima volta nel 1999 con il ruolo di Primo Consigliere, per poi tornarci a gennaio del 2021, un anno prima dell'invasione russa e l'inizio del conflitto su vasta scala. Nei primi giorni della guerra Zazo - che in passato è stato diplomatico anche in Russia, presso l'Ambasciata italiana a Mosca - si è distinto per la straordinaria umanità e il senso del dovere e della responsabilità dimostrati in un momento così complicato e drammatico: l'ambasciatore ha tratto in salvo più di cento italiani tra i quali venti bambini, aprendo anche le porte della sua residenza per dare rifugio ai connazionali in fuga dalle bombe. Ed è rimasto a Kyiv fino a quando è stato possibile: la missione diplomatica italiana è stata l'ultima fra quelle europee a ad essere spostata dalla capitale a Leopoli.
Ambasciatore Zazo, come valuta lo scontro fra Donald Trump e JD Vance da un lato e Zelensky dall’altro, avvenuto venerdì scorso alla Casa Bianca davanti ai giornalisti americani e al mondo?
«Quello che è successo nello Studio Ovale è gravissimo e inaudito. Zelensky è stato umiliato e addirittura cacciato dalla Casa Bianca. Sono state violate le più elementari regole del protocollo internazionale. Ciò che lascia sconcertati è che si sapeva che di fondo c’erano divergenze di posizioni. Ma allora, in questo caso, si sarebbe dovuto avere un incontro riservato a quattr’occhi tra Zelensky e Trump per parlarsi anche a muso duro, e solo successivamente la conferenza stampa. È evidente che Trump ha seguito quella modalità per mettere il presidente ucraino con le spalle al muro, come per dirgli: “o fai come dico io o niente”. Ma poi in mondovisione è emersa una divergenza delle posizioni, quando Zelensky ha insistito sulla richiesta di garanzie di sicurezza, rappresentate dalla continuazione degli aiuti militari Usa, e poi quando ha messo in guardia Trump sul rischio di fidarsi di Putin e aprire un negoziato con lui, ricordando al presidente Usa che Putin ha violato tantissime volte gli accordi e che rispetta solo il linguaggio della forza. A quel punto la reazione di Trump è stata molto dura e aggressiva. La cosa sconcertante è che comunque Zelesnky era pronto a firmare l’accordo sulla gestione congiunta delle terre rare. Ma gli americani si sono tirati indietro».
E non si capisce come mai abbiano fatto marcia indietro.
«Ormai si è imposta la tendenza da parte di Trump ad addossare a Zelensky la colpa di voler affossare l’accordo. Il messaggio è molto chiaro: gli Stati Uniti vanno avanti indipendentemente dalla firma o meno dell’accordo sulle terre rare con l’obiettivo di chiudere quanto prima la guerra, negoziando la pace con Putin».
Dal punto di vista della prassi diplomatica, non è strano che da una parte ci fosse il presidente ucraino da solo e dall’altra il presidente Usa con il suo vice? Non si tratta di uno sbilanciamento?
«In realtà, insieme a Zelensky c’erano altre figure importanti del suo entourage governativo, anche se non hanno parlato. Quello che risulta veramente molto sbilanciato è il ruolo di Vance, di solito i vicepresidenti sono molto più “low-profile”. Vance secondo me è una figura davvero tossica. Questo lo si è visto anche nel suo discorso alla Conferenza sulla sicurezza a Monaco. Sicuramente Vance ha contribuito molto all’escalation dello scontro».
Abbiamo assistito in queste ultime settimane al ribaltamento da parte di Trump della narrazione storica e delle figure della vittima e dell’aggressore. Abbiamo visto il presidente americano addossare all'Ucraina la colpa della guerra. Tutto questo non è estremamente pericoloso?
«Siamo di fronte allo stravolgimento della verità, dove l’aggredito viene accusato di essere l’aggressore. Sono accuse assolutamente false quelle di Trump, quando afferma che l’Ucraina è colpevole e che Zelensky non ha fatto nulla per fermare la guerra. Così come è un’accusa falsa quando dice che il leader ucraino è un dittatore per giunta impopolare, usando anche cifre gonfiate sugli aiuti forniti. Io ero ambasciatore a Kyiv e posso dire che il sostegno a Zelensky non era assolutamente al 4%. La popolarità era in calo, è vero. Ma ancora oggi tutti i sondaggi indicano che Zelensky – con un consenso un po’ al di sopra del 50% - è ancora il politico più popolare. L’unico che potrebbe batterlo è l’ex comandante in capo delle Forze armate ucraine Zaluzhny, che oggi è ambasciatore in Regno Unito. L’Ucraina è molto grata agli Usa per il sostegno fornito, ma va ricordato che il primo donatore in assoluto è l’Unione europea, non l’America. Non si capisce proprio perché ci sia questa predisposizione a discostarsi dalla realtà. Sembra tutto assurdo, quasi kafkiano».
Sembra che, con la politica di Trump, si stia definendo una sorta di nuovo ordine mondiale nel quale le regole tradizionali – a partire dal diritto internazionale - non esistono più.
«È una situazione molto pericolosa, fondata su un evidente disprezzo per le regole del diritto internazionale. Stiamo tornando alla regola del diritto del più forte. Trump sembra affascinato dai personaggi a capo di sistemi autoritari, come Putin. E questo è evidente. Non nasconde il suo disprezzo per il multilateralismo, nei confronti dell’Onu, anche dell’Unione europea. Rischiamo di tornare alla legge della giungla, al “homo homini lupus” (l’uomo è un lupo per l’uomo, ndr). Trump ha una visione materialistica: quello che conta è il potere militare e i soldi. Questo approccio affaristico sconfina quasi nel cinismo, nella logica dello sfruttamento quasi coloniale, se pensiamo ad esempio all’intesa sulle terre rare, che nella sua bozza iniziale si configurava quasi come un accordo-capestro. Di contro vediamo un chiaro disinteresse verso il mondo dei valori, dei diritti umani, dell’ambiente. Lungi da me fare il moralista, ma sono convinto che anche nella politica estera ci debba essere un’etica, ci sono dei valori, il rispetto per le regole della Carta delle Nazioni Unite e delle norme del diritto internazionale, delle linee rosse che non si possono e non si devono superare. E tornando allo scontro nello Studio Ovale, lì abbiamo visto il totale disprezzo anche del protocollo internazionale, della cortesia che regola i rapporti fra gli Stati. Non è stato umiliato solo Zelensky, sono stati umiliati tutti gli ucraini».
Gli Stati Uniti hanno ritirato gli aiuti militari a Kyiv. Ora la difesa dell’Ucraina spetta all’Europa. Cosa ne pensa?
«L’Europa ha subìto un doppio choc: prima è stata scavalcata dalla decisione di Trump e Putin di avviare negoziati senza coinvolgerla. Poi quello che è successo alla Casa Bianca venerdì scorso. Gli Usa si stanno disimpegnando dall’Ucraina, lasciando all’Europa la responsabilità di difendere il Paese. In questo momento l’Europa si sta finalmente dimostrando unita e compatta nella consapevolezza che ora deve assolutamente avere una politica della difesa comune e che, piaccia o non piaccia, deve rafforzare le spese nel settore militare anche per potere un domani interloquire alla pari con gli Stati Uniti e fronteggiare la Russia. Il punto riguardante la fornitura di forze di peacekeeping in Ucraina lo vedo più complicato: la Russia ha già detto che non accetterà mai forze di pace sul territorio ucraino di Paesi europei membri della Nato. Credo che questa proposta difficilmente possa andare avanti. Quello che mi sconcerta è che, secondo Trump, ora debbano essere gli europei a occuparsi delle garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina e non più gli Stati Uniti. E il presidente Usa chiede l’invio di forze di pace da parte dell’Europa. Ma su questo punto non si è consultato prima con Putin. È evidente che Trump non ha un piano articolato e programmato, sta improvvisando. E Mosca non accetterà mai un piano di pace pensato dagli europei perché li considera subordinati agli Stati Uniti. Per il Cremlino l’unico interlocutore è Washington, nella logica del confronto tra grandi potenze. Infatti l’obiettivo della Russia nel lungo periodo è quello di concordare con gli Stati Uniti una nuova architettura di sicurezza nel continente europeo e di vedersi riconosciuto nuovamente il suo ruolo di grande potenza con il ristabilimento di una sua sfera di influenza sui Paesi dell’Europa Orientale e il ridimensionamento della presenza della Nato nella regione».
(Foto Ansa: Pier Francesco Zazo, ambasciatore d'Italia a Kyiv fino al 2024, con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky il 25 agosto del 2022)