Sono passati più di quattro secoli dalla morte di Teresa di Gesù. Le testimonianze di chi le è stata accanto nei momenti finali della sua vita ci raccontano che fra le sue ultime parole ci sia stata questa espressione: “Signore, infine è tempo di incontrarci”. Incontrare Gesù è stato il fil rouge che ha attraversato tutta la sua vita, una vita esuberante, vivace, fatta di alti e bassi, di cadute e riprese, di lotta, di progetti, di successi e fallimenti. Una vita passata in cammino, seppur nel paradosso della scelta della vocazione claustrale.
Teresa bambina voleva andare nella terra dei mori per poter essere martire.
Teresa adolescente attraversa tutte le inquietudini tipiche di quell’età e deve fare i conti con la morte della madre.
Teresa ragazza decide di entrare in monastero, anche se è lei stessa a dirci che lo fece “più mossa da un timore servile che dall’amore” (Libro della Vita 3,6).
Teresa giovane monaca si scontra con la sua incoerenza e con un fisico che cede sotto il peso di un ideale troppo distante dalla realtà.
Teresa ormai quarantenne ricomincia a vivere: “Da qui in avanti si tratta di una vita totalmente nuova. Fin qui era la mia vita… ora è Dio che vive in me” (Libro della Vita 23,1).
Teresa anziana fonda sedici monasteri di monache e due conventi di frati: in quella fase della vita che noi consideriamo essere quella del declino, ella conosce il periodo più fecondo, affaccendato e contagioso.
Ha ancora senso per noi, donne e uomini del 2023 – di un mondo globalizzato, digitalizzato, complesso e conflittuale – guardare alla figura di questa donna? La risposta sta in una sua celebre frase che si trova proprio al primo capitolo de “Il cammino di perfezione”: “Il mondo è in fiamme! Vogliono di nuovo processare Cristo!”. Ecco, questo dovrebbe bastare: le epoche sono certamente diverse fra loro, la cultura cambia, gli esseri umani cambiano, ma le dinamiche della storia, delle relazioni, della politica e delle persone stesse in definitiva viaggiano su binari profondi che si assomigliano: gli uomini amano o odiano, coltivano amicizia o inimicizia, cercano il potere o lo combattono. Certo: il mondo è in fiamme! Mai come oggi possiamo dirlo. Come si fa a vivere in un mondo percorso da così tante tensioni e segnato da così tanta precarietà? Con il salmista verrebbe da dire: “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto?”.
Il fil rouge di Teresa è un fil rouge possibile a tutti. Nel libro della Vita, al capitolo 22, ce lo spiega bene: “Noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo; volerci ritenere angeli mentre siamo sulla terra è uno sproposito”. Ecco il realismo carico di buon senso di questa donna: non c’è un mondo ideale; c’è solo un mondo che conosce la pesantezza del corpo, la pesantezza della materia e delle sue leggi. Dunque, che il mondo sia in fiamme parrebbe la cosa più logica! Ma poi Teresa continua: “… negli affari e nelle persecuzioni e nelle fatiche… e in periodi di aridità, Cristo è un amico molto buono, perché lo possiamo guardare come uomo e lo vediamo debole e affaticato, e ci fa compagnia, e se ci abituiamo è molto facile trovarlo vicino a noi…”. Questo è il dono che ci è fatto: Cristo è molto vicino a noi. Se è così, allora ha senso ancora oggi mettersi in ascolto dei testimoni del passato. Ci sono figure che ci hanno indicato la via per fare esperienza della vicinanza di Cristo e non è una questione di poca importanza; piuttosto si tratta di vita o di morte, perché affrontare la vita in solitudine è tutt’altra cosa dall’affrontarla in quanto “accompagnati”. Teresa è certamente una di queste figure e per questo possiamo ancora oggi guardarla, non perché il nostro sguardo si fissi in lei, ma perché ella ci sia maestra nell’imparare a guardare Cristo… che ci è vicino.