Quando si sono sposati, a detta di Guido Varesi classe 1912, «l’era proprio un bel dì». Lui, 104 anni compiuti, vent’anni fa perse la moglie e ancora oggi ricorda quel giorno con un sorriso pieno di tenerezza. «Era il 24 luglio del 1948. Ricordo che un amico mi passò a prendere in macchina per accompagnarmi in chiesa».
Il primo di mille viaggi, se Guido, dopo il rinnovo di marzo scorso della patente, oggi è il più vecchio patentato d’Italia e, ancora, alla sua veneranda età si muove per le vie di Broni con una certa sicurezza. «All’ultimo rinnovo mi fotografavano tutti» racconta stupito. Lui che il 18 marzo, contestualmente al compleanno, si è presentato alla visita e il pomeriggio stesso era già in grado di guidare di nuovo. «Tante volte per fare cento metri a piedi mi stanco. Quando sono seduto sulla macchina, invece, mi sento come non mai. Sto così bene e posso andare dove voglio».
Partigiano per amore, ribelle nell’anima «ci opponevamo al fascismo», Guido ha lo sguardo vivace e la battuta pronta di chi ha vissuto tanta vita e ora può permettersi di guardarla un po’ dall’alto. Patriota acclamato «per aver combattuto per l’onore e la libertà», ha militato nel corpo degli Alpini di cui va orgoglioso e conserva il cappello appeso in ingresso. La prima macchina che ha avuto è stata una Balilla ed era il 1930. «Avevo diciotto anni e avevo appena preso la patente. Allora la patente costava due lire. Da lì non ho più smesso».
MAI UNA MULTA O UN INCIDENTE
Guido che in una vita intera non ha mai fatto incidenti e non ha mai preso una multa, nel tempo ha cambiato diverse macchine, «dopo la Balilla, ho avuto la Topolino; poi i maggiolini Volkswagen». Oggi guida una Fiat Cinquecento che lo porta tutti i giorni dagli amici al Circolo pensionati di piazza Vittorio Veneto. «Sveglia alle 8.30, leggo il giornale fino alle 10; mi faccio la barba, mi cambio, pranzo, dormo e poi vado dagli amici al Circolo che ho creato io 42 anni fa con il permesso del sindaco di allora che ci diede una stanza dove stare». Qui trova Ernesto, Ettore e Lina, rispettivamente di 86, 85 e 84 anni, che lo aspettano per giocare a carte. Tutti nonni, bisnonni e pensionati. «È un rompiscatole, ma... è un bravo ragazzo. Siamo cresciuti insieme», racconta Lina scherzando. Ernesto dal canto suo è ammirato dalla memoria di Guido: «Sa tutto e ricorda tutto»; Ettore, invece, è compagno “di penna”: «Eravamo montanari insieme, lo conosco davvero da una vita».
Amato e stimato dagli amici come a casa, «è stato ed è tuttora un papà che c’è, un punto di riferimento» dice Giuliana, figlia di Guido insieme a Gianni di sei anni più grande, dottoressa in pensione che si occupa a tempo pieno del padre con cui vive. «Così come nonno e bisnonno. Per i nipoti e i pronipoti, di 16, 9, 6 e 4 anni, c’è ancora di più». E pure per i bimbi del parco su cui affacciano le finestre di casa che lo chiamano all’unisono “nonno”.
Quando gli chiediamo il segreto per invecchiare “così tanto” e così bene scuote la testa: «Se lo sapessi lo direi, ma non ne ho idea. Certo non mangio troppo, anzi, mangio poco di tutto e sono molto regolare. Non ho mai bevuto se non un po’ di vino rosso con la gazzosa. E non fumo. Niente sport, ma otto ore di fabbrica per una vita e poi l’orto e la vigna da tenere». Quarant’anni di turni alla Cementifera Fibronit, la stessa in cui lavorava la moglie Franca che morì di tumore. Forse anche per questo dopo 104 anni la cosa più bella della sua vita resta la salute. «Quando c’è ti arrangi sempre».