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«Ho 87 anni ma mi sento ancora giovane», scriveva nel 2018 don Franco Monterubbianesi in una delle sue tante lettere, alle quali affidava pensieri, riflessioni e progetti per il futuro. Sì, perché, ancora alla soglia dei 90 anni, il sacerdote marchigiano, fondatore della Comunità di Capodarco, era un fiume inarrestabile di idee. E guardava avanti, al futuro, immaginando nuovi percorsi e iniziative in favore delle persone disabili e delle loro famiglie, dei più vulnerabili, degli invisibili.
Don Franco Monterubbianesi se ne è andato il 27 maggio a Fermo, tre giorni prima di compiere 94 anni. Prete di frontiera, ha dedicato tutta la sua vita alle persone che vivono ai margini della società, a partire da chi ha una disabilità. A Natale del 1966, negli anni del grande fermento sociale, politico e culturale che avrebbe condotto al Sessantotto, lui che aveva iniziato gli studi di Medicina per poi abbandonarli e seguire la vocazione sacerdotale, portò via dagli istituti assistenziali e prese con sé tredici persone disabili, miodistrofiche. Andò a vivere con loro in una villa semi-abbandonata sulle colline marchigiane, a Capodarco di Fermo, dando vita al primo nucleo della Comunità di Capodarco. Un'autentica rivoluzione sociale, fondata sulla cultura dell'inclusione, volta a restituire dignità e diritti alle persone disabili, a promuovere la loro autonomia, in anni in cui la disabilità in Italia era ancora soggetta a una visione prettamente assistenzialistica. Nel 1970 nella Comunità vivevano già più di 100 persone. In quell'anno vennero celebrati i primi tre matrimoni di coppie di persone con disabilità. Quasi uno scandalo, per la mentalità di quell'epoca, come don Franco stesso ricordava alcuni anni fa.
Nel corso degli anni, la Comunità di Capodarco dalle Marche si estese ad altre parti d'Italia, diventando una rete, nel 1972 nacque la Comunità di Roma, dove don Monterubbianesi si trasferì a vivere nel 1974. Nel 1978 a Grottaferrata, sui Castelli romani, venne fondata la cooperativa sociale Agricoltura Capodarco, una delle esperienze pionieristiche dell'agricoltura sociale in Italia, modello riconosciuto nel nostro Paese e all'estero. Nel 2005 don Franco stesso andò a vivere nella casa-famiglia presso la cooperativa. Nel frattempo, nel 1994, la presidenza dell'associazione Comunità nazionale di Capodarco venne assunta da don Vinicio Albanesi.
Fino all'ultimo, don Franco non ha mai smesso di pensare alle persone disabili e alle loro famiglie: una delle sue grandi preoccupazioni era il "dopo di noi". L'impegno suo e della Comunità è stato importante nel dare impulso alla legge n. 112 del 2016 che disciplina, appunto, il complesso problema delle persone disabili che restano senza famiglia e senza una rete di relazioni e di sostegno. Con il suo spirito visionario unito a una grande tenacia e determinazione, sorretto da una fede incrollabile e da un profondo senso della giustizia sociale, don Monterubbianesi contribuì a un cambiamento radicale di mentalità in Italia: liberò i disabili da una visione pietistica e promosse la loro capacità di autodeterminazione lanciando l'idea delle case-famiglia, delle comunità-alloggio, modelli di convivenza comunitaria che rispondono alle esigenze di autonomia di dì chi vi abita; affermò il principio che i disabili possono e devono lavorare, sono in grado di emanciparsi, vivere a pieno le relazioni, amarsi, sposarsi, costruire una famiglia. Essere persone e cittadini al pari di tutti gli altri, con gli stessi diritti. Questa è la straordinaria eredità di don Monterubbianesi.
Oggi le comunità che fanno parte della rete di Capodarco sono tredici in varie regioni d'Italia, quattro all'estero, in Camerun, Ecuador, Albania e Kosovo. Sono impegnate in numerosi settori, dalla salute mentale alle tossicodipendenze, dalla formazione professionale al sostegno agli anziani, dalla riabilitazione al disagio giovanile.



