Ci sono malattie così rare che per arrivare a una diagnosi possono tarscorrere anni, per poi scoprire che in tutto il mondo solo pochi bambini hanno la stessa patologia. Non esistono cure e la speranza arriva dalla ricerca, come quella che da anni finanzia Telethon grazie al sostegno di tanti comuni cittadini. Questa è la storia di Anna e del suo bambino Giorgio, che testimonia l'importanza della ricerca. Per esempio donando il  5x1000 a Fondazione Telethon, inserendo nella dichiarazione dei redditi il codice fiscale 04879781005 accompagnato dalla firma nel riquadro "Finanziamento della ricerca scientifica e delle università".

Anna ha avuto una gravidanza molto tranquilla e questo le ha permesso di continuare il suo lavoro di avvocato fino al giorno prima del parto. L’unico episodio spiacevole durante i 9 mesi è stata una brutta puntura d’insetto che l’ha costretta a prendere gli antibiotici. Gli esami in gravidanza sono sempre risultati tutti nella norma, non ha neanche fatto l’amniocentesi, vista anche la giovane età. Giorgio nasce il 5 luglio 2011 alla 36ma settimana con parto cesareo d’urgenza: ad Anna si rompono le acque improvvisamente e i parametri sono a rischio, per cui corre subito al pronto soccorso e in soli 40 minuti nasce Giorgio. Alla nascita peso e analisi sono nella norma, e Giorgio resta in incubatrice solo per 4 ore nonostante sia nato prematuro. Anche lo screening neonatale risulta negativo. Dopo le 72 ore di routine, la famiglia torna a casa e tutto procede tranquillamente, finché non iniziano i primi problemi: Giorgio non vuole attaccarsi al seno, Anna non raggiunge la montata lattea. Giorgio inizia a prendere il latte artificiale e di conseguenza a prendere peso, ma piange sempre, è continuamente raffreddato e intasato dal muco. Anna e Giuseppe si mettono alla ricerca di un buon pediatra: a 4 mesi Giorgio ha la prima bronchite di una lunga serie, che lo costringeranno a prendere il primo antibiotico e addirittura al ricovero in ospedale in due casi. Nel frattempo il bimbo cresce, ma secondo Anna si muove ancora poco per la sua età: tuttavia i genitori sono più concentrati sulle continue infezioni e trascurano questo aspetto, anche perché lo stesso pediatra ritiene che Giorgio sia più che altro indebolito a causa delle bronchiti. Iniziano controlli su controlli, appuntamenti e consulenze da vari pediatri e a 8 mesi la prima consulenza genetica al Policlinico universitario Federico II di Napoli: l’analisi del cariotipo tradizionale (forma, numero e aspetto dei cromosomi) risulta normale. I medici ribadiscono che il bimbo è semplicemente un po’ indietro nelle tappe e che ci vuole pazienza; tuttavia, i tratti dismorfici e il fatto che non riesce ancora a tenere la posizione seduta li insospettiscono. Poco dopo però Giorgio stupisce tutti dicendo per la prima volta “mamma” e riuscendo per la prima volta a stare seduto; la sua testolina è un po’ più grande della norma come percentile, cresce al limite massimo. Da una parte Anna dice a sé stessa che forse Giorgio “ha preso da papà Giuseppe, che ha un testone”, dall’altra continua ad avere la certezza che qualcosa non vada: pur migliorato dal punto di vista motorio, il bambino ha ancora problemi con lo svezzamento e continua a piangere sempre, soprattutto quando lo portano in macchina.


I primi riscontri clinici
In questo periodo, continuando la ricerca di un bravo pediatra, conoscono a Caserta quello che ancora oggi lo segue e che per la prima volta capisce che le bronchiti di Giorgio non sono di natura infettiva, ma dipendono da un brutto reflusso “a pieno canale”, che porta alla risalita dei succhi gastrici nella trachea, fino ai polmoni. Nel frattempo Anna ottiene anche due appuntamenti all’Ospedale Bambin Gesù di Roma: uno in pediatria, dove Giorgio viene sottoposto al test del sudore per la fibrosi cistica, e l’altro a immunologia per valutare eventuali deficit del sistema immunitario. È il 16 ottobre 2012: il professsor Enrico Bertini, durante la visita successiva ai vari esami, conferma che Giorgio ha effettivamente un ritardo psicomotorio e che il dismorfismo facciale va indagato, perché può essere il segno di una malattia ancora non identificata. Infatti, anche raggiunta l’età di 2 anni e mezzo Giorgio continua a non camminare: i genitori tornano al Policlinico di Napoli, dove il professor Generoso Andria, esperto genetista, lo sottopone al test genetico per tutte le sindromi che potevano essere riconducibili ai suoi tratti somatici, al ritardo motorio e del linguaggio (X fragile, sindrome Kabuki, sindrome Kawasaki), ma risulta tutto negativo. Anche l’ARRAY CGH, un’analisi del corredo cromosomico più dettagliata che consente di mettere in evidenza anche anomalie non rilevabili con l’esame tradizionale, risulta negativo, o meglio mette in evidenza solo delle microdelezioni di natura benigna, non associate ad alcuna patologia ma semplicemente delle varianti. L’unica conclusione dei medici è che tutte insieme potrebbero dar vita al “fenotipo Giorgio”, ma in quel momento non sono in grado di dire di più. A 30 mesi Giorgio inizia finalmente a camminare, tenendo i piedini un po’ storti e con poca coordinazione; anche le bronchiti sono sempre meno frequenti e Anna e Giuseppe pensano che finalmente le cose stiano un po’ migliorando. Lo iscrivono a scuola, anche se parlava ancora molto poco. Anna continua a non darsi pace, vuole capire quale sia il vero problema di suo figlio. Nel frattempo Anna rimane incinta di Sara, che fin dai primi mesi di vita mette ancora più in luce le differenze di crescita con il fratello. Sara a 6 mesi già riesce a stare seduta, a due anni inizia a fare grandi chiacchierate e a 3 anni e mezzo sa già scrivere.


L’incontro con Nicola Brunetti-Pierri del Tigem 
Il 4 febbraio 1017, su indicazione del pediatra, Giorgio viene sottoposto a risonanza magnetica al Policlinico di Napoli, sotto sedazione. Nonostante le difficoltà nel condurre l’esame, i medici riescono comunque a diagnosticare la sindrome di Arnold-Chiari, una rara malformazione della fossa cranica posteriore che porta il cervelletto a protrudere dalla sua sede naturale attraverso il foro occipitale (una sorta di ernia) e a invadere il canale spinale. Non è una malattia in sé e per sé, ma un sintomo associato a varie malattie (come, per esempio, l’epilessia) e non è mai ereditaria. Nel riferire l’esito la dottoressa pensa di comunicare ai genitori qualcosa di già noto, ma di fronte al loro stupore dei genitori convoca il neurologo, che decide di ricoverare il bambino e ripetere la risonanza, nonché fare ulteriori esami. Pochi giorni dopo, le analisi e la nuova risonanza confermano che Giorgio è affetto da una forma grave di sindrome di Arnold-Chiari. Proprio in questa occasione incontrano per la prima volta il professor Nicola Brunetti-Pierri, pediatra genetista e ricercatore dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tgem) di Pozzuoli, che voleva vorrebbe approfondire la situazione e fare ulteriori accertamenti, perché ritiene che la sindrome di Arnold Chiari non spieghi da sola il quadro clinico complesso di Giorgio. Propone quindi ai genitori di entrare nel programma senza diagnosi del Tigem, finalizzato proprio a identificare la causa genetica in pazienti pediatrici privi di diagnosi, attraverso le più moderne tecniche di analisi del Dna. 
I genitori accettano e nel maggio del 2017 l’intera famiglia si sottopone al prelievo di sangue da cui estrarre il Dna per l’analisi dell’esoma, la porzione “informativa del nostro patrimonio genetico. Il 28 novembre successivo vengono richiamati per la comunicazione dell’esito dell’analisi: i ricercatori hanno identificato una mutazione de novo (ovvero, non ereditaria ma insorta spontaneamente a livello embrionale) nel gene SMARCA2, già noto per essere associato alla rara sindrome di Nicolaides-Baraitser, caratterizzata da bassa statura, riduzione della peluria, anomalie nelle dita, epilessia e ritardo cognitivo grave. 
Per la sindrome di Arnold-Chiari, dopo attenta valutazione, i medici decidono di non ricorrere all’intervento chirurgico per allargare la fossetta cranica, perché troppo rischioso. Per fortuna è asintomatico: non ha apnee e difficoltà nella deglutizione ad esempio. Ma l’ernia è abbastanza grande (2 cm) e per questo non può tenere la testa reclinata all’indietro perché ci sarebbe compressione e si abbasserebbe la frequenza cardiaca (cosa che è successa infatti durante la prima risonanza che i medici dovettero interrompere), ed ovviamente non può sbattere perché molto rischioso.
La notizia delle due sindromi a così breve distanza è stata una bella botta, ma Anna non hai mai smesso di lottare per capire la verità su cosa avesse il suo piccolo Giorgio. Almeno ora sanno, non sapere ti destabilizza, non sai mai cosa succederà, se sei stato tu a trasmettergli la malattia, cosa devi fare. Oggi si sentono un po’ più sollevati, hanno incontrato persone che si interessano davvero a Giorgio, che continuano a fare ricerca, a confrontare banche dati e che gli hanno aperto anche il confronto con le altre famiglie.


La diagnosi è proprio quella? 
Finalmente la malattia di Giorgio sembra avere un nome, eppure i ricercatori non sono del tutto convinti che questa sia effettivamente la corretta diagnosi: non solo la mutazione di Giorgio, mai descritta prima in letteratura, è localizzata in un’altra regione del gene SMARCA2 rispetto a quella associata alla sindrome di Nicolaides-Baraitser, ma soprattutto nessuno dei bambini affetti presenta i dismorfismi facciali (occhi a mandorla, naso piccolo) che in lui sono così marcati. Altra differenza significativa, tendono a crescere poco, mentre Giorgio cresce a una velocità superiore all’atteso.
I ricercatori del Tigem iniziano a prendere contatto con altri colleghi nel mondo esperti di questa rarissima sindrome, nella speranza di trovare altri casi “anomali” come quello di Giorgio: e in effetti le segnalazioni cominciano ad arrivare.
Anche Anna e Giuseppe prendono contatto con altre famiglie che condividono il loro stesso problema, attraverso le associazioni di pazienti con la sindrome di Nicolaides-Baraitser, sia in Italia che nel mondo. Si rendono conto che alcuni bambini hanno proprio caratteristiche somatiche simili al loro figlio, sembrano quasi fratelli pur essendo nati in posti molto lontani nel mondo. Anna allora prende contatto con queste famiglie e le segnala a Brunetti-Pierri, che insieme alla pediatra del suo staff Gerarda Cappuccio arriva a raccogliere 20 casi di questo tipo: in 14 di loro le analisi genetiche confermano che hanno la stessa mutazione genetica riscontrata a Giorgio e portano così i ricercatori a concludere che sono di fronte a una nuova sindrome, che viene denominata BIS (acronimo di Blepharophimosis Intellectual disability Syndrome, ma anche “seconda variante della sindrome di Nicolaides-Baraitser”). Nel luglio 2020 i risultati di questo lavoro sono stati descritti sulla rivista scientifica internazionale Genetics in Medicine e gli autori hanno voluto ringraziare espressamente Anna e un’altra mamma inglese per il loro contributo attivo. 
 
Giorgio e la scuola
A scuola Giorgio ha la maestra di sostegno; con i compagni si trova bene, lo aiutano tanto, anche nei progetti organizzati fuori dalla scuola: nel settembre 2019 insieme alla sua classe è stato protagonista del video Telethon #andarelontano. A livello di comprensione sta bene, non sa scrivere ma colora, riconosce le lettere e i numeri. Dice ancora poche parole, a volte le dice per un periodo e poi le rimuove e ne inserisce altre: ad esempio ha imparato a dire papà, da piccolo lo diceva sempre, poi per un periodo ha smesso ed ora ha rincominciato. Grazie agli stimoli dei genitori e al supporto dei clinici è però in grado di riconoscere molte più parole quando scritte. Nel raccontarlo a Gerarda Cappuccio mamma Anna ha scritto: “😊😊😊😊 siamo molto felici!!! Ho voluto condividere con lei questo bel momento per farle vedere come sta lavorando Giorgio ma soprattutto perché con lei e il prof Brunetti ormai si è instaurato un bel rapporto... ci ascoltate... e ci fate sentire meno soli... non capita spesso... Grazie!! Ps dottoressa non perda mai la passione che ha ora per il suo lavoro ... è quella che farà di lei non un medico ma un buon medico!”
Fa psicomotricità e logopedia 3 volte alla settimana. Giorgio porta ancora il pannolino, non è un bambino autonomo. 
La famiglia
Con la sorella Sara, Giorgio ha 4 anni di differenza, lei oramai capisce ed è molto sveglia, fa tantissime domande su Giorgio del tipo: “mamma ma Giorgio è piccolo o grande?” “Allora se è grande perché ancora non parla?” “Mamma ti ricordi che Giorgio diceva questa parola? Perché ora non la dice più?” ma quando vede che Giorgio fa qualcosa di bello dice: “mamma vedi? Giorgio è un campione!”
Anna dice che l’assenza di normalità ha molto pesato e sono stati contentissimi di aver avuto un altro figlio. Questo le permette di sentirsi una mamma speciale quando è con Giorgio ma anche una mamma normale quando è sola con Sara per una passeggiata o per una festicciola. È molto diverso portare Giorgio ad una festa e su questo dice che non bisogna essere ipocriti.
Anna quest’anno si è cancellata dall’albo degli avvocati, lei aveva uno studio in proprio ma dopo circa 2 anni dalla nascita di Giorgio non è più riuscita a conciliare lavoro e Giorgio. Così, sostenuta da Giuseppe ha aperto, insieme ad una amica, un negozio di Cake design. Nel 2018 ha rilevato anche una ludoteca ed il marito la aiuta nel pomeriggio per la parte organizzativa. Giuseppe è un dipendente pubblico dell’Aeronautica Militare (personale civile). Quest’anno con la ludoteca hanno fatto volontariato per l’Ospedale di Caserta.
Anna è diventata volontaria Telethon

Giorgo ha 11 anni

 

Giorgio ha compiuto 11 anni ; il prossimo anno va in 1^ media, non è verbale, non ha relazioni autonome, il quadro è stabile. Progredisce, è diventato più autonomo perché riesce a dire più paroline, è diventato più affettuoso e non si sottrae più all’affetto delle persone.

Giorgio è un bimbo sereno, coccolato, è molto tranquillo, ha una vita molto equilibrata, non fa capricci e buono, è reso partecipe di tutto, non riesce a fare proprio tutto perché a livello motorio è indietro ma non fa isterismi, va a scuola con profitto, quest’anno per esempio era entusiasta del percorso sulla sana alimentazione; non ama scrivere, gli piace ascoltare le storie, gli piace giocare con i numeri, ha imparato a comporre le paroline. 

È un bambino instancabile; la sua vita è piena di impegni, lavora sempre. Fa fisioterapia, psicomotricità e logopedia; la sera va a dormire presto come si sveglia prestissimo al mattino; è seguito da una maestra di sostegno a scuola. È pronto per affrontare le scuole medie anche perché ci va con i suoi compagni di sempre.

Ascolta musica, gli piace vedere i video della macchina su Youtube; riconosce le macchine, ascolta la musica, gli piace Rocco Hunt, riconosce la musica che piace a mamma o alla sorellina; ha una gran bella collezione di macchinine. 

Impazzisce per Calimero il pulcino nero e Bing; con la sorellina Sara ha un rapporto bellissimo, Sara, che ha 7 anni,  è la sua "fisioterapista" , più piccola ma ha sempre capito la difficoltà del fratello. Gli ha insegnato a giocare a UNO.

Giorgio non prende farmaci, ha il pannolino, cammina ma con difficoltà e si stanca facilmente a causa di una postura scompensata. Per gli spostamenti usa una carrozzina manuale da accompagno. Giorgio pesa 35 kili e il passeggino ad un certo punto non era più l'ausilio più utile. E così è arrivata la carrozzina che ha sempre un certo impatto, ma è proprio Sara – racconta mamma Anna – che invece dice “pensiamo positivo”, perché anche gli altri bambini vedendo la carrozzina possono comprendere di più la situazione di Giorgio e così anche il papà se ne è fatta una ragione. 

Giorgio si fa ben volere; lo conoscono tutti a scuola. Va molto d’accordo con il papà e lo associa alle passeggiate; hanno la stessa passione per le macchine. Di recente sono stati a Gardaland e Giorgio ha fatto tutte le giostre che poteva fare, si è divertito tanto, sono andati anche sulle montagne russe. 

Mamma Anna dice che non è per le “giornate” dedicate alle disabilità, che occorre vivere le cose con normalità e che per non far sentire le differenze basta non accentuarle e aggiunge “ma chi è uguale a chi?”. L’approccio deve essere diverso.