«Purtroppo oggi prevale più il bisogno di rappresentarci che non di essere e di viverci. Evitiamo in ogni modo la fragilità e la paura, e questo è un problema perché è nel tumulto dell’umanità che c’è Dio. È dalle incertezze e dalle difficoltà che nascono le domande, le preghiere e la speranza». A parlare è Annalisa Manduca, “signora” della divulgazione scientifica sul piccolo schermo, che intervistata dal settimanale Credere parla della sua vita di fede. Nella sua vita, svela la giornalista, «è stato fondamentale l’esempio di papà: un avvocato che amava la storia antica e la filosofia.

È stato lui a insegnarmi il valore della carità: il dono più bello che potesse lasciarmi. Mi ha fatto capire che prima ancora che una serie di comandamenti, la fede è un atto di amore: un fare spazio all’altro». Una frase che le è cara? «“Tutta l’oscurità del mondo non può spegnere una singola candela”. È una frase attribuita a san Francesco e vuol dire che se gli altri si comportano in modo sbagliato, non ci deve interessare: noi dobbiamo accendere quella luce che dirada il buio. Ognuno di noi può essere una piccola candela, che fa la differenza».

In attesa di tornare in Rai dal 22 giugno con la trasmissione L’armonia nascosta, su Radio 1, Manduca parla anche del rapporto tra scienza e fede. «Non li percepisco come due universi in contrapposizione, semmai sono complementari», dice. «Lo stesso Galileo sosteneva che fossero “due strumenti per comprendere la stessa verità che proviene da Dio”. Io ho sempre visto gli scienziati come i grandi alleati della natura: vedono più da vicino la complessità dell’Universo, lo studiano, ne conoscono le leggi, e tutto questo porta loro a farsi delle grandi domande sull’esistenza.

 

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