Siccità e inondazioni stanno spingendo il mondo verso una nuova emergenza umanitaria: la fame. Nel 2024 oltre 96 milioni di persone in 18 Paesi sono finite in condizioni di insicurezza alimentare acuta, più del triplo rispetto al 2018. Un aumento del 234% che mostra quanto la crisi climatica stia ormai erodendo le basi della sopravvivenza per milioni di famiglie.

L’allarme arriva da Fondazione Cesvi, che, all'indomani dell'inizio - il 10 novembre - della COP30 di Belém, richiama l’attenzione sull’impatto crescente del clima sulla fame nel mondo e chiede “azioni immediate su larga scala contro la crisi ambientale, tra le principali cause delle carestie globali”.

Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato: 393 disastri naturali hanno colpito 167 milioni di persone e causato oltre 240 miliardi di dollari di danni economici. “Gli eventi climatici estremi stanno amplificando in modo drammatico l’insicurezza alimentare, colpendo i più vulnerabili”, denuncia Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi. “È indispensabile implementare politiche di resilienza climatica, sostenere sistemi alimentari sostenibili e garantire finanziamenti adeguati per l’adattamento e la mitigazione. La COP30 – aggiunge – è un’occasione decisiva per riaffermare la responsabilità collettiva di fronte a un rischio che minaccia la stabilità globale”.



Clima e fame: un legame sempre più stretto

Secondo l’Indice Globale della Fame 2025 (GHI), curato da Cesvi per l’edizione italiana, gli eventi climatici estremi rappresentano oggi la seconda causa di malnutrizione dopo i conflitti armati. E spesso le due emergenze si sommano: nella Striscia di Gaza, due anni di guerra hanno devastato l’ambiente e reso impraticabili i terreni agricoli, con oltre il 97% delle colture danneggiate e il suolo contaminato da munizioni e rifiuti tossici.

Ma è in Africa orientale e nel subcontinente asiatico che l’intreccio tra clima e fame si manifesta con maggiore evidenza.

Corno d’Africa, cinque stagioni senza pioggia

Nel Corno d’Africa – Etiopia, Kenya e Somalia – la siccità prolungata ha portato la regione al limite del collasso. Cinque stagioni consecutive senza piogge, la peggior crisi idrica degli ultimi quarant’anni, hanno lasciato quasi 50 milioni di persone senza cibo sufficiente.
In Somalia, il Paese con il livello di fame più grave al mondo, le famiglie colpite da siccità o calore estremo sono passate dal 4% nel 2021 al 45% nel 2023.

In queste aree Cesvi è attiva con interventi integrati: distribuzione di acqua potabile e riabilitazione di pozzi, programmi di sviluppo agricolo sostenibile e sostegno alle donne come motore di resilienza comunitaria. “La malnutrizione – sottolinea l’organizzazione – non è solo una conseguenza della crisi climatica, ma il suo volto più drammatico: ogni stagione secca riduce la produzione alimentare, fa salire i prezzi e indebolisce la capacità di ripresa delle comunità”.



Pakistan, tra monsoni e ondate di calore

Il Pakistan resta tra i Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico. Le inondazioni record del 2025, seguite da mesi di caldo estremo con temperature oltre i 45°C, hanno aggravato la crisi agricola e idrica. Oggi il 40% dei bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione cronica e oltre 11 milioni di persone vivono in condizioni di fame acuta.

CESVI opera nel Paese con interventi di emergenza e sviluppo: dalla distribuzione di sementi e foraggio alla riabilitazione di infrastrutture idriche, fino alla formazione agricola per aumentare la resilienza climatica delle comunità rurali.

L’appello alla COP30: “Non c’è più tempo”

La crisi climatica, sottolinea CESVI, “non è più un evento episodico ma strutturale”: un fenomeno che intreccia disuguaglianze, instabilità e fame. Per questo la COP30 di Belém è vista come un passaggio decisivo. “Serve un impegno globale e coordinato – conclude Piziali – per evitare che l’emergenza umanitaria si trasformi in una catastrofe irreversibile”.