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Aveva 22 anni Luana D’Orazio e una vita davanti. Non per caso è dedicata a lei e alla sua mamma la prima puntata della serie L’altro ispettore, dal 2 dicembre, su RaiUno, in tema di incidenti sul lavoro. Carina, la protagonista involontaria del primo caso gestito dall’ispettore Dodaro, interpretato da Alessio Vassallo, non è Luana, ma è liberamente ispirata alla sua triste vicenda.
Luana era bionda e piena di sole, come Carina, lavorava con un contratto da apprendista quando ha perso la vita in fabbrica, il 3 maggio del 2021, risucchiata in un orditoio, che aveva subito manomissioni ai sistemi di sicurezza, in una piccola impresa tessile a Montemurlo (Prato).


A Luana D’Orazio, che pure aveva passione per la recitazione e aveva partecipato come comparsa al film Se son rose di Leonardo Pieraccioni (2018), quello stipendio, magro (circa mille euro al mese, anzi qualcosa meno), non serviva come a Carina a pagare i corsi di danza, ma a dare un futuro al suo bambino, che aveva allora cinque anni e che oggi è affidato ai nonni materni.
Secondo quanto ricostruito dalla giudice per l’udienza preliminare, che ha deciso sul caso, Luana è morta per compressione toracica, risucchiata dal rullo dell’orditoio cui lavorava, agganciata per vestiti e trascinata dentro gli ingranaggi del macchinario che l’azienda utilizzava «in maniera non conforme a quanto previsto dal costruttore», con un sistema «provvisto di una staffa fortemente sporgente anziché uno con una superficie esterna liscia come previsto e fornito dal costruttore, senza mitigarne il rischio che gli abiti dei lavoratori potessero rimanervi impigliati mediante carter o altri mezzi», mentre «la funzione di sicurezza della saracinesca era stata disabilitata per cui l’operatore poteva accedere alla zona pericolosa, anche in modalità automatica, senza alcuna protezione. La disabilitazione era stata fatta da tempo ed era presente anche su un’altra macchina non coinvolta nell’infortunio mortale».
Secondo quanto ricostruito dal procedimento poi concluso con il patteggiamento dei due titolari dell’impresa, cui erano contestati l’omicidio colposo e la rimozione dolosa delle cautele antifortunistiche, il mancato blocco automatico del macchinario, in caso di avvicinamento eccessivo, faceva sì che la macchina potesse lavorare senza fermarsi anziché bloccarsi automaticamente quando qualcuno si fosse troppo avvicinato. I sette secondi serviti a intervenire e fermare tutto sono stati un tempo troppo lungo per salvare la vita di Luana.
Secondo la giudice queste modalità di lavoro servivano, come ricostruito dal Consulente del Pm, a «massimizzare la produttività a discapito della sicurezza dei lavoratori». Un vantaggio che è stato quantificato nell’8%, per cui: «il lavoratore accedeva alle parti in movimento della macchina in maniera più celere ma estremamente pericolosa».
Righe tra le quali sembra di tornare indietro, nel tempo, alle pagine della Lettera a don Piero di don Lorenzo Milani (Esperienze pastorali, 1958), in cui si parlava di telai cui si cambiava la spola senza fermare per andare più in fretta. Tempi nei quali le conquiste del diritto del lavoro erano di là da venire.
Il primo processo sul caso di Luana D’Orazio si è concluso, il 27 ottobre 2022, in udienza preliminare con un patteggiamento in cui i due titolari Luana Coppini e il marito Daniele Faggi, ritenuto cotitolare di fatto, sono stati rispettivamente condannati a due anni di reclusione per e a un anno e sei mesi, più 10.300 euro di sanzione pecuniaria per la ditta. La Procura della Repubblica ha subordinato il proprio parere favorevole al pagamento di un risarcimento di circa un milione di euro alla famiglia di Luana D’Orazio. Sull’accoglimento della proposta di patteggiamento da parte del giudice hanno pesato, oltre al pagamento del risarcimento in tempi brevi, l’ammissione della responsabilità messa per iscritto nella lettera della titolare. E il fatto che si fosse subito provveduto alle prescrizioni dell’Asl per mettere in sicurezza i macchinari.
Questo non ha impedito che a livello di opinione pubblica e di società civile si sia ragionato della “sproporzione” tra la sanzione e la crudezza di quella morte causata da una responsabilità più grave della semplice negligenza.
Anche se è corretto dire che il patteggiamento, che prevede lo sconto di un terzo della pena, ha il vantaggio di essere un rito alternativo rapido che può consentire a chi resta privo di sostentamento a seguito di un incidente sul lavoro di andare avanti: un aspetto di cui il dibattito che tende a leggere nel risarcimento una “monetizzazione” della vita a volte trascura, ma che può essere importantissimo per una famiglia che per morte sul lavoro perde l’unica fonte di reddito.
Luana, la sua giovane vita straziata, il suo essere madre, sono diventati nel frattempo un simbolo, un emblema riconoscibile della piaga, in Italia incresciosa, a dispetto dell’Articolo 1 della Costituzione che vuole la Repubblica fondata sul lavoro. Al suo bel viso è stato dedicato un murale al Prenestino a Roma. Il 1° maggio scorso le è stata dedicata via al centro del distretto tessile di Prato


Il nome di Luana D’Orazio è stato citato il 2 giugno successivo alla sua morte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della festa della Repubblica: «Ancora troppe ingiustizie. Ancora diseguaglianze. Ancora condizioni non sopportabili per la coscienza collettiva, come l’evasione fiscale o le morti sul lavoro», aveva detto il Presidente, citando proprio la giovane di Prato: «Il ricordo del sorriso di Luana D’Orazio impegni tutti al dovere di affrontare il tema della sicurezza dei lavoratori con determinazione e con rigore».
Il 18 novembre 2025 si è concluso il primo grado del processo al manutentore Mario Cusimano, accusato di omicidio colposo e di rimozione dolosa delle cautele infortunistiche, che aveva scelto di essere processato con rito ordinario: è stato assolto con formula piena. Le motivazioni non ci sono ancora, ma durante il dibattimento era sorto il dubbio che la manomissione potesse essere stata eseguita da altri, potrebbe dunque non essere stata ritenuta provata la sua responsabilità personale.


Il tema degli incidenti sul lavoro continua a restare attualissimo in Italia, al 5 novembre 2025, i morti sul lavoro erano 784, 8 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.





