Una squadra di donne che si diceva disgregata e che ha trovato nell’unirsi attorno agli obiettivi l’alchimia giusta per riuscire a fare la cosa ancora più difficile dopo la cosa più difficile. Se fino all’agosto 2024 la cosa più difficile per la pallavolo italiana era vincere l’oro olimpico: un sogno proibito sfiorato così tante volte da rischiare di essersi trasformato in una chimera, il 2025 chiedeva di più: ripetersi, al Mondiale, riuscendo a tenere a bada le attese e le pretese altrui. Ci sono equazioni esplosive nello sport, equazioni come questa: «l’Italia femminile ha vinto l’oro olimpico 2024 a Parigi (quasi facilmente), l’Italia è la squadra più forte, l’Italia vince il Mondiale 2025». Così, come se fosse un automatismo. E invece ogni volta è una tela di Penelope, da tessere da capo resistendo alla tentazione di sedersi ma anche al peso della vittoria data per scontata.

L’Italia femminile di pallavolo 2025 è stata forse più forte ancora di quella che ha quasi passeggiato a Parigi 2024. Più forte per come è rimasta in campo quando le partite si sono fatte brutte, sporche e cattive, quando i set sono andati a saliscendi, quando il gioco s’è fatto duro.

Una squadra di pallavolo è democratica per definizione: è il regolamento a pretenderlo. Un tocco ciascuno e la qualità di ogni gesto è strettamente interconnesso al gesto di chi è venuto prima. Un errore in difesa se la palla non va subito a terra, spesso diventa un errore in attacco. Non c’è estro di singolo che possa risolvere da solo le difficoltà di una squadra. Questo non significa che si livellino le individualità: si sono viste eccome. Da Paola Egonu a Ekaterina Antropova, a spartirsi le schiacciate e i cambi, senza più conflitti; da Alessia Orro chiamata a smistare ogni pallone, ma che può essere messa fuori, come tutte se qualcosa non gira; a Stella Nervini, la mascotte del gruppo che si fa trovare pronta a giocare da titolare in corsa, passando per la capitana Anna Danesi e per il libero Mochi De Gennaro.

Sarebbe stato un errore scegliere un solo volto a rappresentare quello che è stato un risultato di squadra, costruito con pazienza, consapevolezza, professionalità: quella delle giocatrici, certo innegabile, nessuno vince senza; ma anche quella di uno staff professionalissimo.

Al Quirinale in ottobre Julio Velasco, ct delle ragazze, ha parlato di squadra come modello democratico, in cui si accettano le idee diverse, conservando le diversità individuali, ma in cui si gioca poi insieme «di squadra» perché tendere tutte dalla stessa parte, facendo brillare le individualità, è funzionale al risultato.

Ci sono altri aspetti in questa questa squadra e in chi la guida che potrebbero servire di lezione in altri mondi: circondarsi di persone competenti è per un capo una strategia efficace, ma implica che si accetti la professionalità altrui, il confronto. Quando Velasco è diventato Ct dell’Italia femminile ha scelto ha chiamato Lollo Bernardi, schiacciatore della sua Italia maschile da giocatore, e diventato uno dei più vincenti allenatori di club e Massimo Barbolini, già secondo di Velasco in passato, ma anche già Ct delle azzurre, dei tre il più esperto di pallavolo femminile. Non “yes men”, dunque. Come del resto Velasco non ha mai fatto mistero di non volere in campo yes women, ma donne autonome e autorevoli, capaci di prendere decisioni in corso di partita.

C’è anche altro: in un mondo in cui non solo si esaltano le divisioni, ma in cui il conflitto generazionale è evidente, in cui ci si inventa la parola “ageismo”, a indicare la rottamazione psicologica di chi è classificato come “boomer”, mentre i giovani si sentono senza spazi, questa squadra è un esempio di ponti virtuosi tra le generazioni: un Ct di 72 anni che odia dire «ai miei tempi», si è conquistato sul campo, con la competenza e la capacità di relazione, la stima di giocatrici che potrebbero essergli nipoti. E quando nell’emergenza causata dall’infortunio della titolare Alice Degradi ha dato campo a Stella Nervini e Gaia Giovannini, 46 anni in due, le «piccole» del gruppo hanno ripagato la fiducia con uno splendido Mondiale.