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Spumeggiante come un syrah d'annata, Jasmine Paolini, sta insegnando al mondo che non di solo fisico vive il tennis, che si può dare il meglio di sé sportivamente tra i 28 e i 30 anni, e crescere ancora in tecnica e consapevolezza: in due anni, gli ultimi due, ha scalato la classifica del tennis professionistico femminile (Wta), fino alla quarta posizione (ora è ottava). Se le finali di Parigi e Wimbledon in singolare hanno pesato lo scorso anno positivamente in classifica, il risultato di Roma 2025, con Coco Gauff dominata in finale in due autorevolissimi set, dicono di spessore ancora aumentato.
La svolta è venuta nel 2024 quando la ragazza della Garfagnana si è convinta, grazie al grande lavoro di Renzo Furlan, di avere le doti per giocare non di rimessa ma d’attacco, e non solo sulla terra battuta ma anche sul cemento.
Cresciuta a Bagni di Lucca, iniziata al tennis dallo zio Adriano che a cinque anni ne ha assecondata la curiosità per la racchetta, si è formata all'Accademia tennistica federale di Tirrenia, dove a 15 anni ha scelto personalmente di trasferirsi (quando si dice la determinazione). Molto ha fatto nel darle queste doti l’incoraggiamento di Furlan a giocare il doppio, cosa che non solo ha rafforzato in lei la singolarista, ma l'ha resa con Sara Errani, una delle migliori se non la migliore doppista al mondo.
Oggi Paolini, che compie 30 anni il 4 gennaio, in cui somma alla freschezza fisica ed emotiva che conserva l’esperienza, è una tennista solidissima, atletica, veloce, tecnica, capace di andarsi a prendere il punto e chiuderlo da fondo campo e a rete e, pure, dotata di un servizio di tutto rispetto a dispetto dello svantaggio in centimentri. Il fatto che abbia sentito il bisogno di sperimentare nuove sinergie tecniche, indica la convinzione di voler ancora guardare aventi e crescere. Dopo una parentesi con Marc Lopez e Federico Gaio nel 2025, ora Jasmine Paolini lavora con Danilo Pizzorno e avrà anche la compagna di doppio Sara Errani come parte del team, per la parte tattica: un bel segnale di sintonia tra le due che continueranno a fare squadra in doppio: hanno otto anni di differenza e la scelta è il segno che Paolini attribuisce la propria crescita anche all'intuito della compagna più esperta nel leggere le partite.
Quest’anno Jasmine Paolini ha coccolato come un orsacchiotto la coppa degli Internazionali di Roma riportata in Italia in singolare a 40 anni dal successo di Raffalla Reggi, sotto gli occhi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Proprio da lei - garfagnina con un ottimo inglese e un discreto polacco, perché per parte di mamma ha una nonna polacca, da cui ha imparato la lingua nelle estati da bambina, e un nonno nigeriano che non ha conosciuto - il presidente la sera del 4 dicembre ha ricevuto al Quirinale la lanterna con dentro il fuoco olimpico di Milano Cortina 2026, che Jasmine ha portato da Atene al termine del viaggio compiuto dalla fiaccola in terra greca a partire da Olimpia. «Non era», nemmeno un sogno», ha raccontato dopo, «ma ricordo quando guardavo i Giochi Olimpici con mio padre in Tv. Avevo 8 anni, erano ad Atene, qui, ma non avrei mai immaginato di trovarmi in questa posizione. Significa molto, è davvero un grande onore. Portare la fiamma in Italia è speciale: una sensazione incredibile».
Sensazioni riconoscibili in quel suo sorriso trasparente che non si spegne neanche nei giorni di delusione, prova della forza interiore di chi non perde mai la misura del fatto che il talento per lo sport è un privilegio che va vissuto con gioia e gratitudine. Eppure quella sera il sorriso di Jasmine è parso intimidito da una emozione diversa. Sarà che con Sara Errani lei è la sola tennista italiana ad aver vissuto che quel che si prova a veder salire la bandiera sul pennone più alto con al collo l’oro olimpico. Sarà che chissà quante volte le hanno detto, o almeno fatto capire, che con quel metro e 63 più riccioli non si sarebbe potuto sognare in grande. E chissà quanta soddisfazione ci deve essere nel dimostrare che non era vero.



