PHOTO
Fabio Giomi con Maurizio Landini durante la manifestazione indetta dalla Cgil per la giornata dello sciopero generale, Firenze, 12 dicembre 2025. ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI
Il suo caso aveva fatto il giro d’Italia, ora Fabio Giomi, cassiere di lungo corso supermercato Pam Panorama di Siena, dovrà essere reintegrato per decisione del giudice al suo posto di lavoro. Era stato licenziato a novembre dopo essere caduto in quella che ai sindacati e anche a tanti cittadini era sembrata una vera e propria trappola, ormai nota in tutta Italia come “test del carrello”.
Un finto cliente, in realtà un ispettore dell’azienda, si era infilato nella cassa con un carrello di spesa in cui era compresa una confezione da 15 bottiglie di birra, dentro la quale nelle fessure dell’imballaggio erano stati inseriti appositamente piccoli oggetti, una matita da trucco per esempio, per simulare un tentativo di furto di cui il cassiere non si era reso conto.
Risultato: licenziato in tronco per non avere individuato il finto ladro. Molte persone si sono immedesimate nel caso, diventato pubblico anche grazie al supporto dei sindacati del settore distribuzione che hanno organizzato presidi, immaginandosi in fila al supermercato, all’ora di punta, quando alla cassa si chiede soprattutto di fare in fretta, difficile immaginare che chi sta passando la merce acquistata si possa mettere a ispezionare ogni cosa che gli passa per le mani, senza triplicare la fila e creare una insurrezione di clienti e magari anche una accusa di inefficienza.
Se la pratica del finto cliente, nota come mystery shopper, il cliente nascosto, è utilizzata per monitorare processi aziendali e verificare spazi di miglioramento e qualità del servizio offerto al pubblico, cosa possibile a patto però che il personale sia informato di poter essere testato con audit in incognito, la modalità messa in atto in questo caso pareva andare molto al di là di questa definizione, spingendosi a simulare un furto. Proprio sull’illegittimità della procedura e quindi del licenziamento si era basta la difesa di Giomi.
Il caso a quanto pare non è isolato, altri lavoratori nella stessa catena hanno subito sanzioni in Toscana per il medesimo test. A Giomi, dopo il clamore mediatico era stato offerto in fase di mediazione di accettare una sospensione di 15 giorni, ma il lavoratore, d’accordo con il difensore e la rappresentanza sindacale, ha rifiutato l’offerta perché avrebbe significato ammettere di aver sbagliato e legittimare una forma di controllo che a quanto fa pensare l’esito del processo legittima non doveva essere.
Le ragioni saranno chiarite nelle motivazioni ma in tanto Giomi tornerà al suo lavoro e l’azienda dovrà pagare le spese processuali e il danno recato. «È una vittoria importante per il sindacato», Mariano Di Gioia, segretario Filcams Cgil, «la sentenza sancisce che il licenziamento di Fabio Giomi è stato illegittimo e discriminatorio. Bisogna attendere le motivazioni per entrare nel merito, ma che sia un verdetto destinato a fare giurisprudenza mi sembra evidente. C’erano tre casi di lavoratori Pam licenziati per il test del carrello, solo il caso Siena è arrivato davanti al giudice. Ma se nelle motivazioni il giudice considera il test un’operazione illegittima, questa sarà una vittoria non solo per i dipendenti Pam, ma per tutti i 3 milioni di lavoratori nei gruppi della grande distribuzione e del commercio». Diversi erano i rilievi mossi dal sindacato sul test: dal clima di sospetto e di tensione generato nell’ambiente di lavoro al rischio che le modalità del test potessero occultare una “selezione” dei destinatari e prestarsi a prendere di mira singoli lavoratori, tendendo loro trappole difficili da individuare.



