PHOTO
Suor Simona Brambilla, 60 anni, dal 6 gennaio 2025 è Prefetto del Dicastero per la vita consacrata e le Società di vita apostolica
Quando la storia accelera, spesso lo fa in silenzio. Senza proclami, senza strappi plateali, ma attraverso decisioni che, a distanza di tempo, si rivelano spartiacque. La nomina, il 6 gennaio 2025 da parte di papa Francesco, di suor Simona Brambilla a capo del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica appartiene a questa categoria di eventi: un passaggio che segna un prima e un dopo nella storia recente della Chiesa cattolica, soprattutto per quanto riguarda il ruolo delle donne nei luoghi decisionali.
Per la prima volta una donna, una religiosa, assume la guida di un Dicastero vaticano con il ruolo di Prefetto. La seconda a ricoprire un incarico di alto livello nella Curia romana dopo la nomina nel 2021 di suor Alessandra Smerilli come segretaria del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Non una carica simbolica, non un ruolo ancillare, ma una responsabilità piena su uno degli ambiti più complessi e delicati della vita ecclesiale: quello della vita consacrata, che coinvolge centinaia di migliaia di religiose e religiosi in tutto il mondo. Un universo attraversato da grandi trasformazioni: la diminuzione delle vocazioni in Europa, la crescita in Africa e Asia, la fatica di rileggere carismi antichi in contesti culturali inediti, la domanda di una presenza evangelica credibile in un mondo segnato da disuguaglianze e conflitti.
Una missionaria prima che una dirigente
Suor Simona Brambilla, missionaria della Consolata, classe 1965, non è una figura cresciuta nei palazzi romani. Infermiera di formazione, ha vissuto a lungo l’esperienza missionaria in Mozambico, accanto ai malati, ai poveri, alle comunità ferite dalla guerra e dalla precarietà. È lì che matura uno stile di leadership che non coincide con il comando, ma con la prossimità, l’ascolto, la capacità di stare dentro le contraddizioni senza semplificarle.
Rientrata in Italia, unisce competenza professionale e riflessione teologica, fino a essere chiamata a Roma per collaborare con il Dicastero per la Vita consacrata. Nel 2023 ne diventa segretaria: una prima svolta, che rompe una consuetudine tutta al maschile nella gestione dei ruoli apicali. Oggi, con la nomina a prefetta, quel percorso trova un compimento che va ben oltre la sua persona e assume un valore ecclesiale e simbolico di grande portata.
La sua storia personale racconta una Chiesa che non separa mai il pensiero, dall’esperienza. Una Chiesa che affida responsabilità non per appartenenza, ma per competenza e credibilità. È questo uno dei tratti più significativi della scelta compiuta dal Papa: riconoscere che l’autorevolezza nasce dal servizio e dal discernimento, non dal genere o dallo stato clericale.
Il significato ecclesiale di una nomina storica
La nomina di suor Simona Brambilla da parte di papa Francesco non è stato un gesto isolato, né una concessione tardiva a istanze esterne. Si inserisce in un cammino ecclesiale che negli ultimi anni ha messo al centro parole chiave come sinodalità, corresponsabilità, ascolto del Popolo di Dio. In questo orizzonte, il mandato ricevuto assume una portata che è insieme pastorale e profetica.
Affidare a una donna la guida di un Dicastero significa riconoscere che la Chiesa non può più permettersi di ignorare o marginalizzare metà delle sue energie. Le religiose, da decenni, rappresentano la presenza più capillare e concreta della Chiesa nel mondo: nelle scuole, negli ospedali, nelle periferie urbane e nelle aree più povere del pianeta. Eppure, raramente hanno avuto voce nei luoghi in cui si decidono le linee pastorali e le scelte strategiche. Questa nomina ha rotto un equilibrio implicito, ma non evangelico introducento un principio nuovo e insieme antico: nel Vangelo, l’autorità non è dominio ma servizio. E il servizio, quando è autentico, genera responsabilità condivisa. La guida di suor Simona Brambilla rende visibile questa possibilità, la rende concreta, praticabile, incarnata.
Donne, potere e conversione dello sguardo
Non si tratta di una rivoluzione ideologica, né di una bandiera identitaria. La forza di questa scelta sta proprio nella sua normalità. Suor Simona non rappresenta “le donne” in astratto, ma una storia concreta, una vocazione vissuta, una competenza riconosciuta. La sua autorevolezza non nasce dalla rivendicazione, ma dall’esperienza. Questo passaggio costringe la Chiesa a interrogarsi sul linguaggio del potere. Governare, nella logica evangelica, significa prendersi cura, custodire, accompagnare. È una conversione dello sguardo che riguarda uomini e donne, laici e consacrati. Ma vedere una donna esercitare un ruolo apicale in Curia contribuisce a scardinare immaginari sedimentati e a rendere credibile un cambiamento spesso evocato ma raramente realizzato.
Per molte donne credenti, questa nomina è un segnale di fiducia. Non risolve in un colpo solo la questione della parità nella Chiesa, che resta aperta e complessa, ma indica una direzione. Dimostra che il cambiamento non è solo auspicabile, ma possibile. E che può avvenire senza snaturare l’identità ecclesiale, anzi rendendola più fedele al Vangelo.
Una strada aperta per il futuro
In un tempo in cui la Chiesa è chiamata a contrastare forze centrifughe, soprattutto agli occhi delle nuove generazioni, scelte come questa sono centripete: parlano più di molti documenti. Raccontano una Chiesa che non ha paura di fidarsi, di aprire spazi, di riconoscere i carismi là dove maturano. Una Chiesa che non teme la differenza, ma la considera una risorsa.
Suor Simona Brambilla non è “la prima donna” solo per una questione statistica. E per questo è stata scelta tre le donne dell’anno 2025 di Famiglia Cristiana. È la prima perché apre una strada. E ogni strada nuova, nella Chiesa come nella società, è sempre un atto di speranza. Una speranza concreta, incarnata, che chiede ora di essere percorsa fino in fondo.



