Quarant’anni fa, l’8 settembre 1974, a Pinerolo, in provincia di Torino, due fondatori e capi storici delle Brigate Rosse, Renato Curcio e Alberto Franceschini, venivano arrestati dai carabinieri del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Le Br, che agivano da quattro anni circa, erano considerate dai più una delle tante formazioni extraparlamentari di sinistra più o meno violente e, tutto sommato, “controllabili” e con pochi simpatizzanti. Pochi avevano percepito che quel gruppo che si definiva rivoluzionario si era dato il compito di sovvertire l’ordine dello Stato attraverso azioni che via via sarebbero cresciute d’intensità per sfociare, nelle intenzioni, in una rivoluzione di popolo. L’arresto di due capi carismatici doveva servire a frantumare ogni velleità dei brigatisti ancora in circolazione. Ma non fu così.

Anzi, le Brigate rosse, passando nelle mani di Mario Moretti, aumenteranno la loro capacità di seduzione, faranno crescere il volume di azioni contro lo Stato, uccideranno spietatamente, fino al punto massimo: il rapimento di Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, e la sua morte, dopo 55 giorni in cui l’Italia rimarrà col fiato sospeso, dividendosi tra linea della fermezza e linea della trattativa.

Al blitz di Pinerolo mancava, infatti, un tassello importantissimo per stroncare forse definitivamente le Br: Mario Moretti. Ed è curioso come quel brigatista sia sfuggito all’azione del generale Dalla Chiesa. Tanto curioso da ingenerare sospetti perfino tra i suoi compagni d’avventura e da far nascere i primi dubbi su quelli che verranno chiamati, a posteriori, “i misteri delle Brigate rosse”.

Nelle Br, infatti, si era infiltrato un uomo che collaborava con le forze dell’ordine, Silvano Girotto, detto “frate mitra”, un tipo dal passato quantomeno stravagante. Figlio di un carabiniere, diventa legionario francese, poi addirittura frate. Il vescovo di Novara gli toglie l’autorizzazione a predicare perché sospettato di essere troppo “rosso”, comunista, alla fine degli anni Sessanta. Va, allora, in Sudamerica, combatte al fianco dei contadini boliviani e cileni, guadagnandosi l’espulsione dall’ordine francescano e il rimpatrio tramite l’ambasciata italiana a Santiago. E in Italia diventa l’elemento che condurrà gli uomini di Dalla Chiesa sulle tracce dei brigatisti e che permetterà il loro arresto.

Girotto ha un appuntamento decisivo per la sua affiliazione al gruppo rivoluzionario a Pinerolo, appunto, l’8 settembre. Dove scatta la trappola che porta all’arresto di Curcio e Franceschini. Sfugge alla cattura, invece, Moretti. E qui le cose diventano opache. Tanto che ancora oggi restano senza risposte quelle domande che saranno il trampolino di lancio negli anni a venire, sulla reale “indipendenza” delle Brigate rosse da troppi infiltrati e da troppe attenzioni “amichevoli” esterne.

Moretti doveva essere presente a quell’appuntamento ma qualche giorno prima del blitz una telefonata misteriosa cambia le carte in tavola. Qualcuno chiama un medico piemontese, Enrico Levati, simpatizzante brigatista, e lo mette in allarme: «Avverti che non vadano a Pinerolo. È una trappola, li arresteranno». Chi era a conoscenza della contiguità di Levati con le Br? E, soprattutto, come faceva a conoscere i piani degli uomini di Dalla Chiesa, presumibilmente segreti? Levati cerca invano di avvertire Curcio e Franceschini. Non li trova ma rintraccia Moretti e lo mette al corrente della situazione. Moretti, a sua volta, tenta senza riuscirvi (stando a quanto ha sempre raccontato) di avvisare i suoi compagni. Così, quell’8 settembre, sfugge alla cattura.

Tempo dopo, sia Curcio sia Franceschini cominceranno a nutrire dubbi, in carcere, sulla “lealtà” di Moretti. Quanto agli uomini di Dalla Chiesa, avevano scattato molte foto dei due incontri avvenuti tra Girotto e i capi brigatisti nelle settimane precedenti il blitz. In queste foto appare anche Moretti. Ma quando quelle immagini vengono mostrate in tribunale, mancano proprio quelle in cui il brigatista sfuggito alla cattura era presente a un incontro con Girotto. Come mai? Nessuno ha mai risposto al quesito.

Resta una frase, volutamente ambigua, che lascia aperti tutti i dubbi sull’identità dei brigatisti e di Mario Moretti. La pronunciò il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nella sua deposizione alla commissione sul terrorismo otto anni dopo, nel 1982: «Le Br senza Moretti sono una cosa. Le Br con Moretti sono un’altra». Quale altra cosa, non s’è mai saputo.