Dicono sia il migliore amico dell'uomo e probabilmente lo è davvero. Forse anche per un "gioco" di sguardi tra il padrone e il proprio cane. Jòzsef Topàl e i suoi colleghi dell'Hungarian Academy of Sciences ha pubblicato sulla rivista CurrentBiology uno studio che dimostrerebbe come i cani, nello stesso modo in cui si comportano i bambini, sono più ricettivi quando la comunicazione è introdotta da una richiesta di attenzione, come uno sguardo negli occhi, che esprima chiaramente l'intenzione di trasmettere un messaggio. L'intesa avrebbe nel richiamo verbale solo un utile corollario, ma guardare intensamente il proprio cane sarebbe sufficiente per farsi capire. Nel loro esperimento i ricercatori ungheresi hanno chiesto a un addestratore di portare alternativamente l'attenzione dei cani su uno dei due vasi di plastica identici utilizzati come "oggetto guida": in un caso l'uomo doveva richiamare i cani fissandoli negli occhi e interpellandoli, nell'altro doveva evitare qualsiasi contatto visivo limitandosi a parlare. Un sensore progettato per seguire gli spostamenti degli occhi degli animali ha registrato le sequenze mostrando come nel caso della comunicazione non verbale i cani risultavano più attenti e concentrati. “Sempre più prove supportano l’idea che gli umani e i cani abbiano in comune alcune abilità sociali”, ha detto Topál, “il funzionamento cognitivo-sociale dei cani assomiglia per molti versi a quello di un bambino dai sei mesi ai due anni”.