“Bisognava impedire che la Lega si distruggesse. Qualcuno non l'ha capito ma questo ho fatto... E allora il bambino è suo”. E' una citazione biblica quella di Umberto Bossi, che ha terminato il suo lungo addio sul palco del Congresso di Assago, alle porte di Milano (dove il Carroccio ha vissuto ben altri tempi, come quando Miglio, proprio su questo palco, nel 1993, divise l'Italia in tre). Bossi si riferisce a Re Salomone che deve decidere a quale di due madri affidare un bambino conteso. E lui, salomonicamente, sceglie di dare il “bambino'” ovvero la Lega, la sua creatura, all'amico-rivale di sempre. Purché la Lega non si divida.
Roberto Maroni è dunque il nuovo segretario della Lega Nord. Così ha deciso il quinto Congresso federale del Carroccio, con una votazione un po’ bulgara (alzata di mano e fischi per quei pochi delegati che erano contrari) mettendo di fatto termine all'era Bossi. Inizia l’era Maroni. L'ex ministro si libera dell'etichetta di “delfino” e si prende tutto. Poi precisa: sarò un segretario "come deve essere fatto da statuto: senza tutele, senza commissariamenti, senza ombre". Il capo invece si fa da parte, tra le lacrime, con un discorso commovente nel quale si rivolge al suo popolo. E al netto delle lacrime, non si capisce dove possa andare un partito che è ai suoi minimi storici (poco più del quattro per cento), devastato dalle inchieste di tre procure (Milano, Reggio Calabria, Napoli), caduto nel generale discredito per via degli scandali che lo hanno colpito, dalle lauree comprate, agli investimenti in Tanzania. E fagocitato, alle ultime elezioni, da un sostituto temibilissimo: l’antipolitica di Beppe Grillo.
Il tutto in un’era ormai dominata dalla crisi economica, che ha sostituito le false esigenze di sicurezza, le fragilità sociali, le paure per l'arrivo dei "barbari", le istanze di identità e i localismi con ben altri problemi, e senza quel segretario fondatore che nel bene e nel male era capace di stupire e attirare le folle, sparigliare i giochi, condizionare alleati e avversari politici. Ma così è se vi pare: inizia l’era Maroni, forte soprattutto dei cento sindaci e della loro capacità amministrativa dimostrata sul campo, che promette pulizia all’interno del Carroccio. Molto altro, per il momento, non c’è.


