Giulio Regeni è stato arrestato e poi sottoposto a torture perché rivelasse le fonti dei suoi articoli, pubblicati sull'agenzia specializzata in temi del Medioriente Nena News e in parte sul quotidiano Il Manifesto. Insomma, i servizi segreti egiziani volevano conoscere chi passava le notizie al giovane ricercatore italiano. Molto probabilmente, Regeni era entrato in contatto, anche per il dottorato di ricerca che stava svolgendo, con alcuni rappresentanti del sindacato. 

Si stanno orientando in questa direzione le indagini degli investigatori impegnati a scoprire chi ha condannato a una morte violenta lo studente italiano di 28 anni, ritrovato morto mercoledì scorso in un fossato sulla strada che dal Cairo porta ad Alessandria. Responsabili della violenza sarebbero i servizi segreti locali, gli stessi che poi avrebbero cercato di depistare le indagini. 

Regeni era scomparso il 25 gennaio scorso. Per sei giorni la notizia venne tenuta segreta, finché la Farnesina, di fronte al muto eretto dalle autorità egiziane, decise di renderla pubblica. E il 3 febbraio l'ambasciatore Maurizio Massari venne finalmente informato del ritrovamento del cadavere del ragazzo. 

Il referto è raccapricciante: parla di prolungate torture, numerosi tagli, bruciature, che anche l'ambasciatore ha potuto verificare. 

"Giulio cercava la verità", ha detto il prete che ha il prete che ha ha benedetto la salma. "Ti dico grazie, con il cuore spezzato", ha detto la madre Paola. 

La salma è arrivata nel pomeriggio a Roma e portata al Policlinico per l'autopsia. "La verità è lontana", ha detto il ministro Gentiloni.