Sono un attivista del Movimento 5 Stelle. In passato le ho scritto per dire che ero vicino a lei quando veniva attaccato, secondo me ingiustamente, da vari esponenti del precedente Governo. Ora mi faccio vivo per dirle che non condivido la frase «non ci spaventino i populismi di destra e sinistra, che vogliono ostacolare questo cammino di civiltà, si chiamino Lega o Beppe Grillo», pubblicata sul vostro “Primo piano” (FC n. 6/2012). La posizione del Movimento 5 Stelle, di cui Beppe Grillo è fondatore e promotore, parte dal presupposto che, oggi, le risorse della nazione sono appena sufficienti a mantenere i bisogni minimi dei nostri connazionali. Da ciò ne consegue che dare la cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia (ius soli), senza regole ben definite, è un’ipotesi fuori luogo e demagogica. Si potrebbe pensare a una cittadinanza dopo un percorso di scuola obbligatoria, requisito minimo per acquisire una certa “italianità”, che nulla ha a che fare con lo ius sanguinis, ormai anacronistico.
Paolo L. - Cuneo

Intanto un grazie, sia pure tardivo, caro Paolo, per la tua solidarietà verso la mia persona. Quanto al riconoscimento della cittadinanza ai figli di immigrati, faccio notare che molte reazioni contrarie a quella che considero una “scivolata” di Beppe Grillo sono venute dall’interno del Movimento 5 Stelle. E tanti vostri militanti hanno firmato a favore della proposta di legge. Non si tratta, quindi, di alimentare il tifo, come allo stadio, tra “buonisti” e “oppositori”. Il tema è troppo serio per essere affrontato con battute e slogan. Ma non è vero che serve solo a distrarre gli italiani da altri problemi ben più gravi. Con un po’ di buonsenso, capiremmo che questi “nuovi italiani” sono una risorsa vitale per un Paese vecchio e sclerotizzato, che è sulla via di un “suicidio demografico”. La nuova Italia va programmata non a prescindere ma a partire da questi “fratellini arcobaleno”. «È una follia », ha detto Napolitano, «che i figli di immigrati nati in Italia non siano cittadini».