I Centri per la Famiglia sono uno degli strumenti strategici più importanti del nuovo Piano Nazionale della Famiglia 2025-2027, recentemente approvato e diffuso dal Ministro Eugenia Roccella, a partire da esperienze e da una denominazione (Centro per la Famiglia) che ha ormai oltre vent’anni di storia, in diverse regioni - ad esempio in Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia. Regione Lombardia in particolare ha dedicato alle proprie esperienze territoriali un importante convegno, proprio in data 15 maggio, I centri per la famiglia, snodo delle politiche per e con le famiglie celebrando così la Giornata Internazionale della Famiglia ONU, giunta quest’anno alla sua trentunesima edizione. Il convegno è stata l’occasione per fare il punto su una sperimentazione regionale avviata già dal 2019, e rendere conto di un progetto ormai ampiamente diffuso in oltre 450 località.

Sicuramente nei prossimi mesi le politiche familiari faranno i conti con questa nuova modalità di intervento, a tutti i livelli della pubblica amministrazione: a livello nazionale il Piano attribuisce compiti specifici, risorse economiche e alcune indicazioni di metodo per una diffusione su tutto il territorio nazionale; a livello regionale alcune Regioni potranno finalmente avviare questa nuova modalità di intervento (tuttora presente solo in poche Regioni), definendo obiettivi programmatori, tempi e modelli organizzativi; a livello locale, infine, i singoli Comuni – o reti di Comuni, per esempio nelle zone di montagna o dove i Comuni sono già consorziati – potranno e dovranno generare reti locali di collaborazione con il terzo settore, l’associazionismo familiare, i consultori, gli altri servizi specialistici socio-sanitari. L’idea di fondo è di costruire o rafforzare, per tutte le azioni a sostegno della famiglia, un luogo che faccia da snodo locale (si chiama proprio HUB – perno, mozzo della ruota - , che interagisce anche con diversi SPOKE – raggi della stessa ruota).

Proprio per questa potenziale nuova centralità innovativa ci permettiamo qui di segnalare, senza pretesa di esaustività, alcuni punti di attenzione (in parte già emersi, peraltro, anche nel convegno lombardo), necessari per far sì che le azioni dei Centri per la famiglia siano davvero capaci di promuovere e sostenere il protagonismo e la soggettività della famiglia come risorsa e soggetto attivo, anziché proporsi come l’ennesimo servizio che offre assistenza – pur con modalità nuove – ad una famiglia ridotta solo alle sue fragilità e difficoltà.

IN PRIMO LUOGO i Centri e i loro operatori devono adottare, nelle relazioni dirette con le famiglie una capacità di ascolto non direttivo (nella logica dell’empowerment), per costruire insieme alle famiglie stesse percorsi personalizzati, selezionando le priorità insieme ai destinatari, e non costruendo un pacchetto crescente di nuove prestazioni/interventi professionali. Spesso un ottimo servizio è quello che “lascia spazio”, come ad esempio un gruppo di auto-mutuo aiuto tra genitori, anziché uno percorso di sostegno psicologico.

IN SECONDO LUOGO – quindi – i Centri devono costruire la progettazione, gestione e valutazione dei propri interventi in modo partecipativo e sussidiario, insieme a tutti i soggetti presenti sul territorio. Questo costituirà un discrimine importante, perché diverse esperienze (non solo lombarde) vedono già un protagonismo esclusivo degli enti pubblici, che rischia di generare un “luogo di offerta”, anziché uno spazio “delle famiglie”, cioè abitato dalle famiglie, in cui “si sentano a casa”.

IN TERZO LUOGO la realizzazione di un Centro per la famiglia all’interno di un territorio in cui già operano molteplici servizi specialistici ha a che fare con due parole chiave nel lavoro con le famiglie: prevenzione e orientamento. Si tratta in altri termini di uno spazio di ascolto “a bassa soglia”, per intercettare precocemente possibili disagi o difficoltà, prima che diventino più gravi, ed eventualmente indirizzare persone e famiglie con bisogni più specifici e complessi agli altri presidi del territorio, con competenze più specialistiche. Il Centro offrirebbe così un sostegno nell’orientarsi in una selva di servizi e presidi, dove spesso le famiglie si perdono.

UN QUARTO ELEMENTO riguarda le modalità di finanziamento e progettazione dei Centri (soprattutto nel caso lombardo): finora i Centri hanno avuto certezze di finanziamento annuali, il che rende difficile una programmazione almeno di medio periodo, che invece è quello di cui le famiglie hanno assoluto bisogno. Probabilmente sarebbe indispensabile una programmazione almeno triennale, con relativi finanziamenti (2025-2027, in parallelo con quella del Piano Nazionale), in modo da consentire la stabilizzazione di interventi sperimentali per un periodo ragionevole, entro cui le famiglie non rischiano di essere lasciate sole, a metà del guado, “perché sono finiti i soldi del progetto”…

Nel convegno l’esperienza lombarda appare già abbastanza consapevole di questi punti di attenzione, ma molto può ancora essere sviluppato (ad esempio rispetto alla valutazione della reale efficacia delle azioni sulle famiglie – “impatto familiare”). Anche a livello nazionale il Piano propone una nuova sfida, che dovrà essere attentamente monitorata, almeno su due direttrici: nella sua capacità di restituire protagonismo alle famiglie, e nel sanare le differenze territoriali tra le varie Regioni.



on line la versione in inglese di “WE, HOME”, la mostra fotografica ideata dal CISF

Il CISF in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia ONU presenta la versione on line in inglese di “WE, HOME”, la mostra fotografica ideata dal CISF per cogliere i gesti della cura e delle relazioni familiari che si svolgono nelle case www.we-home.it