Immaginare un futuro in Spagna diventa sempre più difficile. Mentre un accordo dell'Eurogruppo ha deciso le misure di salvataggio del sistema bancario iberico, in oltre ottanta città spagnole fiumi di cittadini si sono riversati nelle strade e nelle piazze - in 100mila a Madrid - per manifestare il loro dissenso nei confronti del piano di austerità e dei drastici tagli imposti dal Governo per evitare il collasso del Paese. «Vivere a Barcellona è diventato più duro. La vita qui è molto cara, e lo è di più adesso che gli stipendi medi si sono abbassati». David, 37 anni, vive nella capitale catalana da una decina di anni. E' arrivato dalla Colombia. Tanti sacrifici, una vita dedita al lavoro e al risparmio. Qualche anno fa ha comprato un appartamento a Barcellona. E nel 2007 ha ottenuto la cittadinanza europea.

Oggi David lavora per una impresa di costruzioni che si occupa di opere pubbliche e di urbanistica, come la rete dei mezzi di trasporto: «Adesso l'amministrazione comunale non ha i soldi per pagare le opere effettuate, così l'azienda è costretta a chiedere finanziamenti alle banche ed è entrata in una grave crisi. Fino a poco tempo fa i dipendenti erano 350, ora siamo rimasti in 230. E la prossima settimana altri 50 verranno licenziati».

David è in regime di cassa integrazione. Per il momento conserva il suo posto, ma nel prossimo futuro, chissà. «E' tutto imprevedibile, si vive in un clima di costante incertezza. Ti possono licenziare da un giorno all'altro. Fra tutte le persone che conosco in Spagna, non c'è nessuno che non abbia almeno un parente – padre, madre, fratello, marito, moglie – che non sia disoccupato».

La moglie di David, Andrea, anche lei colombiana, è arrivata a Barcellona per un master in Psicologia familiare, oggi lavora per un ufficio di consulenza per i lavoratori cinesi. «Il suo è un posto sicuro, per il momento. Ma le previsioni per il prossimo futuro sono negative: si dice che nel 2013 la recessione peggiorerà ancora». Dallo scorso dicembre David e Andrea non riescono più a pagare il mutuo della casa: «Tra rate e interessi era diventato insostenibile. Così, la banca ha ordinato un'esecuzione ipotecaria. Ma in Spagna le esecuzioni sono tantissime, perché la gente non riesce più a pagare i mutui». 

E allora, all'orizzonte si profila la possibilità di fare le valigie e lasciare la Spagna, tornare a casa, in Colombia. David e Andrea lo stanno mettendo in conto, anche se si tratta di una prospettiva a lungo termine: «Se nei prossimi anni la situazione non migliora, se io dovessi perdere il lavoro, è chiaro che qui non possiamo pensare di crescere e mantenere dei figli. Allora, a quel punto, torneremo in Colombia, dove ci sono le nostre famiglie e maggiori aiuti». Del resto, già molti stanno guardando oltre i confini della Spagna: i catalani, quelli che possono, se ne vanno all'estero. Come Enric, ingegnere: dopo essere stato licenziato da un'impresa di Barcellona, mesi fa ha trovato lavoro in Austria, a Linz.


Tanti immigrati sudamericani tornano nei loro Paesi di origine. Come hanno già fatto alcuni amici e conoscenti di David e Andrea, architetti rientrati in Cile e in Brasile, Nazioni che stanno crescendo economicamente e offrono margini più ampi di realizzazione professionale. Un'altra coppia di amici, lui ingegnere lei architetto, stanno guardando verso il Perù. 

 

Anche Victoria, 40enne di Valencia, vive in prima persona la crisi. Un passato professionale prima alla Commissione europea a Bruxelles, poi al Comune di Valencia, in seguito al porto della città, Victoria ora sta gestendo la farmacia ereditata da sua madre. «Ma è molto complicato, perché la Comunità autonoma valenciana, in piena crisi, non riesce più a sostenere i costi della sanità pubblica, così come quelli dell'istruzione e di altri servizi. E io mi sono ritrovata con un buco finanziario enorme perché la Comunità non riesce a sostenere i costi dei medicinali».

E osserva: «Il problema di Valencia è che il Partito popolare ha tenuto nelle sue mani il potere per troppo tempo e a un certo punto pensava di avere la libertà di fare tutto quello che voleva, finendo in casi di corruzione. Nella stessa situazione si trova la Catalogna, che ha puntato troppo sulle istanze indipendentiste. Ma l'indipendenza ha dei costi molto elevati, che la Comunità non è riuscita a sostenere». E aggiunge: «In Spagna le amministrazioni locali e regionali sono cresciute troppo, con dei costi elevatissimi. E tutto senza un piano di sviluppo a lunga scadenza. Come è successo per l'America's Cup a Valencia nel 2007: allora non si è colta l'occasione per sviluppare il porto con una progettualità a lungo termine, guardando al futuro».