Sulla nave Madleen dell’organizzazione umanitaria Freedom Flotilla Coalition, sequestrata dagli israeliani per impedire che forzasse il blocco degli aiuti umanitari a Gaza, fra i dodici membri dell’equipaggio, oltre alla più nota, l’attivista svedese Greta Thtumberg, c’era anche il giovane medico francese Baptiste André, 35 anni, rientrato ieri sera in Francia. Abbiamo raggiunto al telefono il padre Pascal Andrè, 62 anni, anch’egli medico e come il figlio impegnato in progetti umanitari. Pascal ha compiuto diverse missioni in Palestina ed è reduce da uno sciopero della fame per portare l’attenzione dei politici francesi sulla violazione dei diritti umani nella Striscia di Gaza».
Lei è medico, suo figlio è medico: condividete la stessa sensibilità su questo tema?
«In quanto medici siamo  legati al giuramento di Ippocrate, che ci invita a prenderci cura delle ferite, ma anche a riflettere su ciò che le causa. Quindi denunciare ciò che fa male, ciò che provoca malattia, ciò che genera sofferenza. Questo, nel nostro mestiere, lo facciamo ogni giorno. Mio figlio Baptiste lo fa da anni come internista a Marsiglia. Io, oltre a svolgere la mia professione in Francia, con l’organizzazione Médecins du Monde ho svolto missioni umanitarie un po’ in tutto il mondo e da  tre anni lavoro anche in Palestina, dove la violazione dei diritti umani ha conseguenze drammatiche. Sono convinto che se come medico visiti  una donna vittima di violenza o un bambino abusato e non li accompagni a sporgere denuncia, diventi complice. Per me è la stessa cosa per quello che sta accadendo in Palestina. È nostro dovere, è il nostro impegno etico denunciare. Sono tanti i cittadini francesi e di tutto il mondo che non sopportano più il silenzio che ci circonda su questa tragedia, e mio figlio Baptiste ha deciso di fare qualcosa in prima persona imbarcandosi nella Madleen». 
 Lei è credente?
«Sì. Sono cristiano, sono stato abbonato a Famille Chretienne per anni. Ma sul tema dei diritti umani sono critico con i vertici della Chiesa francese. Da quando sono tornato da Gaza e dalla Cisgiordania cerco di incontrare  sacerdoti, vescovi, persino il presidente della Conferenza episcopale, ma non trovo riscontro ai miei appelli. Nel settimo giorno di sciopero della fame sono intervenuto in una chiesa di Tolosa leggendo pubblicamente la lettera che i vescovi della Palestina, di Israele e del Medio Oriente hanno scritto a quelli francesi, chiedendo che venisse diffusa. ma la voce dei cristiani del Medio Oriente continua a essere ignorata. Eppure Papa Francesco si era molto impegnato su quesro fronte, e anche l'attuale Ponteficie sembra esserlo».



Anche in Italia gran parte della politica tace, ma c’è stata una grande mobilitazione di piazza a Roma per mettere fine al massacro dei palestinesi a cui hanno partecipato 300.000 persone.
«Per fortuna i cittadini si stanno mobilitando in tutto il mondo, perché i politici con il loro silenzio, sono complici. E per fortuna esistono persone come Francesca Albanese e tanti funzionari e impiegati della Commissione europea che stanno facendo lo sciopero della fame, in modo non violento, per la pace. Ogni volta che sono andato a Gaza e in Cisgiordania, i colleghi medici palestinesi mi hanno ringraziato, ma poi mi hanno detto: "Torna a casa tua. Noi sappiamo curare, sappiamo coltivare, sappiamo vivere. Vogliamo la nostra libertà, il nostro rispetto, la nostra dignità. Tornate nei vostri paesi, cambiate le vostre politiche e applicate il diritto, perché noi stiamo morendo a causa della sua mancata applicazione e della vostra ipocrisia”».
Suo figlio era alla sua prima esperienza in Palestina?
«Era la sua prima missione umanitaria Non è riuscito nemmeno a entrare. Si stava preparando da sei mesi per partire con un’associazione tedesca al largo della Libia per salvare naufraghi e rifugiati. Poi la missione è stata cancellata, e Baptiste è partito per la Sicilia. Lì gli è stato proposto di imbarcarsi sul Madleen. Io stesso dovevo partire, ma non ho potuto per motivi di salute e lavoro. 

Vi siete sentiti durante il viaggio?

«L’esperienza è stata durissima. I droni li sorvegliavano di notte, vivevano costantemente sotto stress. Quando sono stati intercettati, è stato tutto molto teso e violento, nelle sue prime dichiarazioni ha affermato di aver subito abusi fisici. Anche nelle prigioni la pressione psicologica è altissima. Mio figlio ha scelto di tornare. Gli è stato chiesto di firmare una dichiarazione in cui ammetteva di essere entrato illegalmente in Israele, cosa falsa, e con quella firma sarà bandito per oltre 100 anni. È l’emblema di un sistema perverso».

Alcuni degli attivisti sono rimasti in Israele per essere sottoposti a processo…

«Anche  Baptiste voleva restare, ma doveva tornare a lavorare. In Francia mancano medici. Anche io ho dovuto interrompere lo sciopero della fame per tornare al lavoro. Lui sa che tra dieci giorni deve riprendere servizio, e non può permettersi tre settimane in prigione».

Secondo lei è stato utile, questo viaggio?

«Sì, assolutamente. Utile per i palestinesi, utile per la causa internazionale. Forse qualcuno la considererà solo come un’azione dimostrativa. Ma è importante che le coscienze si muovano. Molti stanno preparando azioni legali contro chi, in Europa, è responsabile del mancato rispetto del diritto internazionale. Ed è fondamentale ricordare che vivere insieme richiede regole, e il rispetto delle differenze è la nostra ricchezza. Tutto questo ha molto a che fare con il messaggio di Gesù, non solo con il giuramento di Ippocrate. Come si possono leggere le Sacre scritture senza indignarsi per quello che accade? Io non ci riesco più.  È questo il naufragio della nostra civiltà europea. In Francia – come probabilmente anche in Italia – stiamo diventando razzisti. Durante il mio sciopero della fame, ho incontrato molti francesi di origine coloniale che mi dicevano: "Non ci riconosciamo più nei valori della Francia e dell’Europa".Stiamo costruendo muri in mare, lasciando morire persone che fuggono da guerre di cui siamo responsabili. Morire in mare o a casa propria non dovrebbe fare differenza. Ma per qualcuno sì: ci sono vite che valgono e altre che non contano. Io vi ringrazio molto per il vostro lavoro e per questa intervista, per aver dato voce al nostro impegno per i diritti umani, per la Palestina, per chi soffre nel mondo».

"La nostra copertina grida ‘Basta!’ alla guerra. Se pensi anche tu che sia ora di fermarsi, inoltrala a chi ha bisogno di vedere e condividi sui social con l'hashtag #GazaBASTA! i nostri articoli con cui chiediamo lo stop all'inutile strage. Aiutaci a diffondere il messaggio"

Nella foto sotto il titolo Pascal André con Mons. Marc Stenger, ex presidente di Pax Christi, sacerdote molto impegnato per i diritti dei palestinesi