Nella puntata di Belve di ieri sera, Isabella Rossellini si è mostrata in tutta la sua bellezza, muovendosi con agio e leggerezza tra le tante domande della Fagnani. Ha raccontato la sua vita lasciando intuire la capacità di volersi bene e di amare la vita. Al termine di tante parole si è lasciata interrogare anche  rispetto ad un abuso vissuto in adolescenza. Ha detto che ci è voluto del tempo per prendere consapevolezza di questa dolorosa esperienza. Lentamente ha dato un nome alla ferita che sentiva di aver subito.  Lei si è detta profondamente attratta da quel ragazzo e speranzosa di conquistarlo ma lui poi “si è imposto” in un modo che le ha fatto molto male. «Ci ho messo tanto tempo a capire che era anche quello un abuso perchè in fondo io un po’ ci stavo, lo corteggiavo e poi … poi oh Dio…» e poi fa intuire un tempo di sbilanciamento di potere. Le sue parole non ci hanno fatto pensare a un’intimità desiderata insieme, condivisa, esplorata alla stessa velocità ma piuttosto a gesti imposti, rubati, pretesi. Questa differenza è netta ma Isabella dice che all’epoca ha fatto fatica a riconoscerla in sé come un confine che aveva il diritto di far rispettare. 


Isabella, icona di bellezza ed eleganza, non è scesa nei dettagli di quella storia, ma ha voluto lanciare un messaggio alle ragazze (e direi anche ai ragazzi). La consapevolezza di quello che ha subito è arrivata lentamente ed è stato un processo doloroso da rielaborare.  Dalla sua testimonianza emerge un messaggio preventivo molto importante e attuale: amare e desiderare l'altro è una tensione bellissima che va però sempre vissuta nel rispetto reciproco. In adolescenza il corpo vibra di desiderio, è molto sensibile agli stimoli ed è naturalmente bisognoso di sentirsi apprezzato e di attrarre l'altro. Dentro a questa danza di seduzione, ragazzi e ragazze segnano il loro scoprirsi e riconoscersi. Mi piace immaginare Isabella sedicenne, me la vedo bellissima, capace di incantare lo sguardo di tutti, la vedo muoversi nel mondo con un'aurea incantata e nello stesso tempo, la immagino fragile e timorosa nel capire come e quando mettere in gioco se stessa e il proprio corpo nella relazione con l'altro. Un passo importante verso l’adultità cha ha bisogno di punti di riferimento.


A farci da bussola e soprattutto la centralina che ciascuno ha dentro di sé, una bussola invisibile che fa parlare il nostro corpo e ci dice quando un contatto fisico ci fa stare bene o quando invece ci mette a disagio. Quello che intuiamo dalle parole di Isabella è che il ragazzo tanto desiderato improvvisamente è diventata una presenza opprimente, qualcuno che chiedeva più di quanto lei fosse disponibile a mettere in gioco. Lei racconta di non essere stata capace di respingerlo o di denunciare e chissà quante persone come lei, soffrono in silenzio.

 

Grazie Isabella per averci ricordato che amare è una danza che richiede di sintonizzare i passi e di muoversi al ritmo di una melodia condivisa. E chissà che qualcuna o qualcuno, ascoltandoti, trovi il coraggio di dire no.