di Gabriele Giannetti

Se ne parla molto, se ne scrive altrettanto e spesso le relative considerazioni vengono liquidate in proporzione all’età più o meno anziana di chi le sostiene. Stiamo parlando dell’annoso tema che attanaglia intere generazioni di genitori, nonni ed educatori: ma davvero “i giovani di oggi sono tutti sui social”?

Ebbene si. Ma non solo i giovani, anche i giovanissimi: ben l’88% degli under 14 utilizza i social network.
Il dato emerge dalla recente ricerca elaborata dal Dipartimento di Scienze umane, sociali e della salute dell'Università di Cassino e del Lazio Meridionale coordinata da Simone Digennaro, ricercatore ed educatore. In particolare quell’ 88% che riguarda un campione di ragazzi tra gli 11 e i 13 anni, diventa 100% se ci si sofferma solo sui 13enni.

In altre parole tutti i ragazzi a partire dai 13 anni (la cosiddetta Generazione Z) sono sui "social”, in particolare Whatsapp, TikTok e Instagram.

 Ma per farci cosa? Qui lo studio “#BornSocial” 2022 a cura dell’agenzia francese Heaven, completa la ricerca italiana. Entrambi gli studi, infatti, concordano nell’indicare come la modalità di fruizione delle piattaforme sia per lo più “passiva”: il 47% dei preadolescenti (dati Heaven) trascorre molto tempo a guardare personaggi famosi da cui prendere ispirazione, oppure a rivedere quello che hanno già pubblicato (Uni Cassino).

Un quadro che fa emergere la seconda principale evidenza: la ricerca di approvazione sociale: fin da giovanissimi ritroviamo una grande attenzione nei confronti di come si appare sui social, a tal punto da modificare la propria immagine laddove non si risulta in linea con le proprie aspirazioni (un intervistato su due).

Una sovraesposizione notevole cui seguono le relative criticità dal punto di vista relazionale e della privacy dei minori, come spiega Simone Digennaro: «La condivisione di contenuti privati su piattaforme visibili in tutto il mondo, senza il diretto controllo e la supervisione degli adulti, espone il minore a rischi enormi, quali ad esempio cyberbullismo, adescamento online e, più in generale, violazioni della privacy».

Di fronte a tali pericoli, alla domanda su come sia possibile che ragazzi così giovani già possiedano cellulari e li utilizzino con tanta abilità, molto spesso la risposta si trova proprio in famiglia: le due ricerche rilevano la forte propensione dei genitori a fornire di un cellulare i propri figli per un maggior controllo dei loro spostamenti.

Approccio al digitale che trova conferma nel CISF Family Report 2022 “Famiglia & Digitale” - elaborato dal Centro Internazionale Studi Famiglia della San Paolo con il patrocinio della Fondazione Cariplo – che ha indagato il (nuovo) rapporto tra le famiglie italiane e la tecnologia a seguito della pandemia.
I risultati dello studio, guidato dal sociologo Francesco Belletti, direttore del Cisf, sono controintuitivi e di alto valore in termini di prospettiva: il 39,5% dei nuclei (con figli) ritiene la tecnologia un aiuto in famiglia ed è disposta a investirci fino a 75 euro al mese in quanto ormai “bene di prima necessità”. A emergere è soprattutto la sempre maggiore condivisione in famiglia dei device e delle applicazioni. Durante la pandemia, infatti, la maggior parte dei genitori si è ritrovata “costretta” a convivere con la tecnologia, a causa dei figli, del proprio lavoro (smartworking), ma anche per il solo intrattenimento. Questo ha comportato una sempre maggiore conoscenza delle dinamiche, opportunità e rischi che ruotano attorno ai social media.

 

Un avvicinamento genitori-figli che secondo Francesco Belletti è la chiave per affrontare questa evoluzione: «Le persone più solide non sono quelle più rigide, ma quelle più adattabili (flessibili) e le relazioni familiari più efficaci sono quelle che si adattano meglio alle alterne vicende della storia».

Se è vero, quindi, che sempre più spesso viene concesso un telefono ai figli in età molto giovane, negli ultimi anni è però aumentata la consapevolezza del digitale da parte delle famiglie, che da un lato riequilibra l’”emergenza”, dall’altro ha spinto i genitori stessi all’utilizzo dei social. Ma questo è un altro argomento.