«Lasciate che i bambini vengano a me»: a Lecco questa frase non resta confinata ai Vangeli, ma prende corpo nei parchi, nei cortili scolastici riaperti, nei laboratori in oratorio e nelle politiche pubbliche. Qui, l’infanzia è al centro di una visione urbana che mette in relazione scuola, famiglia, Chiesa e istituzioni. «Una città a misura di bambino è una città che si prende cura – dice il sindaco Mauro Gattinoni – e che si lascia interrogare dal punto di vista dei più piccoli». E per questo Lecco è oggi un modello nazionale.

Nel 2024 il Comune ha ricevuto due importanti riconoscimenti: la migliore città italiana per la qualità della vita dei bambini secondo Il Sole 24 Ore, e il titolo di “Child Friendly Cities” da parte dell’UNICEF, che ha premiato Lecco per l’ascolto dei più giovani, la partecipazione, i servizi scolastici e sociali, le politiche inclusive. «Non ci siamo messi in testa di diventare i primi – spiega il primo cittadino – ma di rendere visibile ciò che i bambini vivono. E questo cambia anche lo sguardo degli adulti».

Uno degli esempi più concreti è quello della scuola. Lecco ha riaperto i cortili scolastici, rendendoli fruibili anche al di fuori dell’orario di lezione, e ha investito nel potenziamento delle scuole dell’infanzia comunali, con sezioni primavera, progetti educativi personalizzati e un’attenzione costante all’inclusione. «I bambini imparano meglio se stanno bene – sottolinea Gattinoni – e se li mettiamo al centro non solo della didattica, ma dell’intero contesto urbano». Una scelta che ha coinvolto anche l’urbanistica, con nuovi attraversamenti pedonali, aree verdi rigenerate, e marciapiedi progettati per carrozzine e passeggini. «Ogni piccola scelta infrastrutturale può avere un grande impatto educativo. Anche un marciapiede può dire: qui i bambini sono i benvenuti».

Il cuore pulsante di questa visione, però, non è solo amministrativo. È comunitario. Lo sa bene don Bortolo Uberti, prevosto della città: «Una città a misura di bambino è una città che educa, accompagna, protegge. Per farlo, servono adulti che non abbiano paura di farsi prossimi. E soprattutto serve alleanza: tra genitori, insegnanti, istituzioni, mondo dello sport e della cultura». Nelle parrocchie e negli oratori si sperimenta ogni giorno questa corresponsabilità: dai laboratori pomeridiani per i più piccoli ai percorsi di formazione per adolescenti ed educatori, passando per le iniziative condivise con la Caritas e con le scuole. «Dobbiamo tornare a essere una comunità educante – aggiunge don Bortolo – dove i bambini non sono lasciati soli davanti alle sfide, ma sostenuti da una rete di adulti credibili. È questa la vera emergenza educativa: costruire relazioni stabili, affidabili».

Un altro tassello fondamentale è lo sport, inteso non solo come attività fisica, ma come linguaggio educativo. Grazie al progetto “Sport nei quartieri”, promosso dal Comune insieme alle associazioni sportive del territorio, molti bambini hanno avuto la possibilità di accedere gratuitamente a corsi e allenamenti, anche in contesti periferici o fragili. «Lo sport è libertà, relazione, rispetto – racconta un educatore della polisportiva Rovinata – e in questi anni abbiamo visto bimbi cambiare, crescere, imparare a stare con gli altri». Anche qui, l'alleanza è determinante: «L'amministrazione può mettere le risorse – spiega Gattinoni – ma sono le associazioni, i volontari, gli educatori a renderle vive. Senza di loro, ogni politica rimane sulla carta».



A Lecco la partecipazione dei ragazzi non è uno slogan, ma un processo reale. Con il progetto “Cantiere Lecco”, ragazze e ragazzi sono coinvolti nella progettazione di spazi pubblici e di iniziative culturali. «I bambini e gli adolescenti hanno idee limpide – dice la sindaca – e noi adulti dobbiamo avere il coraggio di ascoltarle». Non a caso, uno dei prossimi interventi di rigenerazione urbana – quello sull’area dell’ex Piccola Velocità – partirà anche dai contributi raccolti attraverso laboratori scolastici e incontri nei quartieri. «Quando un ragazzino ci dice che un posto è brutto, che non lo fa sentire al sicuro, dobbiamo prenderlo sul serio. Spesso vede cose che noi abbiamo smesso di notare».

Certo, le sfide non mancano: il calo demografico, le povertà educative, la solitudine di molte famiglie. Ma Lecco prova ad affrontarle con una visione sistemica. «Non esiste un unico progetto risolutivo – spiega Gattinoni – ma un’alleanza diffusa che si rafforza passo dopo passo. E ogni volta che un bambino si sente ascoltato, accolto, libero di essere ciò che è, allora capiamo che la strada è quella giusta».

Per questo, mentre altre città ragionano in termini di sicurezza, consumo, prestazione, Lecco scommette sulla cura. «Prendersi cura dei bambini significa prendersi cura del futuro – conclude don Bortolo – ma anche del nostro presente. Perché una città dove si sta bene da piccoli, è una città più umana per tutti». E riceve in cambio uno dei doni più preziosi: lo sguardo dei bambini. Uno sguardo che illumina le scelte, rende migliori gli spazi, e aiuta anche gli adulti a tornare umani.