PHOTO
ll mio condominio si affaccia sulla grande piazza del paese, che durante l’estate è sempre stata il luogo di ritrovo dei giovanissimi. I ragazzi arrivavano a frotte in bicicletta o col motorino. Le ragazze dopo cena uscivano per mangiare il gelato in gruppetti di 3 o 4, indossando la loro camicetta più bella e ben truccate.
C’era allegria nell’aria, un sapore di gioventù e di freschezza che, dopo la pandemia da Covid, fatico a ritrovare. Mi spiego meglio: quest’estate la città era semideserta, pochissimi i ragazzi e le ragazze in giro, spesso con in mano il telefonino, guardato ossessivamente. L’oratorio è semivuoto, il sacerdote che lo gestiva è stato trasferito in altra parrocchia e non sostituito. Il parroco è anziano e poco propenso a stare in contatto con i giovani.
A me sembra che in questo contesto diventi faticoso permettere a chi cresce di vivere con pienezza e bellezza la propria età. L’estate che era la stagione della scoperta della vita, dell’amore, dell’amicizia, mi pare una stagione di ripiegamento e passività, con poca propensione ad aprirsi agli altri, al mondo, alla vita. Sono solo pensieri di una adulta scoraggiata?
Alfonsina
Cara Alfonsina, le tua parole ci devono far riflettere. L’estate deve essere tempo di bellezza e scoperta. Dovremmo vedere adolescenti e giovani esplodere di voglia di vita, tendersi con desiderio verso la scoperta del mondo che c’è fuori dalla loro stanza. Come scrivi tu, i paesi dovrebbero popolarsi alla sera di ragazzi e ragazze che si danno appuntamento, che si cercano e si mettono a dialogare.
Così facendo scoprono quanto è bello stare in relazione con gli altri, spingersi alla scoperta di un mondo che non può essere né conosciuto, né conquistato rimanendo nella propria solita comfort zone. Sembra che le nuove generazioni siano però ammalate di mancanza di desiderio. Ne parla a lungo Paolo Crepet nel suo nuovo libro: Prendetevi la luna.
Un dialogo tra generazioni (Mondadori) in cui spinge i giovanissimi ad alzare di nuovo lo sguardo verso la linea dell’orizzonte, a combattere una battaglia generazionale per riappropriarsi di un futuro che noi adulti – complici la guerra e il covid – gli abbiamo raccontato come foriero di pericoli e scarso di opportunità. Bisogna ripartire daccapo: aprire gli oratori, riportare i nostri figli nelle piazze, spegnere gli schermi dei telefonini, riaprire le strade e le piazze a chi si muove con le biciclette e i motorini.



