«Una decisione che sgomenta e allarma, ma, purtroppo, non sorprende». È il commento in prima pagina dell'Osservatore Romano, quotidiano ufficiale della Santa Sede, sull’annuncio che il governo israeliano vuole occupare totalmente l’intera Striscia di Gaza incluse le aree in cui si ritiene siano detenuti gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas come hanno riferito, lunedì sera, alti funzionari dell'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu a Channel 12: «Hamas non rilascerà altri ostaggi senza una resa totale, e noi non ci arrenderemo. Se non agiamo ora, gli ostaggi moriranno di fame e Gaza resterà sotto il controllo di Hamas». E al Capo di Stato maggiore dell’Idf, il generale Eyal Zamir, che ha mostrato resistenze per il piano di occupazione completo, Netanyahu ha mandato un messaggio chiaro: «Se non è d'accordo, si dimetta».

Che il governo israeliano «avesse l’intenzione di riportare il territorio della Striscia a uno status simile a quello della Cisgiordania, così com’era stato tra il 1967 e il 2005, era nell’aria da mesi», scrive l’Osservatore Romano in un articolo in cui sintetizza il dibattito di queste ore e le polemiche attorno al presidente israeliano, «ai primi di maggio, dopo la rottura della tregua con Hamas avvenuta in marzo, il progetto di un’invasione massiccia Netanyahu lo aveva dichiarato con un video su X, mentre l’Idf intensificava pesantemente le operazioni militari sul territorio. Del resto, le pressioni e i proclami in tal senso, in particolare da parte dei ministri dell’ultradestra religiosa estremista, Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, sono stati costanti in tutti questi 23 mesi di guerra».

Il “giornale del Papa” sottolinea anche la difficile situazione degli ostaggi in mano ad Hamas: «L'abisso di devastazione nella Striscia di Gaza si riflette anche nei corpi emaciati e sofferenti degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas». L'Osservatore al proposito parla di «orrore». Il riferimento è alla pubblicazione da parte di Hamas dei video dei due ostaggi ventenni, Evyatar David e Rom Breslavski, ridotti pelle e ossa, all’interno di tunnel sotterranei.

Anche il presidente Usa Donald Trump, secondo quanto si legge sui media israeliani, avrebbe dato l’ok a Netanyahu per l'operazione militare di “occupazione totale” a Gaza. Secondo Ynet, Stati Uniti e Israele concordano nel ritenere che il gruppo non voglia un accordo per la tregua in cambio della liberazione degli ostaggi.



Ma all’interno degli alti vertici politici e militari israeliani c’è molta perplessità sul piano di Netanyahu. Secondo quanto riporta Haaretz che cita una fonte bene informata, il primo ministro israeliano avrebbe dovuto riunire martedi sera il gabinetto di sicurezza per discutere l’espansione delle operazioni nella Striscia. Il Guardian, però, ha scritto che la riunione è rimandata a causa dell’alta tensione.

Oltre al capo dell’Idf, tra coloro che preferirebbero continuare gli sforzi per un accordo di cessate-il-fuoco, che adesso è in stand-by, ci sarebbero anche il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar, il consigliere per la sicurezza nazionale, Tzachi Hanegbi, il capo del Mossad, David Barnea, il negoziatore dello Shin Bet (il servizio segreto interno) e l’incaricato della supervisione del fascicolo sugli ostaggi per conto dell’esercito, Nitzan Alon. Non solo, ma contro Netanyahu si è schierato gran parte dell’establishment. Decine di ex capi del Mossad, dello Shin Bet e dell’Idf, molti dei quali hanno fatto la storia del Paese degli ultimi decenni, hanno chiesto in un video la fine della guerra, mentre oltre 600 funzionari della sicurezza israeliani in pensione hanno firmato una petizione: «A nome del Csi, il più grande gruppo israeliano di ex generali dell’esercito, del Mossad, dello Shin Bet, della polizia e di corpi diplomatici equivalenti, vi esortiamo a porre fine alla guerra a Gaza», scrivono, «l’avete fatto in Libano. È ora di farlo anche a Gaza». Tra i firmatari, appunto, ci sono tre ex capi del Mossad, il servizio segreto per l’estero (Tamir Pardo, Efraim Halevy, Danny Yatom), quattro ex dirigenti dello Shin Bet (Nadav Argaman, Yoram Cohen, Ami Ayalon, Yaakov Peri, Carmi Gilon) e tre ex capi di stato maggiore (l’ex premier Ehud Barak, Moshe Bogie Ya’alon, Dan Halutz). Riconoscono che «l’Idf ha da tempo raggiunto i due obiettivi che potevano essere ottenuti con la forza: smantellare l’esercito e il governo di Hamas». Rimane «il terzo, e il più importante, che può essere raggiunto solo attraverso un accordo: riportare a casa tutti gli ostaggi». Non sarebbe una resa ai fondamentalisti: «Rintracciare i restanti alti funzionari di Hamas può essere fatto più tardi», ma «gli ostaggi non possono aspettare», insistono i firmatari.

Intanto, nella Striscia, si continua a morire sotto le bombe e di fame. Secondo il ministero della Salute di Gaza, nelle ultime 24 ore almeno 87 palestinesi, tra cui 52 alla ricerca di aiuti, sono stati uccisi e 644 feriti negli attacchi dell'esercito israeliano nella Striscia. Il conteggio comprende otto persone, un bambino e sette adulti, che sono morte di fame nelle ultime 24 ore, portando il bilancio delle vittime legate alla fame a 188, di cui 94 bambini.