Come si vive in Italia? Ce li dice il Pil, certo, ma abbiamo bisogno anche di dati meno asettici. Prova a dare una risposta a questa domanda il rapporto sul Benessere equo e sostenibile ( Bes) stilato dall’Istat che tiene conto di 130 indicatori di benessere articolati su 12 aree, che spaziano dalla conciliazione dei tempi di vita all'innovazione. Il primo dato che balza all’occhio è il persistente divario tra Nord e Sud. Il gap del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale è ancora elevatissimo per occupazione, qualità del lavoro, condizioni economiche minime. Rispetto al Nord il rischio di cadere nella trappola della povertà è triplo. L’Italia appare sempre come un paese spaccato. Nel Mezzogiorno infatti si guadagna il 37% in meno a testa. «Forti» differenze nei livelli di benessere economico nelle differenti aree del Paese. L'Istat sottolinea anche come nel Mezzogiorno «il rischio di povertà coinvolga il 34% dei residenti, una quota tripla rispetto al nord». Il livello di disuguaglianze nel reddito, in una paese che conta 4,5 milioni di poveri, «si conferma saldamente sopra la media europea», fa sempre notare l'Istat. Pur essendo aumentato il reddito pro capite (+1% nel 2015 sul 2014) «Il rapporto tra il reddito percepito dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con i redditi più bassi è pari nel 2015 a 5,8 in Italia, contro una media Ue di 5,2.


Nel 2015 si è rilevato un lieve abbassamento dell'età media, che è passata da 82,6 a 82,3 anni. Resta poi alta la sfiducia degli italiani nei confronti della politica: bocciati senza appello, con pagelle ampiamente insufficienti, partiti (voto 2,5), Parlamento (3,7), istituzioni locali (3,9) e sistema giudiziario (4,3). Scende la «partecipazione civica» e completa il quadro la sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni, che «malgrado un'inversione di tendenza», lievissima, anche nel 2016 «resta alta». Promossi invece forze dell'ordine e vigili del fuoco (voto 7,2). Segnali positivi arrivano dal lavoro e dall'istruzione. Si riduce così, per la prima volta dopo anni, il numero dei Neet, acronimo inglese che sta per i giovani che non lavorano e non studiano, anche se la loro quota rimane elevata (da 26,2% a 25,7%). Probabilmente grazie alle nuove generazioni, l'Istat osserva un riequilibrio dei carichi di lavoro casalingo tra uomini e donne. Nel calcolo del Bes, rientra anche il patrimonio culturale, dove l'Italia conserva il suo primato mondiale, ma ormai la Cina ci insegue a brevissima distanza (51 a 50 per beni riconosciuti dall'Unesco). Resta salda, almeno a livello europeo, la maglia rosa dell'Italia in fatto di sicurezza dei cittadini: siamo tra i paesi Ue con la più bassa incidenza di omicidi. Diversa però la classifica se si guarda a furti e rapine, voci che vedono l'Italia tra i Paesi messi peggio.