«Il pregiudizio è duro a morire ma l’ora di religione non è indottrinamento, altrimenti non la sceglierebbe l’84% degli studenti italiani». Ernesto Diaco è il responsabile del Servizio nazionale della Cei per l’Insegnamento della religione cattolica. È lui a snocciolare dati e percentuali su quanti in Italia, dalla scuola dell’Infanzia alla secondaria di secondo grado, si avvalgono dell’insegnamento. Si va dal 96,78% nelle scuole dell’infanzia (l’asilo, come si diceva una volta) del Sud Italia, al 68,7% nelle secondarie di secondo grado (le ex superiori) del Nord: percentuali in lieve calo che pure testimoniano un’adesione del tutto significativa.
In una società sempre più multiculturale, a frequentare l’ora di religione oggi sono anche gli studenti di altre confessioni e altre fedi. E proprio in questi giorni - entro il 10 febbraio - gli studenti e le loro famiglie sono chiamati  a iscriversi ai cicli scolastici dichiarando se intendono avvalersene o meno: qual può essere allora il senso e l’opportunità dell’insegnamento? «L’ora di religione è un’occasione per educare alla domanda religiosa, al chiedersi perché scegliere l’amore e non l’odio, la vita e non la morte - dice il teologo Zeno Marco Dal Corso – Per altro in una società così secolarizzata e multietnica non possiamo permetterci di crescere analfabeti religiosi, ne va di una convivenza rispettosa».
E se in giro per l’Italia capitano ancora situazioni in cui l’insegnamento ricorda il catechismo, le linee guida del ministero dell’Istruzione e del merito parlano invece chiaro e richiedono, per tutte le fasce d’insegnamento, l’approfondimento delle altre confessioni e religioni. «Il riferimento è, effettivamente, all’antropologia cristiana e alla dottrina cattolica, ma con una particolare attenzione al dialogo», dice ancora Diaco.
Interessante poi, è ascoltare il parere dei diretti interessati, gli studenti: non pochi riconoscono che, se impostata in maniera equilibrata, agganciata all’attualità e non solo alla fede cattolica, l’ora di religione è una bella occasione anche per i non credenti. Poi ci sono i docenti – 25 mila fra insegnanti di ruolo e precari, per i quali il Ministero lo scorso anno ha indetto un nuovo concorso, in via di espletamento – a cui spetta il compito di interessare studenti lontani dalla vita ecclesiale: «La ricetta non c’è – dicono – serve partire dai ragazzi». Una sfida, insomma, ma anche una grande opportunità.
   
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