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Ha fatto le scarpe a due Papi. Nel senso letterale del termine. A San Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI, che ha servito da cardinale,da Pontefice e da Papa Emerito, confezionandogli, tra l'altro, quei famosi mocassini rossi che, quando Joseph Ratzinger li indossò la prima volta all'indomani della elezione papale del 19 Aprile 2005, fecero subito il giro del mondo sull'onda delle riprese televisive e fotografiche. Ma anche con qualche polemica da parte di chi le vedeva come un genere di lusso “eccessivo” per un successore di Pietro.
In realtà, quelle scarpette rosse portate per tutta la durata del Pontificato, Ratzinger le indossava non per civetteria, ma per il semplice fatto che “ci si trovava comodo”, puntualizza il calzolaio modellatore di quei mocassini, Antonio Arellano, nato il 13 Novembre 1968 a Trujillo in Perù, la storica città delle scarpe, arrivato a Roma con la famiglia una ventina d'anni dopo, dove ben presto la sua bottega in via del Falco diventa punto di riferimento di Borgo Pio per chi ha bisogno di farsi riparare le scarpe o farsene di nuove. Variegata e lunga la lista dei suoi clienti, gente comune, preti, monsignori, suore, vescovi, cardinali e i papi regnanti, che mastro Antonio serve riservatamente tramite i prelati aiutanti della Camera apostolica, lontano da occhi ed orecchie indiscrete, stampa compresa. Una esperienza di vita e di lavoro particolare, difficilmente imitabile, che il calzolaio peruviano di Borgo Pio decide di rendere noto al grande pubblico solo dopo la scomparsa del secondo Pontefice suo “cliente”, Benedetto XVI, affidando la sua storia ad un libricino autobiografico di 111 pagine autofinanziato da poco in distribuzione, “Il calzolaio del Papa, Antonio Arellano”.
“Nel corso del mio lavoro come calzolaio – racconta, tra l'altro, Arellano nel libro – ho avuto occasioni speciali. Ero bravo e le cose andavano bene. Nel mio negozio arrivava gente sempre diversa: attori, sportivi, artisti, suore, sacerdoti, monsignori. Venne anche Joseph Ratzinger quando non era Papa...”. Infatti, da cardinale, l'allora Prefetto della Congregazione della Dottrina delle Fede quando aveva bisogno di essere servito dal calzolaio, si presentava senza scorta nella sua bottega come un cliente “qualsiasi”, ed attendeva il suo turno seduto su uno sgabello. “Una persona semplice e buona – rimembra ancora Arellano – se non ero io a parlare, lui, il cardinale Ratzinger mi lasciava lavorare senza aprire bocca. Mi osservava in silenzio, sempre incuriosito. Mettendomi sempre a mio agio...”.
Un giorno si presenta in bottega un collaboratore di papa Giovanni Paolo II per far riparare un suo paio di scarpe. “Non sapevo che quella persona fosse un collaboratore del Papa e neanche che le scarpe fossero del Papa, ma non ci diedi tanta importanza, non perchè non mi interessasse, ma perchè vedevo il Vaticano come se fosse una Chiesa, e il Papa come un semplice sacerdote. Conoscevo tanta gente che lavorava in Vaticano e che mi portava scarpe da riparare”.
Alla morte di Giovanni Paolo II fu costretto a restare chiuso per tre giorni a causa della massiccia presenza degli oltre tre milioni di pellegrini che si riversarono in Vaticano da tutto il mondo per le esequie ed i negozi di Borgo Pio non aprirono. “Quando ci fu l'elezione di Benedetto XVI ero in pizzeria e lo vidi in televisione, non ci potevo credere: era un mio cliente! Nel mio negozio e per me ci furono grandi cambiamenti da quando Ratzinger fu eletto Papa: iniziarono ad arrivare giornalisti da tutto il mondo per chiedermi informazioni sul nuovo Papa, le sue abitudini, i luoghi che frequentava...per il Perù e la Colombia ho fatto anche una intervista televisiva in diretta”.
Praticamente, l'ammissione di mastro Antonio, “mi sono fatto conoscere più per le scarpe rosse del papa che per il mio lavoro..ma quando in tv vidi che le indossava fui tanto felice ed orgoglioso”. Per cui decide subito di confezionargliene un altro paio e di regalargliele, durante una udienza che papa Ratzinger gli concede nel giro di pochi giorni. “Ecco il mio calzolaio!”, esclama Benedetto XVI appena lo vede, insieme ad altri ospiti, dignitari, governanti, nobili. “Ero emozionatissimo – ricorda Arellano – mi accolse fraternamente, davanti a tutti, mi prese le mani e vidi la gioia nei suoi occhi...”. Qualche giorno dopo l'udienza, al negozio di Borgo Pio si presenta un collaboratore del Papa per chiedere un altro paio di scarpe rosse, portandone un paio di Ratzinger come modello. “Scusi – si lancia il calzolaio peruviano – ho visto in televisione che il Papa usava le mie scarpe...”. “Sì, lo so – la pronta risposta del monsignore – le sono piaciute molto perchè sono morbide e molto comode, le indossa sempre. Ne vorrebbe un altro paio per la beatificazione di papa Giovanni Paolo II”. Dopo qualche mese, una nuova richiesta di scarpe rosse ed un paio di pantofole da camera. Sempre per Benedetto XVI.
Antonio Arellano incontra la seconda volta Ratzinger da papa Emerito, nell'ex monastero Mater Ecclesiae, dietro la Basilica di San Pietro. E' accompagnato dalla famiglia. Benedetto XVI lo accoglie andandogli incontro festosamente. Per l'occasione, il calzolaio regala al Papa Emerito un altro paio di scarpe, questa volta nere. “Come sono morbide!”, l'immediato apprezzamento di Benedetto XVI, che ha parole di paterna attenzione anche per il figlio Daniel e per la sua fidanzata. Ratzinger ed il suo calzolaio di fiducia non si incontrarono più. Amarissima la consolazione per Arellano vedere ai piedi del Pontefice le sue scarpette rosse con la sua firma, il giorno della esposizione della salma di Benedetto XVI nella basilica di San Pietro prima dei funerali del 5 gennaio scorso. “Gli sarò sempre grato, mi ha fatto sentire l'uomo più felice del mondo”, la confessione finale del calzolaio di Borgo.



