«Non è stato il marito, come è stato detto, o gli stretti congiunti a chiedere il funerale cattolico per Assunta Buonfiglio ma la sorella che ha avanzato la richiesta in assoluta buonafede e come atto di pietas  nei confronti della congiunta ignorando probabilmente che la signora Assunta si fosse convertita all’Islam e avesse professato la sua nuova fede in pubblico. Il parroco ha chiesto lumi alla diocesi di Nola e noi, non avendo documenti o testimonianze che attestino che la signora fosse tornata cattolica, non abbiamo negato i funerali ma semplicemente abbiamo preso atto della situazione. Si tratta di un’impossibilità oggettiva». Don Pasquale D’Onofrio, vicario generale della diocesi di Nola, in Campania, ricostruisce l’episodio della richiesta dei funerali per Assunta Buonfiglio, la madre della jihadista italiana Fatima che si è unita all’Isis. «La Chiesa», continua D’Onofrio, «non può compiere un gesto d'imperio del tutto arbitrario celebrando i funerali cattolici per una donna che aveva aderito alla fede islamica. Sarebbe un'imposizione: Assunta tornerà davanti a Dio attraverso il rito della Fede che aveva abbracciato». La sorella della signora risiede nel piccolo comune di Domicella, nell'Avellinese, e fa parte della diocesi di Nola.

Assunta Buonfiglio fu arrestata il 1° luglio scorso insieme al marito nel corso di un'indagine del pool antiterrorismo di Milano, ed è morta alcuni giorni fa, a 60 anni, dopo un intervento chirurgico nell'ospedale di Vigevano (Pavia). «Non si tratta assolutamente un giudizio sulla persona o su ciò che è successo a lei ed ai suoi familiari», precisa don D’Onofrio, «semplicemente la Chiesa non può imporre i propri riti. Sarebbe un abuso».


La famiglia Buonfiglio risiedeva a Inzago, nel Milanese. La donna si trovava in carcere con l’accusa di organizzazione di viaggio a scopi di terrorismo sulla base del decreto Alfano, insieme al marito accusato dello stesso reato e con la figlia Marianna, arrestata invece per affiliazione a un’organizzazione terroristica.

Tutta la famiglia si era prima convertita all’Islam su pressione della figlia Maria Giulia, alias Fatima, partita per la Siria nel settembre del 2014. I tre stavano pianificando di partire per lo Stato islamico, sempre dietro insistenza continua di Fatima. «Venite qua nello Stato islamico dove la vita è perfetta, avrete una casa più grande», diceva la ragazza ai familiari via Skype. «Forse per la sorella di Assunta», conclude don D’Onofrio, «chiedere il funerale cattolico è stato un gesto spontaneo, in un momento di forte dolore come quello della morte di un familiare».

Vicenda intricata, quella di Assunta Buonfiglio. Si era convertita all’Islam e indossava il velo che si era cucita da sola. A Inzago usciva a fare la spesa coperta dal velo e in carcere ne aveva chiesto uno per pregare secondo il rito musulmano. Il 21 agosto scorso in una lettera alla famiglia dal carcere scriveva: «Mia cara mamma, sorella e nipoti, come state, state tutti bene, io non posso dire meglio, mi ha preso la malinconia, il nervoso mi prende allo stomaco, ho sempre il tremolio, spero solo del mio Signore che non divento matta». Un’espressione che però, spiegano dalla Curia di Nola, «è fin troppo generica per poter concedere il funerale cattolico». Alla donna erano stati concessi gli arresti domiciliari da parte del gip milanese Alfredo Moccia, da scontare a casa della madre 90enne a Casola che aveva posto come condizione per prenderla a casa che la donna abiurasse definitivamente l’islam.