Doveva preparare una sfilata di moda per sabato mattina Melissa Bassi, 16 anni, insieme alle sue compagne dell’istituto professionale femminile “Falcone-Morvillo” di Brindisi. Per questo motivo era arrivata qualche minuto prima a scuola dopo aver preso il pulman da Mesagne, dove era nata e abitava, insieme alle altre ragazze. La sfilata doveva tenersi in un teatro vicino alla scuola e per questo il preside aveva dato appuntamento ai ragazzi direttamente al teatro.

L’esplosione, innescata da tre bombole di Gpl, ha colpito in pieno Melissa. In ospedale è arrivata quando ormai non c’era più nulla da fare. Le altre amiche che hanno riportato ustioni gravi si sono salvate solo perché erano poco più distanti. Una di loro stava parlando al telefono con il ragazzo e quindi è riuscita ad evitare, in parte, l’impatto devastante. Il timer delle bombe era fissato per le 7.55 ma è esploso dieci minuti prima, attorno alle 7.45. «Poteva essere una strage, volevano uccidere», dice sgomento il preside dell’istituto Angelo Rampino. Melissa Bassi era figlia unica. Papà operaio e madre casalinga. «Solo quella avevano. L’hanno portata via ai genitori nel modo più ignobile e crudele. Ma come si fa? Maledetti assassini», si dispera una zia della ragazza davanti all’ospedale Perrino di Brindisi. 

«Che male hanno fatto questi bambini», si dispera ancora la donna, «maledetti, maledetti». Selena Greco, la migliore amica della vittima, subito dopo l’esplosione ha riportato gravissime ustioni. Nonostante questo, è riuscita ad alzarsi e gridare subito aiuto. Poi ha lanciato un urlo disperato: «Melissa, Melissa…». «Era tutto nero. C’era sangue ovunque. Non si capiva più nulla», racconta un’altra ragazza che dalla strage si è salvata solo per caso perché in quel momento era nel bar di fronte alla scuola: «Dal vetro ho visto tutto. Ho sentito le urla, è stato veramente terribile», dice. Tutti i feriti sono di Mesagne. Una comunità colpita al cuore ed epicentro, negli ultimi mesi, di una riorganizzazione dei clan della Sacra Corona Unita anche se la pista della mafia locale è tutta ancora da vagliare. 

Il parroco della Chiesa di Ognissanti di Mesagne, don Pietro De Punzio, ricorda: «Melissa era una ragazza piena di gioia di vivere». Il parroco ricollega questo attentato ad altri inquietanti segnali avuti in città negli ultimi giorni: l’intimidazione al presidente dell’associazione antiracket locale qualche settimana fa e l’arrivo in città della Carovana della Legalità per ricordare l’anniversario della strage di Capaci. «Tutti episodi gravi e preoccupanti, certo, ma che non credevamo mai potessero sfociare in questo atto così vile», conclude don Pietro. La rabbia dei genitori dei feriti e degli altri ragazzi della scuola si mescola al dolore e alla disperazione: «Hanno voluto fare del male ai ragazzi mentre, forse, sono le istituzioni che si dovrebbero colpire visto come si sono ridotte in questo periodo», si sfoga con i cronisti il padre di un’altra ragazza ferita, «potevano far esplodere la bomba di notte e far saltare in aria la scuola quando non c’era più nessuno. Invece no. Volevano uccidere e fare una vera e propria strage». 

Un’altra ragazza, Veronica Capodieci, 15 anni, lotta tra la vita e la morte dopo aver subito un delicato intervento chirurgico. È stato Facebook, come sempre accade in questi casi, a fare da cassa di risonanza immediata della solidarietà e dell’indignazione. Molti i messaggi di affetto sulla bacheca della pagina personale di Melissa Bassi. Poche ore dopo, è stata creata un’altra pagina, con il nome e la foto della ragazza, classificata come “Personaggio pubblico”, per permettere a chiunque di lasciare il proprio messaggio di dolore e d’indignazione.