Moby Prince, trent'anni dopo. Fiumi di inchiostro sono stati spesi per raccontare i dettagli di quella che è passata alla storia come la tragedia più grave della marina mercantile italiana del secondo dopoguerra. Film, documentari, rappresentazioni teatrali hanno cercato di mostrare l'incidente nel porto di Livorno, tra il traghetto e la nave cisterna Agip Abruzzo. Tanti anni passati riescono a rendere rarefatti i ricordi, le foto sbiadiscono, ma le ferite di un caso irrisolto rimangono aperte, dolorose.



Centoquaranta persone perdono la vita in una sciagura che ha ancora oggi aspetti non chiariti; trame che nascondono complotti e traffici sulla pelle di persone ignare, innocenti. Il complesso iter giudiziario ha attraversato i vari gradi, fino ad arrivare a una prima Commissione parlamentare di inchiesta, conclusa con la relazione finale del gennaio 2018. Ne servirà forse una seconda per capire di più?

Il 10 aprile 1991 a bordo del traghetto in partenza dal porto toscano, c'erano anche due giovanissimi ragazzi di Lodi, Diego e Anna, entrambi ventiquattrenni. Partivano per le spiagge della Sardegna, forse un po' fuori stagione, ma luoghi incantevoli per trascorrere giorni sereni. La loro storia fa ancora tenerezza. Il viaggio era l'obiettivo che li rendeva gioiosi, compimento di quanto era stato preparato e celebrato pochi giorni prima: il loro matrimonio nella parrocchia cittadina di Santa Maria del Sole.