La legalità come un pesce tirato in faccia all’avversario politico. E’ più o meno, metaforicamente, lo spettacolo che stanno dando Pd e 5stelle, rinfacciandosi a vicenda la trave nell’occhio di Mafia Capitale e del caso Quarto.

Certo può capitare, soprattutto in tempi come questi di dibattito pubblico non elevatissimo, che chi ha fatto della legalità una bandiera, dimenticando che è facile mostrarsi virtuosi prima di essere messi alla prova, corra il rischio di trovarsi, al primo passo falso, strangolato dal drappo fin lì sventolato. Ma dato che gli altri non sono senza peccato, farebbero meglio a non cedere alla tentazione della prima pietra.

Né si può dire che in un Paese, che ha ampiamente dimostrato di avere sempre in piedi non solo in politica una monumentale questione morale, valga granché la corsa a misurare il diametro del frustolo arrampicandosi sugli specchi per concludere che quella dei nostri è sempre pagliuzza quella dei loro sempre trave. Se ne esce tutti con la credibilità ancor più strapazzata e a quel punto conta poco chi siano noi e loro, è sempre storia che si ripete.

La storia insegna  – e poco se ne impara – che in politica non è una faccenda semplice far coesistere istanza etica civile e organizzazione del consenso, specie in un Paese del Sud quale noi siamo, stivale al completo.  E questo nonostante la Costituzione e l’articolo 54 (sarà un caso che sia così poco citato?) che impone a chi riveste funzioni pubbliche disciplina e onore.

Non sarebbe male se una classe dirigente che si presenta come nuova cominciasse a mostrarsi tale concentrandosi  - più a fatti che a proclami - sull’impegno a tener puliti i propri armadi prima di occuparsi della sporcizia in quelli altrui. Un po’ perché questa campagna elettorale permanente, con tanto di rissa e polverone sollevato dallo sventolare di pagliuzze, travi e pesci, sa di politica vecchia come il cucco.  Un po’ perché, se non si lavora umilmente per la credibilità, vincono l’astensione e la disillusione e perde la democrazia.   

Ps. Se poi da qualche parte si inciampa in un’indagine e in un processo, si faccia la grazia di affrontarli con dignità, difendendo le proprie ragioni nei luoghi deputati, rispettando istituzioni e democrazia, lasciando alla magistratura le sentenze penali e assumendosi le proprie responsabilità politiche.