Malattie, sofferenza, solitudine, ma anche guarigione, speranza e onestà. Concetti universali, portati all’attenzione di un mondo impantanato nell’incertezza e nella discordia dei conflitti. Eppure queste parole appartengono a un pentagramma diverso, a quella sfera digitale che tutti abitiamo quotidianamente, ma di cui troppo spesso ignoriamo la portata. A illuminare la penombra del nostro rapporto con il web arriva come un dono inaspettato il messaggio di Leone XIV.

Durante l’udienza generale del 30 luglio in Piazza San Pietro, nell’ambito del ciclo giubilare sulla speranza, il Papa incentra sulla dimensione digitale la catechesi dedicata alla guarigione. Il Pontefice invita i fedeli a cambiare il modo di comunicare, per non fare «male agli altri con le nostre parole». Quelle stesse parole che Carolina Picchio, vittima di cyberbullismo nel gennaio 2013, ha descritto nel suo ultimo messaggio, prima di spegnere il dolore incessante dell’odio online nel modo più tragico.

«Le parole fanno più male delle botte». La lucida consapevolezza di Carolina trova cittadinanza nelle parole del Santo Padre, che richiama l’urgenza di «imparare a comunicare in modo onesto e prudente». Come? La strada è indicata nella continuità tra il pontificato di Francesco e quello di Leone XIV. Il commovente incontro con Paolo Picchio, il papà di Carolina, nel Giubileo del 2016 e le diverse iniziative promosse con Fondazione Carolina ci hanno restituito un entusiasmo e un’energia fondamentali per poter dare sostanza e continuità ai percorsi di cura e di recupero messi in campo dalla Fondazione in tutti questi anni. Lo spirito è quello indicato nel concetto condiviso con Bergoglio, «Non esiste community senza comunità».


Un monito che rivive oggi nell’intervento di papa Leone, capace di fotografare il lato oscuro della società iperconnessa. Una «bulimia», così si pronuncia il Pontefice, che ci travolge con messaggi continui, talvolta distorti, «in grado di suscitare una tempesta di emozioni contraddittorie». Nell’occhio del ciclone ci sono i ragazzi, giovani e preadolescenti che incontriamo ogni giorno. Intere generazioni senza meta, intrappolate in un limbo antitetico tra innumerevoli sollecitazioni digitali e relazioni autentiche sempre più sporadiche e fugaci. I nostri figli sono collegati alla Rete h24, ma in realtà disconnessi, non solo con il mondo adulto, ma anche tra loro.

La speranza è quella di aprire gli occhi, alzare lo sguardo dagli schermi e ritrovare la bellezza dell’incontro.

Ivano Zoppi*

Segretario generale

Fondazione Carolina