PHOTO


La comunità internazionale - a partire dall'Onu, l'Unione europea, i Paesi arabi e islamici - condanna il piano del Governo di Israele di lanciare una vasta operazione militare su Gaza e di occupare Gaza city per procedere a un'evacuazione di massa dell'intera popolazione nell'area, circa un milione di persone, entro il 7 ottobre, secondo anniversario dell'attentato terroristico sferrato da Hamas. Tutti contro Benjamin Netanyahu, tranne gli Stati Uniti di Trump, che continuano a sostenere il premier israeliano e a lasciargli carta bianca a Gaza, mentre per domani si attende la riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. La Germania, alleata storica di Israele, ha bloccato l'export di armi al Paese. Il Belgio ha convocato l'ambasciatrice israeliana per esprimere la "totale disapprovazione" nei confronti dell'operazione e adottando una linea dura che è stata condivisa anche dalla Spagna.
Una posizione molto netta è stata assunta dalla Turchia, che preme sulla comunità internazionale affinché "fermi" Netanyahu, e anche dalla Cina che, nel dirsi "seriamente preoccupata", ha chiesto subito lo stop all'operazione militare. L'Iran parla di "pulizia etnica e genocidio", il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, denuncia il piano come "un crimine a pieno titolo, in violazione del diritto internazionale".
Fortissima la reazione interna contro il piano di Netanyahu: le famiglie degli ostaggi israeliani non solo hanno organizzato manifestazioni di protesta a Gerusalemme e Tel Aviv, ma sono anche uscite con una flottiglia navale, composta da undici imbarcazioni, partita dal porto di Ashkelon e diretta verso il confine marittimo con la Striscia di Gaza per tentare di impedire l'operazione dell'occupazione. Le famiglie hanno inoltre invocato il blocco economico di Israele, al fine di convincere Netanyahu a rivedere le sue decisioni.
Anche il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani ha preso una posizione ferma contro la decisione israeliana e ha firmato una dichiarazione congiunta con gli omologhi di Regno Unito, Germania, Australia e Nuova Zelanda per respingere "con forza" la decisione del Gabinetto di Sicurezza israeliano. La decisione aggraverebbe "la catastrofica situazione umanitaria", metterebbe in pericolo la vita degli ostaggi israliano ancora nelle mani di Hamas e aumenterebbe "il rischio di un esodo di massa dei civili". Nella dichiarazione congiunta i ministri degli Esteri ribadiscono la necessità del cessate il fuoco permanente e di una visione comune "a favore dell'attuazione di una soluzione a due Stati negoziata, quale unico modo per garantire che israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco in pace, sicurezza e dignità".
Intanto, l'Italia conferma il suo impegno umanitario nei confronti della popolazione di Gaza. Questa mattina è decollata la seconda fase dell’iniziativa umanitaria “Solidarity Path Operation”, la missione della Difesa italiana che mira a realizzare un ponte aereo tra la Giordania e la Striscia di Gaza con l’obiettivo di garantire la consegna di aiuti umanitari vitali per la popolazione civile. Oggi è avvenuto il primo aviolancio con velivoli militari italiani, carichi di generi di prima necessità destinati alle aree più isolate e difficilmente raggiungibili della Striscia. Le missioni, concepite dallo Stato maggiore della Difesa italiana, proseguiranno nei prossimi giorni con ulteriori aviolanci, in collaborazione con la Royal airforce giordana.
Continuano anche le missioni umanitarie italiane per portare in Italia civili palestinesi che hanno bisogno urgente di cure. Il ministro Tajani ha affermato che «altre 50 persone arriveranno da Gaza in Italia prima di Ferragosto accompagnate da aerei dell'Aeronautica militare grazie al lavoro dell'Unità di crisi del ministero degli Esteri e in collaborazione con la Protezione civile».
(Foto Reuters: manifestazione di protesta per la liberazione degli ostaggi israeliani davanti all'ufficio del premier Netanyahu a Gerusalemme il 7 agosto)



