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Il 24 maggio avrebbe compiuto 90 anni se la sua vita non fosse stata stroncata il 6 gennaio 1980. Lui è Piersanti Mattarella, storico presidente della Regione Sicilia, esponente Dc contro corrente, cresciuto politicamente negli anni dell’Italia stragista e della Sicilia dominata da Cosa Nostra.


Un uomo delle istituzioni, Piersanti, interprete sincero e autorevole del pensiero politico di Aldo Moro. Una figura centrale nel processo di cambiamento dell’Isola per liberarsi dal giogo della mafia, di cui adesso una mostra voluta dalla Fondazione Sicilia - “Il Sogno spezzato. l’orizzonte politico e familiare di Piersanti Mattarella” in corso a Palermo a Villa Zito - restituisce non solo la statura politica ma il volto più umano.


L’esposizione segue il filo degli anni: da quelli della formazione e dell’adolescenza, ai momenti più intimi con i suoi cari, fino alle tappe politiche, dentro la Democrazia Cristiana, al Comune di Palermo e alla Regione siciliana. Duecento fotografie, per lo più inedite, tratte dagli album di famiglia e selezionate dai curatori Sergio Intorre, docente all’università di Palermo ed Elvira Terranova, giornalista, con la collaborazione attiva del figlio Bernardo Mattarella.


“Non volevamo concentrarci sulla morte di Piersanti Mattarella - dice la presidente della Fondazione, Maria Concetta Di Natale – Ci premeva riportare all'attenzione generale, invece, il suo operato di uomo, politico e amministratore che ancora oggi costituisce un modello di riferimento per l'intera società civile. In particolare, ci premeva farlo per i più giovani che non hanno avuto l’opportunità di conoscerlo”.


Pensata con pannelli didattici e sale suddivise seguendo le diverse fasi della vita, la mostra si compone anche di oggetti, tra cui diversi libri della sua biblioteca personale, e video. E pare di vederlo, chinato a leggere con gli occhiali appollaiati sul naso, i testi esposti dentro le teche: “I discorsi politici” di Alcide De Gasperi, “Il senso della storia nel pensiero cristiano” di Jacques Leclercq, Il commento all’enciclica “Populorum Progressio” della collana “Cristianesimo aperto”, “Il movimento cattolico nel periodo fascista” di Giuseppe Rossini…


“Abbiamo scelto oggetti che potessero aiutare a restituire quanto più possibile l’uomo in tutte le sue sfaccettature”, dice Elvira Terranova. Pezzi di vita, come la tesi di laurea, o l’agenda che Piersanti Mattarella teneva a casa e dove appuntava tutti i suoi movimenti, fondamentale per risalire al contesto in cui ogni foto è stata scattata. “È stata un’esperienza emotivamente coinvolgente – aggiunge - perché la mia generazione conosce solo una parte della vita di Piersanti Mattarella. Questa mostra evidenzia aspetti diversi: la sua allegria, l’affetto per la famiglia, il volto di un uomo normale che si è trovato a combattere contro la mafia in anni molto più difficili di adesso”.


Così eccolo Piersanti Mattarella, ragazzo ai raduni dell’Azione cattolica. Oppure nel febbraio del 1958 al cospetto di Papa Pio XII, insieme al papà Bernardo (allora ministro) e a tutta la famiglia; e l’anno successivo ricevuto da Papa Giovanni XXIII. Oppure insieme agli altri fratelli per una foto-ritratto nel salotto di casa. O ancora, nell’Ottobre 1958 in auto, intento a sporgersi dal finestrino al fianco della moglie Irma, radiosa sotto il velo bianco.


Foto intime, come quella scattata nel 1967 nella quale abbraccia Maria, la primogenita scomparsa di recente, dopo i risultati elettorali che lo videro approdare al Parlamento regionale per la prima volta.
Immagini che scorrono dentro la storia con la “S” maiuscola: gli incontri politici dei primi anni, l’elezione al Comune di Palermo nel 1964, negli anni in cui Vito Ciancimino aveva il dominio delle tessere di partito; la vicinanza con Aldo Moro determinato a cambiare dal di dentro la Dc e che nel 1976 lo vuole all’interno del Consiglio Nazionale del partito; l’assessorato regionale al Bilancio; e, nel 1978, la presidenza della Regione Siciliana e il suo programma rivoluzionario a favore della trasparenza nella burocrazia regionale.


“Siamo partiti dalle foto – dice Sergio Intorre - per fare una narrazione che fosse il più completa possibile”.
Le immagini e i pannelli raccontano le tappe della vita pubblica, negli anni del compromesso storico e del rapimento Moro e pezzi di vita privata. In questi scatti i ritmi sembrano farsi più lenti, il respiro meno affannoso: c’è il viaggio con la famiglia a Parigi nel 1977, il panorama e la torre Eiffel alle spalle; il ballo con la moglie in casa di amici; i sorrisi sul battello che collega Vienna a Melz insieme alla figlia Maria nel 1978. E tanti, tanti altri scatti rubati mentre Mattarella è intento a leggere i giornali, la mente dentro e oltre l’evolversi degli eventi.


“L’azione riformatrice di Mattarella in Sicilia è così forte che, dopo l’omicidio di Aldo Moro, il suo nome circola come probabile vicesegretario nazionale della DC”, si legge in uno dei pannelli didattici che si avvalgono anche della consulenza del biografo di Mattarella, Giovanni Grasso. Piersanti rifiuta qualsiasi manovra che lo conduca al parlamento nazionale per continuare il lavoro in Sicilia. Già nel 1979, quando la giunta regionale entra in crisi, Mattarella confida ad un amico romano di “sentire la morte accanto mentre cammina”.
Viene ucciso il 6 gennaio 1980 mentre sta per andare in chiesa con la moglie, la figlia Maria e la suocera. Un evento che cambierà anche la vita del fratello Sergio, il primo a soccorrerlo, che lascerà l’insegnamento per dedicarsi a tempo pieno alla politica. Ne “La stanza del lutto”, la giornata dell’omicidio è scandita dai quotidiani originali dell’epoca che raccontano il dolore e la concitazione di quei momenti insieme alle dichiarazioni di tanti esponenti politici e non dell’epoca. “Sgomento”, titolò l’Ora, pubblicando un’edizione straordinaria. “La Sicilia nell’ora più buia”, fu il titolo di apertura del Giornale di Sicilia. Mentre il Popolo: “Ancora un infame delitto politico colpisce al cuore la DC e il paese”.


A distanza di 45 anni dall’omicidio non si conoscono ancora i nomi dei suoi assassini. Sin dall’inizio l’inchiesta ha seguito la pista di commistioni tra estrema destra e Cosa Nostra. Nel 1995 sono stati condannati all’ergastolo come mandanti: i boss mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, francesco Madonia e Nené Geraci, mentre sono stati assolti dall’accusa di essere esecutori dell’omicidio, i terroristi neri Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini. Nel 2018 la Procura di Palermo ha riaperto l’inchiesta.


Restano, sospese, le parole raccontate da Maria Trizzino, che il 6 gennaio del 1980 era capo di gabinetto del presidente Piersanti Mattarella, chiamata a tagliare il nastro della mostra. A lei, per non far preoccupare la famiglia, il presidente della Regione aveva confidato: “Se mi dovesse capitare qualcosa, sappia ce c’entra il mio viaggio a Roma”.
La mostra sarà visitabile fino alla fine di giugno dal giovedì alla domenica dalle 10 alle 18, con apertura straordinaria il 20 e 21 aprile, domenica di Pasqua e il Lunedì dell’Angelo.



