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C’è un confine sottile, ma decisivo, tra la solidarietà, i principi umani ed etici e lo scavalcamento delle competenze. Il Parlamento europeo, il 17 dicembre 2025, lo ha attraversato senza troppi scrupoli approvando la risoluzione legata a un’iniziativa portata in aula da parte del gruppo civico My Voice, My Choice, che avevano raccolto oltre un milione di firme in sette Paesi dell’Unione. I numeri parlano chiaro: 358 voti a favore, 202 contrari, 79 astensioni. Ma dietro quei numeri si muove una questione più profonda, che tocca il senso stesso dell’Unione e il rispetto delle sovranità nazionali in materia sanitaria e soprattutto etica.
La risoluzione chiede alla Commissione europea di istituire un meccanismo finanziario volontario, sostenuto da fondi Ue, quindi con le tasse dei cittadini, per garantire l’accesso all’aborto in un Paese straniero dell’Unione a chi non può ottenerlo nel proprio Paese. Formalmente non si cambia alcuna legge nazionale. Nella sostanza, però, si apre la strada a un intervento europeo su un terreno che i Trattati affidano chiaramente agli Stati membri. È questo il punto critico che molti preferiscono ignorare.
Nel testo approvato, il Parlamento afferma che in Europa persistono barriere legali e pratiche all’accesso all’aborto e invita gli Stati membri a riformare le proprie politiche «in linea con gli standard internazionali sui diritti umani». E qui salta all’occhio una questione di principio. Dunque secondo la risoluzione l’aborto è un diritto umanitario, mentre non dice nulla sui diritti umanitari del nascituro, trattato alla stregua di un problema sanitario. Gli eurodeputati sottolineano inoltre il ruolo dell’Unione nel promuovere la salute e i diritti sessuali e riproduttivi, esprimendo «profonda preoccupazione» per quella che definiscono una crescente reazione contro i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere.
Non a caso, alla vigilia del voto, la COMECE, la commissione delle conferenze episcopali che riunisce i vescovi dell’Unione europea, ha parlato di un rischio concreto di forzatura ideologica e di un indebolimento del principio di sussidiarietà. Un richiamo che non nasce da moralismi, ma dal rispetto delle regole comuni: l’articolo 168 del testo fondativo dell’Unione europea assegna agli Stati la responsabilità della politica sanitaria. L’aborto non fa eccezione. Secondo i vescovi europei, l’iniziativa rischia di aggirare le competenze nazionali in materia sanitaria e di indebolire il principio di sussidiarietà sancito dai Trattati. «Nel dibattito sull’aborto non servono nuove divisioni, ma politiche prudenti che sostengano davvero le donne, salvaguardando al contempo la vita umana non ancora nata», si legge nella dichiarazione. Un monito che richiama una visione tradizionale del ruolo degli Stati e della responsabilità etica nelle scelte sanitarie.
Il voto italiano: schieramenti netti e divisivi
L’aborto è una questione divisiva e a Strasburgo non ha fatto eccezione. Le delegazioni italiane si sono mosse in maniera scontata, seguendo fedelmente le linee dei gruppi politici europei. Con una differenza sostanziale: da una parte chi ha scelto di sostenere senza riserve una risoluzione politicamente simbolica ma giuridicamente fragile; dall’altra chi ha sollevato dubbi sul metodo, prima ancora che sul merito.
Gli eurodeputati a favore della risoluzione
Il fronte dei favorevoli comprende l'intero Centrosinistra e il Movimento 5 Stelle, che considerano il fondo uno strumento di garanzia dei diritti civili. Un “campo largo abortista”, per dirla in parole povere.
Partito Democratico (S&D): Stefano Bonaccini, Cecilia Strada, Giorgio Gori, Alessandro Zan, Dario Nardella, Brando Benifei, Pina Picierno, Irene Tinagli, Elisabetta Gualmini, Lucia Annunziata, Camilla Laureti.
Movimento 5 Stelle (The Left): Pasquale Tridico, Gaetano Pedullà, Carolina Morace, Giuseppe Antoci, Dario Tamburrano.
Alleanza Verdi e Sinistra (Verdi/ALE): Ilaria Salis, Domenico Lucano, Ignazio Marino, Benedetta Scuderi.
Gli eurodeputati contro
La maggior parte del Centrodestra ha votato contro, motivando la scelta con la difesa della sovranità nazionale in materia sanitaria e valori etici.
Fratelli d'Italia (ECR): Carlo Fidanza, Nicola Procaccini, Sergio Berlato, Elena Donazzan, Stefano Cavedagna, Alberico Gambino, Francesco Torselli.
Lega (PfE): Roberto Vannacci, Silvia Sardone, Isabella Tovaglieri, Paolo Borchia, Susanna Ceccardi.
Forza Italia (PPE): La maggior parte della delegazione, tra cui Massimiliano Salini e Fulvio Martusciello, ha votato contro, in linea con la difesa della sussidiarietà nazionale. Alcuni invece hanno votato a favore o si sono astenuti o non erano presenti.
Gli astenuti
Alcuni deputati come Letizia Moratti, di Forza Italia (PPE) si sono astenuti o non hanno partecipato al voto, riflettendo la natura eterogenea del Partito Popolare Europeo su questo tema. L’eurodeputato del Pd unica eccezione, Marco Tarquinio,già direttore di Avvenire, è uscito dall’aula al momento della votazione. Un dissenso simbolico nei confronti del gruppo e del partito di appartenenza, ma solitario.




